«Capitolo 2»

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Andrea apre la porta lentamente, come se non avesse affatto fretta di entrare. Strisciando i piedi sul pavimento raggiunge il suo banco, in silenzio. Si lascia cadere sulla sedia e rimane fermo, gli occhi scuri distanti e la bocca piegata all'ingiù.

Mi volto verso di lui e vedo che Daniele gli sta sussurrando qualcosa, ma non riesco a capire.

Stupida, mi rimprovero mentalmente perché, mai dovresti impicciarti. Sono cose che riguardano lui, cosa ti importa.

Sono seriamente preoccupata, ma non voglio darlo troppo a vedere. I miei compagni sono ancora impegnati con le equazioni e posso sentire le loro chiacchiere rumorose.

Torno a concentrarmi sul libro di matematica e sento i discorsi confusi delle mie amiche che parlano nei banchi vicini, ma non ascolto.

Osservo senza vederlo un problema geometrico sul libro. Triangoli e quadrati occupano il mio spazio visivo, ma la mia mente è impegnata in tutt'altro pensiero.

Perchè Andrea mi fa quest'effetto? Cosa mai puó spingermi ad interessarmi a lui, se neanche ci parliamo?
Siamo compagni di classe, ma i nostri rapporti iniziano e finiscono qui. Siamo nella stessa classe da tre anni ormai e ancora ci limitiamo a salutarci con un "ciao" distratto, se va bene. La massima conversazione é stata "Mi presti la gomma?". Uno di quei classici rapporti che si limitano alle quattro mura scolastiche.

Mi volto di sbieco a guardarlo e vedo che ha ripreso a parlare con Daniele, ma non ha più il suo solito sorrisetto sulle labbra.

Scuoto la testa e mi volto verso Perla, che ha la matita tra i denti e la mordicchia senza pietà nella concentrazione di risolvere l'esercizio.
Non voglio più pensare ad Andrea.

-Perla, hai per caso la merenda?- domando sottovoce, con la testa tra le braccia, per avvicinarmi al suo banco.

-Mhh, qualcosa mi dice che dovró dividere pane e nutella...- ridacchia lei, mentre io sorrido.
Sono un caso disperato nel lasciare la merenda a casa e, lasciatemelo dire, il cibo delle macchinette al Liceo Artistico Pablo Picasso fa veramente schifo.

Il professor Marchi sembra essersi accorto che la classe sta facendo tutto meno che quello che ha assegnato e ci riprende subito: -Ragazzi, alla fine dell'ora dovete consegnarmi i fogli protocollo, voglio che abbiate fatto almeno tre esercizi! Completate quello che state facen...

DRIIIN!!!

Non fa in tempo a finire la frase che la campanella ci salva regalandoci un quarto d'ora di libertà, l'unico in cinque ore di scuola.

Ripongo il quaderno in cartella e mi fiondo fuori dalla classe insieme ad Anna e Perla, nella confusione dei ragazzi e della sedie che si spostano.

Mentre esco dalla porta, sfioro inavvertitamente con la mano quella di Andrea che aspetta Daniele appoggiato allo stipite.

Istintivamente cerco la causa del contatto e trovo risposta nel mare nero degli occhi del ragazzo.

Mi allontano subito, facendo finta di nulla, ma il cuore mi batte forte e continuo a sentire uno strano pizzicore alla mano per tutto il giorno.

«FLOWERS IN THE SUNSHINE»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora