Capitolo 2

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Passò molto tempo, ma la ragazza sembrava morta, non muoveva un dito da quel momento, ma...

Spalancai quei enormi occhi azzurri, ormai rossi per la stanchezza. Vidi lo stesso cielo che scrutai così tanto dalla terrazza di casa mia. Nello stesso momento sentii un urlo, ma non lo stesso urlo che avevo sentito la prima volta. Era più cupo, marcato. Così mi rammentai di tutto quello che era successo. Le urla. Il silenzio. I corvi e lo stordimento. E mi alzai dalla strada umidiccia ed ormai deserta, con uno scatto velocissimo da balzare subito in piedi. Sentii una serie di striduli acuti e lisci. Li seguii, arrivai in una specie di parcheggio isolato, con una o due macchine vecchie, rovinate dal tempo. Come se fossero state messe lì per una mostra d'antiquariato. Percorsi quella strada con passo lento, per osservare con attenzione il luogo. Arrivai in una casa abbandonata, e lì vidi qualcosa che mi fece sobbalzare in aria. La puzza acre che sapeva di rame bruciato, mi fece arrizzare il naso. Solo dopo aver guardato con attenzione realizzai che erano corpi di persone, ormai morte. Ed un colpo di ansia mi fece raggelare il cuore. Mi coprii la bocca e il naso con l'avambraccio, e cercai di uscire fuori in fretta. Ma la porta si chiuse di scatto, sbattendo così forte, da far cadere briciole dal tetto in legno sopra la mia testa. La stanza diventò buia come la pece. Mi spaventai, ero terrorizzata, in quel momento non capii cosa stesse succedendo, ma mantenni la calma, nonostante il cuore pulsava velocissimo dalla paura. Non sentii nulla, il vuoto. Il buio oramai era sparito, poiché l'occhio si era abituato alla visione di quelle misere quattro mura. Ma ancora avevo in mente quell'immagine di corpi decomposti, la puzza amara del sangue. Tutta la stanza si riempii di foschia; si sentiva il vento che faceva sbattere i rami degli alberi nel muro della casucola. Mi incamminai verso la porta con la speranza di riuscire a fuggire. Impugnai la maniglia, girai verso sinistra, ma niente, verso destra, niente. Non si apriva. Cercai di prendere qualcosa per aprire, non trovai nient'altro che un coltello mal andato, un'ascia e una catena. Presi la cosa più ovvia per aprire la porta, l'ascia. Così cercai di infilzare l'arma nel legno secco più e più volte. Spaccandola. Da lì dentro intravedevo il cielo grigio. E il buio. Ma la puzza mi fece distogliere lo sguardo e continuai la mia fuga. Così esposi la mano fuori. Nell'umidità della notte. E cercai di girare la maniglia, finalmente si aprii e uscii fuori, nell'oscurità. Il sudore mi bagnó gli occhi, deglutii, la mia gola secca chiedeva pietà. Impugnai fortissimo il coltello, e mi misi a camminare. Sentii un rumore provenire dai cespugli dietro di me. Mi voltai per vedere se c'era qualcuno. E mentre ero girata, davanti a me, un individuo sporco, ricoperto di sangue, con addosso degli stracci bagnati di sudore, mi saltò addosso e mi fece cadere, impugnandomi il collo con le sue mani sporche di terriccio, cercando di strozzarmi. Gridai per lo sforzo, cercai di prenderlo a pugni e calci in ogni direzione. La sua bava sudicia mi colava sul viso gonfio e rosso, per la mancanza d'aria. Sentivo l'odore sgradevole di denti ammuffiti. Ma riuscii a dargli una ginocchiata nelle costole. E cadde per terra. Mi misi seduta, e recuperai ossigeno. Lo strano individuo si teneva con entrambe le mani le costole del lato destro, che gli avevo quasi frantumato. Mi alzai in piedi, recuperai il coltello caduto, e glielo conficcai dritto nel cuore. Vidi velare gli occhi di quello strambo, piano piano velarsi della morte. Mi sentii in colpa. Ma dovevo andarmene. E il più veloce possibile. Scrostai il pugnale dal petto di quel mostro. Continuavo a formulare domande, senza trovare risposta. Cosa ci faceva qui quel tizio? Che voleva da me? E chi era? Sembrava star molto male. Quardai quel corpo immobile, con la minima attenzione, vidi che aveva le pupille dilatate, e l'iride color biancastro. Quasi si confondeva con la sclera. La pelle era opaca. Andava dal bianco perla al verde, si notavano vene viola fuoriuscire dal corpo. Non aveva capelli. Dalla bocca gli colava saliva mischiata con sangue. Era praticamente ricoperto di un liquido rosso sanguigno, era inquietante. Quel tizio voleva uccidermi. Voleva la mia carne. Era mezzo uomo e mezzo animale. Era uno zombi.

THE DARK TOWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora