Secondo capitolo.

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Sera del 24 novembre 1941.

Amanda era eccitata e impaurita, gli avvenimenti della sua vita non le avevano mai permesso di praticare una vera e propria vita mondana, esclusione facevano le tanto rare uscite con i suoi genitori, che frequentavano per lo più i piccoli pub vicino la loro casa nella periferia di Buffalo.

Indossò un semplice vestito nero, che apparteneva alla madre. Era molto leggero, quasi estivo, ma, come per una quasi inconsapevole ribellione, non le importava.
Mentre lo indossava la ripercossero brezze di sensazioni passate: caldi e irresistibili abbracci di conforto a piccoli problemi quotidiani, come un litigio con il fratello o un rimprovero a scuola, che allora, nella sua candida infanzia, l'avevano fatta tanto disperare e in quel momento non facevano altro che produrre tanta nostalgica malinconia. Decise di allontanare, per il momento, questo tipo di pensieri e di divertirsi, quella sera.
Uscirono sotto la pioggia scrosciante muniti di ombrello e si avviarono verso la fermata dell'autobus. Robin aveva deciso di portarla al centro di Buffalo, di mostrarle cosa significava la ricchezza, il lusso, lui la chiamava: la "leggerezza dei diamanti."

Il locale era stracolmo, un tintinnare continuo di orecchini preziosi, collane, strascichi. Le sembrò che, tutte le persone attorno a lei, nonostante venissero chiamate: mondane, non avessero nulla a che vedere con il mondo di allora; una giostra di sorrisi regalati, baci rubati, risate lasciate libere di andare dove e da chi volessero; come poteva, tutta quella gente, vivere sotto lo stesso cielo dei soldati che, in quel momento, combattevano per la loro patria, venivano uccisi e recitavano preghiere per un misero pezzo di pane?
Eppure, nonostante tutto, nonostante ciò che le sembrava, si sentì subito a suo agio, volle subito lasciarsi andare anche lei, volle poter essere come una di quelle tante donne lì presenti, ignare di tutto e di tutti ma naturali, leggere al suono di quella musica che tanto l'aveva fatta divertire e che adesso prendeva forma , proprio come il fratello gliel'aveva descritta: vivace, allegra, ingenua, frizzante.
"Ti sei incantata?" le urlò nell'orecchio Robin, per sovrastare il suono della musica. "Sapevo che ti sarebbe piaciuto, sei sempre stata la sangue blu della famiglia." le disse, e lei ne fu stupidamente onorata. "Vieni, andiamo a ballare!" la prese per un braccio e la portò nella mischia.
Fu sorpresa di sentirsi molti occhi addosso, non pensava che sarebbe stata notata, senza alcun gioiello, sola nel suo semplicissimo vestito nero.

Robin le lesse nel pensiero. "Ti guardano tutti perché sei splendida, un piccolo fiore tra gli omologati." disse, con estremo affetto.

"Io un piccolo fiore? Ma le hai viste le donne qui dentro? Altro che fiori, sono delle splendide e maestose orchidee."

"Già, ma sono tutte uguali. Una rosa tra le orchidee spicca come il sole tra le nuvole." Amanda, per nascondere il leggero rossore si mise a ridere e spinse con delicatezza il fratello .

"Sempre il solito, scommetto che questa frase la usi con tutte le tue conquiste, ti conosco fratellone."

"Smettiamola con le dolcinerie, allora , e balliamo, non lo senti il ritmo del jazz?" urlò, con adorabile passione che la fece, di nuovo , scoppiare a ridere.

Ballavano da una ventina di minuti, quando suo fratello esclamò: "Non ci posso credere, anche tu qui!"
Amanda si girò e vide che si rivolgeva ad un ragazzo alto, capelli color pece e occhi verde smeraldo che, con un sorriso leggermente beffardo disse: "E dove potevo trovarti, amico, se non in un locale in centro con una delle tue bellissime donne" poi, come rendendosi conto di una terribile gaffe, disse: "Si fa per dire, ovviamente, signorina, lei è di sicuro l'unica.." e si rivolse a Robin con una buffa espressione di innocenti scuse.

"Sei sempre il solito, Gabriel! Lei è mia sorella, Amanda, e , a quanto mi risulta, è l unica bellissima donna di mia conoscenza, ora come ora.."

"Oh, pardon madamoiselle, come sono stato sgarbato! Io sono Gabriel Smith, 'collega' di suo fratello" disse baciandole goffamente la mano.
Trovava quell'uomo infinitamente divertente.

"Non si preoccupi, Gabriel, molto lieta di conoscerla, io sono Amanda." gli rispose e lui, come incantato, rimase a fissarla sorridendo.

"Sei solo, Gabriel?" gli chiese Robin, simulando un colpo di tosse, come per spostare l'attenzione su di lui.

"Oh no, sono qui con amici del mio quartiere. Volete unirvi a noi?" le sembrò, al suono di queste parole, di scorgere un lampo di adorabile speranza nei suoi occhi. Stava per rispondere di sì, quando suo fratello la precedette.

"Ci piacerebbe, amico, ma stiamo proprio per andare! Ci rivediamo lunedì all'addestramento." gli disse , senza troppa simpatia.

"Che peccato.." disse e poi, rivolgendosi a lei "spero di rivederla presto, Amanda" fissandola negli occhi. Lei gli sorrise e, prima di poter rispondere , venne tirata via da suo fratello, quella sera tremendamente protettivo.

Il vento freddo di dicembre le penetrò nelle ossa, appena usciti dal locale provocandole immediatamente un brivido di freddo. Nonostante questo, rideva.
"Si può sapere perché ridi?" le chiese il fratello, infastidito.

"Mi divertono le scenate di gelosia, e poi quel ragazzo era tanto carino." disse, notando un lampo di rabbia negli occhi del fratello. Si trattenne dal ridere un' altra volta.

"Amanda!" urlò, facendola quasi sussultare "Ricordati dei tuoi diciassette anni."
Quelle parole la fecero zittire, nonostante non le condividesse. Era sempre stata abituata all' indipendenza e all'autonomia, sin da quando era bambina e i suoi diciassette anni le sembravano nient' altro che un peso sulle spalle, un fardello sui suoi sogni e le sue aspirazioni.

Quella notte, sentendosi inaspettatamente serena, si ritrovò a pensare a Gabriel.
I suoi occhi erano di un verde tanto intenso da poterli ammirare per ore, senza mai trovarvici una fine, un orizzonte e la sua finta goffaggine l'avevano divertita a tal modo che quella sera, avvolta nel caldo abbraccio delle coperte, si ritrovò a sorridere, ricordando.

Si addormentò cosi, come non le capitava da tempo. Non pensò alle bombe, alla guerra e alla miseria. Pensò al suo futuro, avvolto finalmente in una luce tanto attesa d' eccitazione e di speranza.

Ehilá a tutti, miei cari! Siamo giunti alla fine di questo secondo capitolo, che spero vi sia piaciuto! Ah Gabriel,Gabriel.. che ne pensate di lui? Commentate se vi va, con le vostre opinioni o curiosità!
Un bacio, grazie per il vostro sostegno che sperò continuerá.
A breve , nel giro di qualche giorno, pubblicherò il terzo capitolo.
Valentina xx

Kiss me under the bombsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora