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Now we run, run away
From the boys in the blue.

Lunedí mattina, di nuovo.
La sveglia che suona, di nuovo.
Mia madre che mi chiama dal piano inferiore, di nuovo.
Mio padre che bussa alla mia porta, di nuovo.
Le mie due sorelle che corrono per casa, di nuovo.
Mio fratello che fa casino, di nuovo.
Perché ho cosi tanti familiari? Dico io, non bastavano due figli?
Sarebbero tutti felici con due gemelli, un maschio e una femmina, che crescono insieme, che condividono le stesse passioni, che non danno fastidio a nessuno.
Perché questo eravamo io e Louis, due ragazzi di 19 anni tranquilli e beati.
E invece no, i miei genitori avevano deciso che due figli erano pochi.
Cosi fecero arrivare Claire, quattro anni dopo la mia nascita, e Denise, quando io avevo 17 anni.
Cosi ora mi ritrovo con tre fratelli, e due genitori sclerati.
Loro lavorano praticamente tutto il giorno, io torno a casa e mi occupo di Denise, mentre mio fratello sta sempre in giro per la città, e Claire sta sempre chiusa in camera sua.
Voglio seriamente una vita sociale anche io, andiamo, ho solo diciannove anni.
Voglio gli stessi diritti di mio fratello, e soprattutto, voglio una babysitter per mia sorella.
«Dai, Sof, alzati dal letto, sappiamo entrambi che mamma non smetterà di chiamarti finché non ti vedrà giú.» mi disse Louis, avvicinandosi al mio letto, e tirando via dal mio corpo la coperta.
Lo so che vivo in California, e so anche che in questo periodo dell' anno fa caldo.
Ma io la notte ho freddo lo stesso, che ci posso fare.
«Oh, sta' zitto ti prego»
Lui ridacchiò per poi uscire dalla stanza, lasciandomi il tempo di prepararmi.
Strisciai i piedi sul pavimento in legno, fino ad arrivare al mio armadio, infilarmici dentro e trovare qualcosa da vestire.
Solo, un paio di jeans chiari e una maglietta.
Stavo per andare a scuola, non ad un qualche matrimonio di lusso.
Fanculo i matrimoni di lusso.
E fanculo anche la scuola.
Menomale che era il mio ultimo anno, poi sarei volata in una qualche città in Inghilterra e mi sarei trovata un buon lavoro per rimanere li definitivamente.
Ovviamente, la mia tranquillità va a finire in capo al mondo, quando scendo al piano inferiore per fare colazione.
Louis, da diciannovenne maturo che é, ha preso Denise a testa in giú e ora sta correndo per tutta casa, mentre mia madre gli urla dietro di stare attento.
A volte penso cosa ci faccio in questa famiglia.
Sono l' unica che fino alle 10 del mattino, almeno, sta in silenzio, come se non ci fossi.
Invece il resto della mia famiglia é tutto un urla e corse a destra e sinistra.
Lo dico sempre io che quattro figli sono troppi.
«Grazie al cielo sei arrivata» accolgo la mia migliore amica Gwynne con un abbraccio, uscendo di casa.
Di solito facciamo il tragitto fino a scuola insieme, perdendoci a parlare di ciò che ci succede o di qualsiasi cosa ci passi per la testa.
Ma solo all' andata, perché abbiamo corsi diversi, e io sto a scuola un ora in meno.
«La mia famiglia mi ucciderà lentamente» mi lamento quando ormai siamo a metà strada, e lei ride incastrando la lingua tra i denti.
Lo fa sempre, é adorabile.
Arriviamo a scuola in tempo per le lezioni, e ci separiamo per i nostri vari corsi.
«Ti chiamo di pomeriggio» mi urlà da metà scala, mentre le lascio un cenno di risposta.
Entro in classe pronta per la lezione di letteratura inglese.
Odio, solo odio profondo.
Mi sistemo in un banco a caso, e prima che riesca a realizzare, suona la campanella della quinta ora.
Tutto sommato, non ti accorgi di quanto in fretta passa il tempo.
O almeno, non me ne rendo conto solo quando sto attenta a ciò che gli insegnanti hanno da dirci.
Abbandono il corridoio davvero troppo affollato, e mi incammino per strada, facendo vagare la mente.
Cinque metri, e mi ritrovo in terra, con la faccia schiacciata sul marciapiede, e i libri sparsi in terra.
«Che cazzo, sta' un po' attento» urlò al ragazzo che mi ha urtato, facendomi cadere come un sacco di patate.
«Maleducato» mormoro a bassa voce, cercando di raccogliere i libri.
Intanto lui corre ridendo mentre un altro ragazzo con parecchi tatuaggi lo insegue.
Mi ritrovo a pensare alla risata dello sconosciuto, mentre mi rimetto a camminare per arrivare a casa.
Sperando che nessuno mi urti nuovamente, e cercando di non rompermi nessuna gamba.
Poi criticano i californiani, e per forza, se sono tutti come quel tipo.
Almeno fermati e chiedi scusa. imbecille.
«Sono a casa» avviso mia madre, che sta preparando il pranzo, per poi sedermi sul divano e ricevere le sue solite raccomandazioni una volta finito di cucinare.
«Sta attenta a Denise, fa' i compiti, aiuta Claire a studiare, e se puoi pulisci un po' casa, grazie, ciao» un bacio sulla guancia e «Ciao mamma»
E allora mangi, fai i compiti e guardi i cartoni animati con tua sorella, e ti addormenti sul divano con un libro tra le mani.
Che vita felice la mia.

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