Chapter 3 // {Welcome To Our Big Family}

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Melanie's POV.

Quando tutti i figli di Nathan si presentarono davanti a noi, spalancai gli occhi dalla sorpresa. Ed il perché era semplice... erano cinque figli, cavolo! Non avevo mai avuto un fratello minore ma non intendevo di certo averne cinque tutti all'improvviso; anzi, forse quattro perché quel ragazzo a destra era davvero molto alto- più di me sicuramente, non ero tutta questa altezza nonostante la mia età- ed inoltre andrò nella sua stessa scuola quindi dovrebbe avere più o meno la mia stessa età. Sembrava felice di giocare con i suoi fratellini... Sperai solo sarebbe stato educato e simpatico anche con me altrimenti insieme ad altri quattro bambini sarei diventata pazza!

Scacciai via dalla mia mente quei pensieri e tornai nella realtà quando sentii Nathan schiarirsi la gola per poi parlare ai suoi ragazzi. Velocemente diedi un'occhiata a mia madre che non sembrava così scioccata come lo ero io qualche momento fa, bensì era felice e le brillavano gli occhi. Almeno da quel momento in poi non me la sarei dovuta sopportare tutto il tempo io, pensai.

«Ragazzi state un poco calmi! Non è di certo il modo giusto di presentarsi a persone nuove.» esclamò per rimproverare tutti e quattro i ragazzi che avevano iniziato a giocare o a litigare. Aspettate... ma non erano cinque i suoi figli? Si, lo erano ma non trovando quest'ultimo tra i ragazzi che si stavano scusando tra loro per qualche pugnetto iniziai a cercarlo con gli occhi, guardando un po' ovunque. Ed eccolo, anzi eccola. Era una femminuccia e suppongo fosse anche la più piccola dato il suo corpicino minuto. Si era appesa alla gamba di Nathan ed Ellen le si avvicinò per calmarla quando tutte quelle grida finirono. Disse con voce leggera, che a stento riuscii ad udire, che odiava quando i suoi fratelli litigavano; almeno aveva qualcosa in comune con me dato che detestavo litigare o anche solo assistervi.

«Adesso va meglio. Su Jessica, vai da Dylan.», Nathan le idicò il ragazzo e lei lo raggiunse. Era un nome davvero carino, come lei ovviamente. Vi erano due dei quattro ragazzi che sembravano avere circa la stessa età, anche se uno era un po' più alto. E l'ultimo sembrava essere di qualche anno più grande. Così i bambini iniziarono uno ad uno a presentarsi e nel frattempo potevo vedere Dylan che di tanto in tanto mi buttava qualche occhiata e lo sorpresi anche ad analizzare tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi. Abbastanza imbarazzante, si.
Quindi la più piccola era Jessica- come pensavo- ed aveva 4 anni; Jacob ed Edward erano invece gemelli ed avevano 8 anni; il ragazzo più grande, William, ne aveva 11 ed infine c'era Dylan, che tra poco ne avrebbe compiuti 19 quindi era più piccolo di me. Nathan, con questa scusa dell'imminente compleanno del figlio, decise, sue parole testuali - per ambientarti meglio e per conoscervi più a fondo Melanie, tu aiuterai Dylan a preparare la sua festa di compleanno che si terrà qui in casa- di farci lavorare "in squadra", ma a me questa idea non entusiasmava molto... avevo come il presentimento che qualcosa sarebbe andato storto...

«Bene, detto questo Dylan accompagna Melanie nella sua nuova stanza ed aiutala a portare i bagagli. Senza fare storie.» impose Nathan con sguardo abbastanza serio.
Fermi tutti. Questo non fare storie cosa significa?
Dylan sbuffò e prese la valigia più piccola, lasciando a me quella più pesante. Che stronzo.
«Hey principessina, non stare lì ad aspettare il principe azzurro e prendi i tuoi bagagli! Ho altre cose più importanti da fare.» sibilò Dylan tutto seccato.
Ora inizio a capire a cose si riferisse suo padre, povero lui...
«Cerca di essere un po' più gentile, sono una ragazza! E poi potevi prendere almeno la valigia più grande... è un mattone, uffa.», sbuffai.
«Mettiti solo questo in testa: io non sono gentile e non faccio il maggiordomo. E di sicuro non sarò gentile con una sconosciuta viziata come te!». Sul serio? Io viziata, vero? Io che ho perso tutto?
Lasciai correre.
Ci avviammo verso le scale ed iniziammo a salire al piano superiore, nessuno si lamentò di noi dato che la stanza che avevamo appena lasciato era ormai vuota.
Evitai di rispondere, non volevo litigare proprio in quel momento. Ero troppo stanca e il mio corpo voleva solo un letto su cui riposarsi. Avevo viaggiato per quasi un giorno intero e mi spettava proprio un po' di relax.
Ci ritrovammo difronte una porta chiusa e supposi fossimo arrivati alla mia stanza.
«Ci si vede.» disse Dylan in tono freddo e se andò, lasciando accanto alla porta il mio bagaglio. Aprii la porta e la stanza era semplicemente fantastica. Le pareti erano bianche mentre le tende della finestra erano lunghe e di un biege chiaro. Il letto era ben sistemato e ricoperto da un leggero tessuto bianco, con due cuscini bianchi come il lenzuolo ed un altro quadrato di color tortora abbinato ad una copertina più pesante posta ai piedi del letto. L'armadio, il comodino, la scrivania e la sedia erano tutti bianchi e questo mi piaceva molto. Era come dire la stanza dei miei sogni, lasciata semplice per avere la possibilità di arredarmela a piacere mio. Il pavimento era costituito da una moquette di un colore tra il bianco e il beige, che non ho mai avuto.
Poggiai le valigie accanto al letto, le avrei sistemate tra un po'. Mi tolsi le mie adorate vans nere che poggiai ai piedi del letto e posai la borsa sopra di esso. Mi girai in direzione della finestra, che più che finestra era una porta, per poi guardare attraverso il vetro e scoprire che, oltre al bellissimo panorama che si poteva vedere da essa, vi era una piccola terrazzina. Subito aprii la porta e, nonostante fossi solo con le calze, uscii. Vi era un tavolino di vetro davvero carino ed una sedia che non sembrava essere così comoda infatti la provai, soltanto per confermare la mia intuizione, e feci una smorfia di delusione. Il pavimento era normale, come tutti gli altri, mentre la ringhiera era con lastre di vetro, davvero moderna. Stetti per qualche minuto a bearmi del panorama: sotto si trovava la piscina, enorme, con le sdraio, due ombrelloni e una doccetta da giardino; la parte di giardino che si poteva scorgere era delimitata da una recinsione che prendeva una parte di boschetto dove vi erano delle sedioline basse e all'apparenza molto comode, perfette per leggere.
Avrei passato tutte le mie giornate lì o sotto quegli alberi, era una villa fantastica. Rientrai chiudendo la porta e mi sentii come a casa quando coi piedi sentii quella morbidezza provocata dalla moquette che già amavo.
Presi il telefono dalla borsa, che poggiai sul comidino, e feci partire da Spotify della bella musica della mia cantante preferita: Ellie Goulding. Misi anche il telefono sul comidino e Dio solo sa come ci entrarono tutte quelle cose in uno spazio abbastanza piccolo.
Presi la prima valigia, la più grande, e la aprii. Iniziai a sistemare tutto in quel bellissimo armadio, era enorme: aveva due piani su cui appendere i vestiti, due cassetti di sotto, nel lato sinistro in basso si potevano mettere le scarpe mentre di sopra altri ripiani per riporre i vestitu ed infine, nel lato destro, vi erano sono due quadrati uno accanto all'altro in cui mettere varie cose e di sopra sempre altri ripiani. Il tutto era di fuori bianco e di dentro di un legno grigiasco.
Finito di sistemare tutto, mi buttai nel letto e subito mi addormentai, con la musica a cullarmi.

You & I // {Niall Horan}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora