Capitolo 2

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Dopo aver fatto colazione con Justin mi sono subito andata a vestire, diciamo che non mi sentivo a mio agio sapendo che lui era al piano inferiore.

Ora siamo seduti sul divano a guardare la televisione, aspettando che si faccia l'orario per potercene andare. Guardo per un attimo Justin e distolgo subito lo sguardo quando il suo volto si gira verso di me.

Quando cerco di guardarlo di nuovo noto che lui mi sta fissando,la cosa dovrebbe essere inquitante ma non lo è affatto, so in qualche che voglio lui mi guardi. I nostri sguardi si incrociano mentre lui si avvicina. Mi aspetto che mi baci ma mi scosta solo i capelli dal viso. Ooh, a che diavolo pensi Jàsmine?

Mi alzo di scatto e vado a prendere un bicchiere d'acqua. Bevo e mi perdo nei miei pensieri, penso ad un mondo diverso. Pieno di amore e gentilezza. Una vita con i miei genitori, a ridere e scherzare. Perché è tutto così difficile? Per un attimo vorrei entrare in un libro di fantasia e non uscirne più. Solo per vedere cosa si prova ad essere felici.

"Sono quasi le 3:00, dovremmo andare." Quasi sputo l'acqua nel bicchiere quando la voce inaspettata di Justin mi riporta sulla terra. Annuisco e prendo le chiavi di casa.

*

"Oggi ci saranno le presentazioni." Ci sorride la gentile proprietaria mentre tutti ci sediamo in cerchio. Il mio tutore sempre accanto a me. "Caroline, vuoi raccontarci la tua storia?" Chiede la signora Burlman.

Una ragazza sui 15 anni, seduta sulla sedia a rotelle inizia a parlare. "Salve a tutti, sono Caroline Jonson e ho 16 anni- " beh, ci sono andata vicino penso tra me e me. "Sono figlia unica e sono californiana ma poi con i miei ci siamo trasferiti qui, a Londra, perchè mio padre aveva trovato un buon lavoro. Quando siamo arrivati non avevamo ancora una macchina ovviamente...il,il taxista era ubriaco è...la macchina, si la macchina si è improvvisamente fermata e.." non continua il discorso che comincia a lacrimare. Penso subito di alzarmi e  andare ad abbracciarla, e così faccio. Lei mi stringe forte e mi ringrazia ripetutamente per il mio gesto confortevole.

Quando mi siedo tutti mi stanno fissando.

Cosa ho fatto? Caroline continua il suo discorso, raccontando come la macchina dietro ha praticamente urtato con violenza il taxi. Ha sbattuto violentamente la testa sul vetro e l'impatto improvviso ha fatto capovolgere la macchina, lei è rimasta disabile mentre i suoi genitori erano decisamente in condizioni migliori delle sue..tranne per la sorellina che la madre portava in grembo. Caroline era figlia unica, sua madre aveva un certo problema con i figli, lei era tipo, stata un miracolo, la figlia di quasi 4 mesi la perdeva quasi sicuramente. Ma nonostante era consapevole dei rischi che correva non voleva che succedeva in un modo così brusco, inaspettato...orribile.

Dice di come suo padre si senta tutt'ora in colpa e che non può farne a meno. La sua storia era davvero toccante..dice poi di come i dottori e vari specialisti hanno provato a farla camminare senza alcun risultato, ha capito poi che non c'era più nulla da fare.

Varie persone raccontano la loro storia, e non sono pronta quando arriva il mio turno.

"Jàsmine, tocca a te." Gli occhi iniziano a farsi lucidi. Adesso che faccio?

"Tranquilla, puoi usare il linguaggio muto, parlo io per te." Mi sussurra il mio tutore in modo rassicurante. Annuisco e faccio un profondo respiro prima di iniziare. Comincio a gesticolare mentre Justin inizia a parlare a posto mio.

"Salve, mi chiamo Jàsmine e fra qualche mese faccio 19 anni.

Il mio più grande sogno era diventare una cantante, fin da piccola ho scoperto che la musica era tutto per me. All'età di 15 anni mi sono iscritta ad una scuola di canto, un pò mi vergognavo all'inzio ma poi c'ho fatto l'abitudine.

