capitolo 2

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Era passata quasi una settimana dall'uscita con Sebastian, e sentivo Niall distante, più del solito. Nelle risposte era quasi freddo, o almeno era l'impressione che mi dava. Sapevo di non potermi considerare qualcuno, nella sua vita, ma un minimo di gentilezza poteva usarla. Era cambiato radicalmente dal primo giorno.
"Posso farti una domanda?" gli scrissi. Probabilmente avrebbe risposto con un monosillabo ed il punto alla fine, per marcare il fatto che qualcosa c'era.
"Si." ecco, appunto. Sospirai innervosita, rigirandomi il cellulare tra le mani, indecisa sul cosa chiedergli.
"Perché fai così?" temevo la risposta. Mi pentii di avergli fatto quella domanda subito dopo aver cliccato 'invia' sullo schermo del telefono. Più tempo ci metteva per rispondere, più mi innervosivo. Stava cercando una scusa? Oppure semplicemente evitando il messaggio? Non sapevo cosa pensare, e non potevo chiedere aiuto a nessuno degli altri. Non avevo avuto la fortuna di una chat, e non mi seguivano. Menzionarli era decisamente fuori discussione, quindi continuai a pensare ad alcune possibili risposte.
"Così come?" speravo in qualcosa di più sostanzioso, magari una risposta decente. Mi grattai nervosamente la nuca, camminando avanti ed indietro per la stanza.
"Mettiamola così. Io e te possiamo considerarci amici?" mi morsi il labbro, lanciando il telefono sul letto. Provai ad accendere la televisione per distrarmi, ma era inutile.
"Mh, si, diciamo di si." odiavo questo suo comportamento, ed il punto glielo avrei fatto ingoiare più che volentieri.
"Allora perché fai lo stronzo?" aspettai quasi per un'ora la sua risposta, poi bloccai rassegnata il telefono. Non capivo davvero il motivo di questo suo cambiamento, non mi sembrava di aver fatto niente di male. L'avevo sempre trattato con gentilezza e rispetto, ringraziando più e più volte lui e gli altri di esserci. Certo, forse lo stressavo raccontandogli piccoli aneddoti della giornata, ma non era un motivo valido per trattarmi come l'ultima ruota del carro. Dovetti aspettare tutta la giornata per una sua risposta.
"Scusa, colpa mia x" rimasi abbastanza sorpresa, ma non ci feci più di tanto caso.
Il giorno seguente fu il primo giorno di scuola. Alzarsi così presto la mattina mi pesava particolarmente dopo tutta l'estate, infatti mi rigirai nel letto finché Miles non mi richiamò con la sua solita frase 'Nora, se non ti muovi a scuola ci vai a piedi!'. Sapevo che non sarebbe mai andato via senza di me, ma mi costrinsi lo stesso ad alzarmi e prepararmi velocemente per la scuola. Quando scesi scoppiai a ridere vedendo mio fratello con il broncio e le braccia incrociate al petto.
«Ci sono, ci sono, possiamo andare» lo seguii fuori di casa e poi alla macchina «Me lo spieghi come farei se non ci fossi tu?» lui alzò le spalle, visibilmente di cattivo umore «Ei, è.. uhm.. successo qualcosa?» sussurrai piano, sfiorandogli il braccio con due dita.
«No, niente, è solo il periodo. Solita storia» era la prima volta che si comportava così nei giorni antecedenti all'anniversario. Non lo avevo mai visto così spento. Arrivammo davanti alla mia scuola, ed io mi allungai per baciargli la guancia.
«Ci vediamo pomeriggio, allora» sussurrai, salutandolo e scendendo dall'auto. Entrai nell'edificio a sguardo basso, stringendomi la borsa al petto. Nella mia scuola non ero popolare, ma nemmeno una totale sfigata. Ero solamente invisibile, e non volevo cambiasse niente, anzi. Mi ritenevo fortunata, visto che non ero presa di mira da nessuna cheerleader, giocatore di football o di qualsiasi altro sport. Entrai nell'aula di storia, la mia prima lezione della giornata, e mi sorpresi nel vedermi affiancata da Sebastian Collins.
