L'arrivo

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Ricordo che era una notte di aprile, durante le vacanze di Pasqua. Verso le tre del mattino iniziai a sentire degli strani rumori provenienti da lì vicino. Mi alzai. Ero decisamente esausto. Il giorno prima avevo giocato una partita a calcio e in quel momento non avevo neanche le forze per alzarmi ed andare al cesso. Ma, preso dalla troppa curiosità, mi svegliai e mi affacciai alla finestra. Vidi diversi camion, quelli dei traslochi dirigersi verso la cosiddetta casa abbandonata. Tutto ciò era alquanto strano.
Esistono diverse leggende riguardo quella casa.
Fu costruita una ventina di fa da un certo Bill Redmoon, il quale, dopo neanche una settimana, abbandonò la casa, descrivendola infestata di fantasmi. Oppure si diceva che fosse abitata da una sorta di cane lupo che sbranava chiunque entrasse lì dentro. Io non ho mai creduto a nulla di ciò ma era strano che dopo venti anni quella casa tornasse ad essere abitata. Nessuno da più di venti anni vi metteva piede. La cosa mi stupiva.
Iniziai a fantasticare su quelle persone che sarebbero diventate i miei vicini di casa. Ormai non avevo più sonno. Sono una persona troppo curiosa, è uno dei miei mille difetti e inoltre adoro fantasticare, credo che sia una delle cose più belle del mondo. Cosa c'è di più bello dell'immaginazione? La fantasia per me è vita.
Iniziai a pensare ai loro volti, alle loro abitudini, da dove venissero. Era tutto davvero interessante e misterioso. E chissà se in quella tenebrosa casa vi vivessero anche dei ragazzi della mia età. Avrei potuto stringere nuove amicizie. Insomma passai tutta la notte a fantasticare e a pensare. Mi riaffacciai dalla finestra e vidi passare una macchina.

"Paul, hai saputo? Abbiamo dei nuovi vicini di casa!" disse mia madre mentre stava riscaldando il latte per la colazione.

"Lo so, ho sentito i rumori dei camion questa notte"

"Non sei curioso? Fra poco li andremo a trovare, bisogna presentarci, d'altronde adesso siamo vicini di casa. Oh, ma guarda che sbadata mi sono scottata un dito con il fornello!"

In quel momento la mia curiosità iniziò a crescere sempre di più. Dopo aver fatto colazione corsi nella mia stanza e mi affacciai alla finestra per intravedere la casa. Presi il telefono e chiamai il mio amico Jordan. Anche lui era piuttosto sbalordito che qualcuno andasse a vivere nella casa abbandonata.

"Secondo me quella lì deve essere gente davvero strana per andare a vivere lì" disse Jordan, da come parlava potevo ben intendere che stava fumando una sigaretta.

"Non scherzare dai, sarà sicuramente gente normalissima"

"Ho sentito che vi vive una coppia con una figlia che deve avere quasi la nostra età, tutto ciò me l'ha detto mia madre questa mattina"

La mia curiosità saliva e aumentava sempre di più. Una ragazza? Della nostra età? Quasi non mi sembrava vero! Dove vivo io non vi sono molti ragazzi, ecco perché sto quasi sempre solo con le mie cuffiette o qualche volta con Jordan, lui è l'unico amico che ho.

"Davvero? Finalmente una ragazza in questo dannato paese eh"

"Finalmente, comunque scendi sotto casa tua che sono arrivato, ciao"

Guardai giù della finestra e lo vidi in lontananza. Alto con la sua carnagione scura. Indossava una semplice maglia bianca della Nike e dei pantaloncini di jeans. Jordan è un ragazzo giamaicano di diciotto anni, adottato quando era ancora in fasce da una coppia del paese, i signori Stuart. È l'unico amico che ho. In questo paese fatto di ignoranza ci appoggiamo a vicenda. In qualche modo ci completiamo e lo considero come il fratello che non ho mai avuto. Ricordo bene quando ci siamo conosciuti. Mi salvò dai bulli grazie ai suoi possenti muscoli e da allora non ci siamo più divisi. Bussò al portone di casa e io lo chiamai. Alzò lo sguardo e lo vidi sorridere, sempre con quella sigaretta in bocca.

"Scendi, deficiente!" Mi urlò.

Allora scesi, presi il mio zaino e lo raggiunsi.

"Eccomi"

"Era ora, dio santo. Adesso andiamo"

Passammo per il sentiero di ghiaia, quello che passa per il bosco. Non ero mai passato in quella zona, per il semplice fatto che non vi andava mai nessuno. Avevo un po' di paura sinceramente. Intanto Jordan fumava con tutta tranquillità la sua sigaretta, creando dei vortici di fumo che sembravano delle nuvole.

"Ma che hai paura? Ma non farmi ridere, Paul"
Jordan mi diede una forte pacca sulla spalla. In quel momento una grossa quantità di fumo mi coprì la faccia facendomi tossire. Ho sempre odiato fumare.

"No, no solo che non sono mai passato in questa zona tutto qua"

"Sempre il solito fifone, eh stecchino"

Sono stato sempre una persona magra, quasi anoressica a dirla tutta. Ho avuto diversi problemi psicologici. Certe volte ho tentato anche il suicido dalla mia finestra, ma poi ho ripensato a mia madre. Certamente dopo che mio padre è scappato di casa, non ce la fa a soffrire ancora. Ogni volta durante i miei momenti di debolezza penso a lei e allora mi tornano le forze per vivere.

"Ecco la casa, amico mio. Dio, è decisamente diversa da come la descrivono!"

La casa era tutta rinnovata, sembrava una casa appena costruita quando invece esisteva già da diversi anni. Le finestre erano state riparate è da dietro si potevano vedere delle tendine dal pizzo rosa. La porta, come tutta l'abitazione del resto, era di legno massiccio. Inoltre era circondata da diversi tipi di piante e di fiori, da quelli comuni a quelli più rari, decisamente mai visti. Ad un tratto la porta si aprì e una signora di mezza età ci invitò ad entrare.
Ovviamente accettammo l'invito.

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