Ero così invidiosa delle ragazze di 18 anni che potevano fare l'audizione, quelle più piccole come me dovevano solo fare qualche saggio, tipo a natale, o cose del genere.

Passò qualche anno e io feci 18 anni. Una grande festa a sorpresa mi fù organizzata dai miei genitori e dalle mie compagne...ma io non volevo quello, volevo che passassero in fretta quei mesi che portassero all'audizione..e volevo che mio padre fosse lì a guardarmi insieme a mia madre. Quando quel giorno arrivò mi svegliai tardi, vidi la sveglia per terra.. chiamai di corsa mio padre e ce ne andammo subito di casa, mia madre stava dormendo ed io non potevo più perdere altro tempo. Eravamo a circa 20 minuti dal posto in cui dovevo fare l'audizione, io nel frattempo facevo premura a mio padre, mi aveva promesso che saremmo arrivati in tempo, e fedele alle sue parole camminò più forte..quando avevo 15 anni invidiavo quelle di 18. Ora che ne avevo 18 sembrava stessi vivendo un incubo.

È stata tutta mia la colpa, se solo mi sarei svegliata presto avrei potuto prendere un autobus, ma no..io volevo mio padre.

Grazie a me mi sono ritrovata la ragione per cui vivevo morto, ed io non ho più parlato.

Mia madre non faceva altro che piangere, mi sentivo uno schifo, un vero schifo.

Si era creata poi una meschera, le notti in cui piangeva le nascondeva la mattina con del trucco e un sorriso, un sorriso che non comprendeva i suoi occhi stanchi e tristi. So in qualche modo che lo faceva per me, cercava sempre un modo per farmi parlare ma senza risultato, decise poi di farmi venire qui.

Non ero sicura su questa cosa, ma volevo farlo per lei, per avermi reso le cose più facili, per avermi fatto pensare per un momento che magari la colpa non era la mia-" Singhiozzo ma mi riprendo dopo qualche secondo.

"- Scusatemi..non voglio pensiate che la mia maledetta vita sia depressa, ma io sono Jàsmine Portman, e questa è la mia storia."

Riesco a vedere varie persone piangere.

Il mio tutore compreso aveva gli occhi lucidi e so che in qualche modo mi sono sfogata e,  almeno un briciolo del dolore che porto dentro è stato dissolto.

Quando usciamo varie persone che erano dentro si  congratulano con me per essere stata così forte, dicendomi anche che non devo pensare che la colpa sia la mia. Che volevo solo mio padre vicino e che la colpa è stata del destino. Ciò porta le lacrime a fuoriuscire dai miei occhi. Sento delle braccia forti circondarmi le spalle e so che è Justin. Lo capisco dal calore che emana, ed è così rassicurante. Aspetto mia madre sul marciapiede e il mio tutore è così gentile da aspettare con me.

"In tutta la mia vita non ho mai pianto, non che l'abbia fatto ora, ma sei riuscita a toccarmi dentro, mi dispiace per tutto quello che hai dovuto passare e stai passando tutt'ora. Non è tua la colpa se volevi inseguire il tuo sogno e volevi che tuo padre ti fosse vicino." Non lo faccio continuare che mi fiondo sulle sue braccia,nell'ultimo mese mia madre è stata l'unica a confortarmi, e se prima odiavo questo posto e non volevo venirci, ora sono pienamente sicura sul fatto che non voglio lasciare le persone che circondano quel centro. Non voglio lasciarmi andare, sono disposta a provare. Nulla può fermarmi stavolta. Voglio farlo per mia madre e per le lacrime che ha versato. Voglio farlo per la persona che sta stringendo fra le sue braccia perchè so che sta cercando di aiutarmi. Ma lo sto facendo soprattutto per mio padre, so quanto mi amava e so quanto voleva che non piangessi.

Flashback

"Non versare mai lacrime per nessuno. Lasciali perdere che tu da sola vali più di tutti loro messi insieme."  Lo abbraccio, le sue braccia forti sono il mio posto preferito.

"Ti amo papà."

Always [Justin Bieber]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora