Era nella sala d'aspetto ormai da tre ore, ma non era ancora arrivato il suo turno.
Quella mattina erano partite praticamente all'alba, per Natasha non era stato un problema visto che era stato sveglia tutta la notte. Aveva ripensato alla sua conversazione con Julia, ma soprattutto a ciò che le aveva detto prima di andarsene "pensavo che fossi diversa", Natasha si era girata quella frase nella testa fino a cominciare ad odiarla. Ma soprattutto odiava Julia per i dubbi che le aveva inculcato, ora non sapeva più se avrebbe potuto continuare e cercava una via di fuga.
Ma ormai era tardi, nella sala d'aspetto, non poteva più fare nulla, se non rassegnarsi a ciò che l'attendeva una volta finito.
Natasha si girò per cercare di vedere l'ombra del dubbio anche nelle ragazze rimaste. I loro volti erano indecifrabili, avevano un'espressione persa, ma cosciente degli avvenimenti che sarebbero accaduti poco dopo.Lungo il corridoio risuonarono dei passi, e poco dopo arrivò l'infermiera <Signorina Romanoff è il suo turno>, disse quella frase con un tono troppo felice, dato ciò che stava per accadere, Natasha le lanciò uno sguardo che le cancellò il sorrisetto sul viso.
Insieme si diressero in una prima stanza, dove si spogliò, la pesarono e misurarono.
Dopodiché, l'infermiera le diede un camice leggero da avvolgersi attorno e la fece accomodare davanti ad una scrivania <Dovresti firmare questi documenti, in modo da escludere l'ospedale da ogni responsabilità>. Natasha firmò, non potera fare altro.
L'infermiera si diresse verso la porta e la invitò a seguirla. Arrivarono in una sala piena di macchine mediche e la fece stendere su una barella. Poco dopo da una porta uscì quello che doveva essere il medico ed esortò l'infermiera ad entrare in sala operatoria.
Era lì, le dicevano di fare respiri profondi in modo da inalare bene l'anestesia, lei repirava, non voleva rischiare di svegliarsi a metà operazione.
A poco a poco le immagini cominciarono ad offuscarsi fino a piombare nel buio assoluto.