Cap. 2

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I messaggi con i suoi nuovi amici, continuavano, e si facevano ogni giorno più fitti.
Oscar, le piaceva da matti. La faceva impazzire, anche solo poggiandole una mano sulla schiena, o quando la abbracciava e le baciava la fronte, come solo due vecchiotti che si sono amati una vita sanno fare. Lui, era solo due anni più grande, ma non era molto alto, o caratterialmente migliore. Solo che, Veronica, lo guardava e pensò che fosse arte e poesia, miscelati insieme in un'unica persona, e le sue labbra carnose, a cuscinetto le chiamava lei, la riempivano di gioia, ogni volta che, sorridendo, incontravano le sue, come a baciargli i sorrisi. Quando dovevano salutarsi, era sempre difficile dirsi a domani, o a stasera, perché nessuno dei due sapeva come sarebbe andata la giornata, o la giornata successiva. Così, si dicevano, semplicemente, ciao, ti voglio bene. Parole così sincere, e sentite -forse, non da entrambi?- che i loro occhi brillavano di una luce pura quando si allontanavano, lui con suo papà, lei sola, verso casa. A volte, si incontravano di sera, per qualche minuto, in compagnia di altri amici, senza nemmeno guardarsi. E lei si sentiva trascurata, messa da parte, ma in fondo sapeva che erano solo semplici amici, che amavano stare in compagnia. Lei, parlava di lui alle sue amiche, raccontava tutto quello che si dicevano, che facevano o che pensavano. Ma le sue amiche, erano molto più esperte di lei, in tema ragazzi, e ciò la face sentire a disagio, la face sentire ancora una volta, una persona fuori luogo. Loro usavano termini che Veronica non conosceva, per esempio limonare o farsi, cose di cui lei non sapeva nemmeno l'esistenza. Per lei quell' atto era semplicemente baciarsi, adorava quel termine, lei era così pura, così giovine che le mode non le ascoltava nemmeno. Intanto, i giorni passavano, e le serate a divertirsi continuavano. Veronica, si sentiva ancora una bambina, giocava ancora a nascondino, e si divertiva con le bambine più piccole, ma ciò non pensò potesse essere qualcosa di ridicolo. Eppure, Oscar, lo pensava, e glielo disse.
"Non pensi che sia ora di smettere di giocare a queste cose stupide?"
Si sentì offesa, ma anche in imbarazzo. Come poteva dirle certe cose, lui, che nemmeno la conosceva? Però, da quel momento, Veronica smise di giocare spensierata, smise di andare dalle sue amiche e smise di essere una bambina. Ormai, era un'adolescente, pensò, e forse era giusto lasciare da parte i giochi infantili, per dedicarsi di più alle sue vere amiche. Le sue amiche preferite erano Arianna e Beatrice, avevano la stessa età, stessi interessi, eppure così diverse tra loro, come gli opposti di una calamita, e insieme, si sentivano come una famiglia. Con loro si divertiva, si sentiva già più grande e forse, già più femmina. Le piaceva farsi fotografare, da sola o in compagnia, in mille pose, strane o serie. Kevin, la chiamava regolarmente, ormai, erano diventati ottimi amici, e lui la ascoltava sempre quando era triste, o arrabbiata. Stavano ore al telefono, a chiedersi come si può amare qualcuno che odi tanto, a chiedersi come si può imparare ad amare. Ridevano, ridevano tanto, quando dovevano curarsi il male, a vicenda. Kevin era un ragazzo alto, grosso, e terrone. Le sue braccia e la sua pancia erano diventate per lei, fonte di sicurezza e protezione, dal mondo. Quando lei iniziava ad angosciarsi per qualcosa, lui sapeva come frenarla. Scherzavano fra di loro, si facevano il solletico, si picchiavano tirandosi pugni, lei con tutta la sua forza, lui non usandone nemmeno un soffio. Si vedeva che erano molto legati, tutti lo vedevano. Ma Veronica , era l'ultima arrivata, in quel quartiere mal visto e ancora così segreto per lei, perciò non conosceva molto bene i luoghi, le strade o le scorciatoie, sapeva giusto arrivare da casa in piazza.
" Senti, ti va di uscire verso le 14? " le chiese Oscar.
Ovviamente, lei accettò senza mezzi termini, come faceva da, ormai, settimane.
Iniziò subito a scegliere i vestiti adatti, voleva sentirsi bella come non mai, ma anche un po' sexy. Sentiva, che c'era qualcosa di diverso in lui, qualcosa che avrebbe potuto cambiarle la giornata -o la vita?-, e non voleva assolutamente perdere alcuna possibilità. Così, scelse dei pantaloncini corti in jeans e una canottiera marrone, semplice e chic, adatti, ad una (ormai) ragazza. Era molto agitata, aveva mille pensieri che le passavano per la testa e lo stomaco chiuso per l' ansia da primo appuntamento. Anche se non era il primo, lei lo sentiva come un giorno speciale, da ricordare.
Alle 14 uscì di casa, e arrivò nella piazza. Lui ancora non era arrivato, normale pensò subito Veronica, così si sedette sotto il loro albero preferito, e aspettó, anche se voleva urlare per l'agitazione, cercò di mantenere la calma canticchiando brani di Adele e guardando il vuoto sopra di lei. Sperava con tutta sé stessa che lui non facesse ritardo, come suo solito, e si meravigliò quando lo vide arrivare dopo 5 minuti.
Era bellissimo, vestito con una camicia a quadri bianchi e neri che sembrava fosse stata creata apposta per lui, e i jeans che fasciavano le sue gambe perfette. Sembrava un Dio, qualcosa di irreale.
" Ciao Veronica, visto che puntualità? "
Come dargli torto? Era la prima volta che la sorprendeva così, e lei ne era molto felice.
Iniziarono a parlare, di Kevin, di Matteo, di lei, di lui. Lui le diceva di non essere timida, lei arrossiva sempre di più, bruciando dentro. Quel giorno, il caldo era particolarmente afoso, il vento sembrava essersi fermato per sempre e le foglie tacevano. Sembrava che il mondo si fosse fermato, per loro, per il loro amore. Decisero che, nonostante l'afa, avrebbero fatto un giro per esplorare un po' il quartiere, approfittando del fatto che tutto era deserto. Lei si sentiva una farfalla appena nata, che scopre la bellezza della libertà, che nasce dopo mesi di clausura.
" Vorrei entrare nei tuoi pensieri, e leggerteli uno ad uno ", gli disse.
Lui si fermò a guardarla, come per capire se mentiva oppure no, ma non esitò più di tanto.
Le sorrise, con uno di quei sorrisi da toglierti il fiato, da ammazzarti quasi, con la sua asimmetria perfetta.
" Sappi che uno di loro, pensa che tu sia bellissima."
E la bació, un bacio appassionato, che durò qualche minuto, che si spinse in mondi lontani. Le loro lingue si esplorarono, si analizzarono attentamente, le loro bocche si sfioravano appena, come fiori di ciliegio, come fiocchi di neve.
Voleva piangere, Veronica. Era il suo primo vero bacio, la prima volta in cui scoprì anche un po' sé stessa. Si abbracciarono per minuti, che sembravano eterni, in cui lei memorizzava alla perfezione il suo odore, mescolato alla sigaretta, al muschio bianco.
Poi, lui le prese la mano, e la condusse davanti alla piccola parrocchia bianca. Avevano il fiatone, abbiamo corso troppo, dissero insieme. Flic floc, pensò lei.
" Cosa ci facciamo qui? " domandò Veronica.
Lui non rispose, si limitò a guardare lo spazio circostante, come in cerca di una risposta. Poi i loro occhi si incontrarono, lei attendeva, lui aveva paura della domanda.
La stava tenendo stretta contro il muro, voleva farla sentire protetta, ma la stava agitando sempre di più. Parlami Oscar, parlami.

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