La casa

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"Nello zaino c'è il pranzo e mi raccomando fai molta attenzione a non perderti, queste strade di campagna non mi sono mai piaciute"

Così dicendo mia madre mi diete un sonoro bacio sulla fronte e poco dopo rientrò dentro casa per preparare la cena. È sempre stata una donna amante della famiglia e delle faccende domestiche. Per me vuole solo il mio bene e credo che il suo amore per i miei confronti equivalga all'amore che una madre prova per un figlio moltiplicato per quattro. Non conosco donne più morbose di lei. Quella mattina di agosto era una giornata perfetta per un escursione. Ne ho fatte tante nella mia vita ma quella per me era la giornata più adatta. Non faceva molto caldo e inoltre vi era anche un piacevole venticello. Appena uscito fuori dal portone di casa mi diressi verso la strada di ghiaia poco distante. La mia meta era la grande collina, così la chiamavano io e i miei amici. La grande collina era il nostro piccolo angolo di pace e di distrazione. Era una semplice collina, ma noi la definivano "grande" appunto perché era la "nostra" collina. Quando volevamo stare in tranquillità bastava semplicemente andare lì e ascoltare i rumori del bosco per sentirci persone più serene e amanti della vita.
Quel giorno avevo deciso di fare un escursione da solo, senza amici, per pensare ma soprattutto per dimenticare. Per dimenticarla. Ma era impossibile dimenticare. Come potevo. Non potevo. Continuando a camminare non mi accorsi che avevo sbagliato strada. Ero troppo assorto nei miei pensieri che non mi ero accorto che stavo andando verso la sua casa. E la intravidi. Vidi il tetto di legno di quercia di quella casa ormai abbandonata. A quella vista una lacrima mi scese sulla guancia. Stavano riaffiorando troppi ricordi. Iniziai a piangere, non riuscivo a smettere. Gli occhi mi bruciavano e, specchiandomi in una pozzanghera, avevo notato che il mio viso era diventato di un rosso melograno. Corsi verso quella casa. Era una casa in legno, più specificatamente una baita. I vetri delle finestre erano ormai tutti rotti, era possibile notare i cocci presenti poco distanti. Aprii la porta. La casa era vuota, ormai era diventata il regno di un ragno. Vi erano ragnatele ovunque. Il bianco delle ragnatele si accostava al color quercia delle pareti e del pavimento.
Tossii. Vi era parecchia polvere ma non mi importava. Mi distesi sul pavimento impolverato e iniziai a fissare il soffitto. A fissare il vuoto. A fissare i troppi ricordi che non riuscivo a dimenticare.

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