«Ei Sanders» mi salutò con l'occhiolino «Come ti sta andando la giornata?» risi piano, arrossendo leggermente.
«Che cosa ci fai qui?» sussurrai, appoggiando i libri sul banco «Non hai lezione con la tua classe, o qualcosa del genere?» la risata che seguì mi fece rabbrividire.
«Nessuno ti ha avvisata? Abbiamo qualche corso in comune, quest'anno» mi pizzicò dolcemente la guancia rossa «Non sei felice?» annuii lentamente, restando però confusa sul motivo per cui era accanto a me.
«Si, però, uhm.. che ci fai seduto.. insomma, qui?» esitai a chiederglielo, non volendo risultare sgarbata. Lui sorrise, probabilmente impietosito dal mio imbarazzo e nervosismo.
«Non è ovvio? Voglio chiederti di uscire ancora, stasera» trattenni il fiato. Bass mi stava chiedendo una seconda uscita, a scuola, davanti ad i nostri compagni.
«D.. davvero?» mormorai a bassa voce, guardandolo. Lui annuì con entusiasmo, indicandomi l'ora in cui sarebbe passato a prendermi, per poi baciarmi la guancia ed allontanarsi. Io, d'altro canto, non potei fare altro che arrendermi alla sua proposta e sfiorarmi continuamente la guancia per le ore successive. Appena uscita da scuola raggiunsi Jules di corsa, che mi aspettava fuori dal cancello. Non andavamo nella stessa scuola, purtroppo, quindi ci vedevamo molto di meno «Usciamo. Stasera. Assurdo, eh?» risi, mentre ci incamminavamo verso casa.
«Stasera dormi da me» impose subito «Non lascerò che quel coglione che hai come fratello vi rovini di nuovo l'atmosfera. Assolutamente no» continuò a parlare ed imprecare da sola per buona parte della strada, mentre io ridevo «Sai già cosa mettere?» chiese all'improvviso. Scossi il capo, alzando le spalle.
«Lo vedrai stasera» risi alla sua smorfia, entrando in casa «Miles? Papà?» sembrava fosse tutto vuoto. Sospirai, prendendo la pasta che mi avevano preparato. Mangiai giocherellando con il telefono.
"Ei Nialler x" sorrisi a quel soprannome. Uno dei miei preferiti.
"Buongiorno a te, Nora x" mi rispose lui. Scossi divertita il capo, chiedendogli consiglio su come vestirmi "Dove devi andare?" chiese invece lui, pronto ad aiutarmi.
"Beh, esco con Sebastian, quindi.." mi mordicchiai il labbro "Come pensi sia meglio vestirsi?" aggiunsi subito dopo.
"Dei jeans andranno benissimo" fu l'unica risposta che ebbi. Un aiuto così non mi serviva per niente.
"Jeans? Non è troppo banale?" misi i piatti nel lavello, andando poi in camera a frugare nell'armadio. Ero ancora in totale indecisione.
"No. Perfetti" guardai qualche secondo lo schermo con espressione contrariata. Stava facendo lo stronzo, di nuovo, ma stavolta non ci sarei stata per i suoi sbalzi d'umore. Bloccai e lanciai via il telefono, costringendomi a prendere una decisione sugli abiti.
Quando Sebastian suonò a casa c'ero ancora soltanto io. Scesi in fretta, aprendogli «Entra, scusa. Un secondo» scappai in cucina. Lasciai un biglietto avvertendo che non dormivo a casa, cercai inutilmente di specchiarmi nel vetro del forno e tornai dal ragazzo «Eccomi, scusa» ripetei imbarazzata «Possiamo andare» gli sorrisi, chiudendo la porta a chiave dietro di me «Stasera non ho orari, sono da Jules» sussurrai un po' imbarazzata. Lui annui, accarezzandomi la guancia, per poi aprirmi la portiera della macchina.
«Ne sono felice» disse soltanto, spostandosi sul lato del guidatore. Non parlammo molto mentre guidava. Più di una volta ci sfiorammo casualmente le dita per cambiare stazione alla radio, ma questo creava soltanto tensione ed imbarazzo aggiunto. Non mi sentivo spesso così, anzi, era abbastanza raro dato le presenze prevalentemente maschili che c'erano nella mia vita.
«Nora? Siamo arrivati» mi sorrise Sebastian, aiutandomi a scendere dalla macchina «In questo ristorante si mangia benissimo, ed è un posto molto carino ed intimo» mi spiegò, indicando un'insegna dall'aspetto malandato. Lo seguii dentro con poca convinzione, ma dovetti ricredermi vedendo la sala principale. Le lampade appese al muro erano tenute a luminosità bassa per creare atmosfera, ed i tavoli erano molto distanziati uno dall'altro. Al centro del nostro tavolo c'era un vaso con una rosa, che mi fece sorridere «Ti piace?» chiese. Sembrava timoroso. Gli sorrisi rassicurante, prendendo il fiore e portandomelo al naso.
«È davvero bellissimo, qui» mormorai, senza mai smettere di guardarmi attorno, studiando ogni più piccolo dettaglio della stanza. Il cameriere ci sorrise, elencandoci i piatti migliori e consigliandoci, allontanandosi solo dopo aver preso le nostre ordinazioni «Come lo conosci?» chiesi poi, incuriosita.
«Me l'ha consigliato mia mamma, a dire il vero» ridacchiò imbarazzato, grattandosi la nuca «Ha lavorato qui un paio d'anni, prima di conoscere mio padre» aggiunse, spostando il suo sguardo alle mie spalle.
Dopo cena mi portò su un piccolo ponte in legno poco più avanti, sedendosi con i piedi penzolanti nel vuoto. Lo imitai, prendendogli la mano.
«Grazie, Bass» si voltò a guardarmi confuso. Sospirai, sorridendo «Per tutto questo. Nessuno lo aveva mai fatto per me, e.. sentivo il bisogno di ringraziarti. Tutto qui» scrollai le spalle, guardando il riflesso della luna sull'acqua «Sto bene quando sono con te» lo dissi con voce talmente flebile che lui non lo sentì nemmeno, ma andava bene così. Non volevo espormi troppo, anche se era evidentemente troppo tardi, per non rischiare. Stare con lui era un azzardo, poteva essere uno scherzo od il risultato di una scommessa persa, ma poco me ne importava.
Era quasi mezzanotte quando arrivammo davanti alla casa di Jules. Esitai prima di scendere, senza sapere esattamente cosa dirgli.
«Ehm.. grazie per la cena, e per la bella serata, allora» tentai poco convinta. Lui rise, attirandomi a sé per la spalla.
«Non c'è bisogno di parlare» sussurrò, appoggiando la fronte alla mia. Deglutii più volte, guardandolo. Chiusi gli occhi soltanto quando sentii le sue labbra sulle mie, iniziando a ricambiare quel bacio che avevo tanto aspettato. La mano del ragazzo si spostò fino alla mia nuca, infilandosi tra i miei capelli, mentre l'altra cercò la mia mano. Lasciai scivolare la mia lingua contro la sua più e più volte, finché entrambi non restammo senza fiato. Risi, troppo imbarazzata per guardarlo negli occhi «Spero tu dorma bene» mi prese in giro, prendendosi uno spintone. Scesi dalla macchina, dandogli la buonanotte e guardandolo andare via con il cuore a mille e le farfalle nello stomaco. Mi sfiorai incredula le labbra, sobbalzando al suono di una porta aprirsi.
«Pensi di entrare o vuoi passare la notte lì nella speranza che il tuo Romeo ritorni da te?» ghignò Jules, a braccia incrociate appoggiata allo stipite. Mi voltai a guardarla.
«Sei proprio una stronza. Hai rovinato tutto il momento» borbottai superandola con una spallata. Lei ridacchiò piano, seguendomi verso la sua stanza «Comunque si, si è comportato bene. No, non mi ha costretta a fare niente ed infine si. Bacia dannatamente bene» Jules aprì la bocca indignata, vaneggiando sul fatto che non mi avrebbe chiesto nulla e cose del genere, ma alla fin fine nemmeno lei ci credeva.

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