Prologo: Il Fuoco Divampa 火が燃える

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-Dai, Claude, corri!
Talitha correva davanti al fratello, lasciando dietro di sé una scia infuocata.
Era una calda e tranquilla notte d'estate e i due bambini nati dalle fiamme si stavano inseguendo nel bosco.
Claude illuminava la strada con i suoi poteri di fuoco. Era un vero prodigio, anche se aveva solo sette anni.
Talitha, che aveva sei anni, aveva come dote la velocità. Era nettamente più veloce del fratello.
Aveva lo stesso carattere del fuoco, suo elemento ancestrale nel quale la sua nascita risiedeva: dominante, ribelle fino al midollo, ma allo stesso tempo sapeva offrire calore e protezione a chi conosceva bene.
Talitha e Claude erano inseparabili. Stavano sempre insieme e, quando non giocavano a calcio, si rincorrevano oppure creavano piccole fiamme con i loro poteri magici.
Talitha non era ancora in grado di padroneggiare il suo dominio del fuoco.
Suo fratello era molto più bravo di lei e ogni volta che provava a creare una fiammella si bruciacchiava o il naso o le dita.
Il risultato però era un divertimento immenso.
-Claude, sei proprio lento!
La bambina, che rideva senza mai fermarsi, continuava a correre e ormai aveva seminato Claude.
Senza più la luce del fratello a farle da guida, Talitha si fermò e si guardò intorno.
Buio, solo buio. A farle compagnia c'erano gli alberi fra i quali era cresciuta, i cui rami però si agitavano minacciosamente, come a lanciare il segnale di qualche pericolo.
-C-Claude..-
Un grido straziante lacerò l'aria.
Poi, un pianto sommesso.
Talitha singhiozzava e si lasciava scappare degli urli debolmente soppressi.
Giaceva terra supina mentre cercava dolorante di rialzarsi.
Incespicando, tentò di ritrovare il fratello.
-C-Claude! Aiutami, fratellone!
Calde lacrime iniziarono a rigarle il volto, innescando ancora più dolore nel suo debole fisico da bambina già estremamente provato.
Eppure forse quello non si poteva più definire un volto.
La bambina inciampò in una pozzanghera e ne approfittò per sciaquarsi il viso.
Il tocco dell'acqua le regalava un piacere amaro misto a sofferenza che piano piano stava prendendo parte di lei.
Poi si specchiò. Gridò, il suo cuore trafitto da una tristezza senza fine.
Quattro grandi segni rossi erano spuntati sulle sue guance infantili, marchiandole il volto ormai più simile ad una maschera infantile che ad un faccino da bambina.
Il suo bel visino era stato deturpato da quelle cicatrici di fuoco.
Talitha deglutì e cadde bocconi a terra.
Piangeva e, frammisto ai singhiozzi, delirava:
-Stupido mondo, io ti odio. Ti odio!
Poi, si asciugò le lacrime e alzò la testa. I suoi occhi gialli, che prima trasmettevano allegria e vivacità, ora erano penetranti, famelici, dentro cui si poteva scorgere una malignità senza confini. Il fuoco era divampato nell'animo della fanciulla fatta di fiamme e l'aveva divorata fino al più profondo angolo della propria essenza, lasciando dietro di sé le sue ceneri dalle quali era risorta una creatura spietata.
La sua smorfia di dolore si trasformò in un piccolo ghigno.
-La vecchia Talitha ormai non esiste più!
E scoppiò a ridere. Una risata grottesca, per niente paragonabile a quella della dolce bambina di poco prima, che mai più sarebbe ritornata.
Era la fine, dunque.
O forse, solo l'inizio.

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