CAPITOLO TERZO
Sono le nove di sera ed è da stamattina che lavoro, con scarsi risultati.
In teoria è facile trovare un hacker.
Questi ultimi lasciano nei propri computer vari indizi, che possono essere capiti solo da persone che se ne intendono di tecnologia.
Fondamentalmente si tratta di codici comuni a tutti gli hacker, ma che non dicono nulla a una persona normale.
Lasciano link sparsi tra i file più importanti, senza un ordine preciso, che indirizzano su normalissimi siti.
Ma, se sei un esperto in materia, è facile inserirsi in altre pagine, dove viene spiegato il modus operandi del proprietario del computer.
Queste pagine servono a creare varie collaborazioni fra hacker con talenti diversi.
Invece, un bravo hacker, lascia indizi molto più criptici, e non è facile superare i vari ostacoli che portano alla parte della memoria del computer che mi interessa, quella dove si trovano le informazioni più importanti.
Mi spiego meglio: in questi ultimi anni i telefoni sono scomparsi, lasciando spazio ai pc.
Questi ultimi si sono piano piano evoluti fino a contenere ogni singolo dato riguardante il possessore del dispositivo. Il motivo è semplice; di questi tempi il governo non si fida di nessuno e perciò ritiene molto utile immagazzinare ogni singola informazione utile di ogni persona in un unico computer, bandendo cellulari e tablet.
Così facendo ha sotto controllo tutta la popolazione americana.
Quello che però il governo non ha previsto è che il suo piano gli si sarebbe rivolto contro.
Infatti, alcuni giorni dopo, moltissime persone hanno capito come approfittare della situazione, diventando hacker e utilizzando ogni piccolo dettaglio per approfittare della situazione.
Ad esempio, anche l'hacker più mediocre riuscirebbe a ottenere i codici delle varie carte di credito, guadagnando un mucchio di soldi con un semplice click.
E la gente comune non può fare nulla per evitare queste situazioni: è obbligata a tenere questi dati sul proprio portatile.
E questo problema, unito alla guerra, sta minando profondamente la fiducia della nazione per il governo, provocando uno sconforto collettivo.
Naturalmente io non ho nessuna di queste informazioni nel mio portatile.
O meglio, le informazioni sono fittizie; secondo quest'ultime io sarei un impiegato di mezza età con tre figli e un barboncino.
Comunque la ragione fondamentale per la quale non riesco a trovare un hacker professionista, a parte il fatto che non sono in molti e che la soglia di età dev'essere entro i diciassette anni dato che Nightmare non lavora con adulti, in quanto meno facili da controllare, è che non voglio rovinare la vita a un altro ragazzo.
Infatti, anche se nessuno me lo ha detto, è ovvio che dopo averlo rintracciato Nightmare lo recluterà in quella che ormai considero una prigione.
Non voglio rovinare la vita a uno sconosciuto, ma neanche morire.
Sono talmente immersa nei miei pensieri che non mi accorgo di Avery, che mi guarda dall'altra parte della stanza con aria arrabbiata, fino a quando non mi dice: <<Hai intenzione di continuare a ignorarmi?>>
Faccio una specie di salto per la sorpresa, facendo cadere il computer dal letto su cui sono sdraiata.
Lo raccolgo con la faccia più rossa dei miei capelli e borbotto: <<Non ti stavo ignorando>>
<<Lo so! Volevo solo farti spaventare.>> mi risponde con un sorriso furbo e viene a sedersi vicino a me, raccogliendo il portatile.
Non sembra più arrabbiata, ma d'altronde Avery è sempre stata molto più indulgente di me.
<<Trovato qualcosa? >> mi chiede.
<<No. E comunque mi spiace per stamattina>>
<<Non è un problema>> dice, ma c'è ancora un filo di risentimento nella sua voce.
<<A proposito,>> continua, senza dare peso alle mie scuse <<Nightmare vuole che tu continui comunque il tuo lavoro>>
<<Lui vuole che trovi un hacker professionista in una settimana e pretende anche che finisca di controllare i vari computer della popolazione che vive nella parte nord del Bronx? >> sbotto, sbalordita.
<<Esatto>> Avery non mi guarda, ma so che si aspetta un'altra sfuriata.
E non viene delusa; mi alzo subito dal letto, facendo cadere di nuovo il computer e mi fiondo fuori dalla stanza, diretta verso l'ufficio di Nightmare.
Sto per bussare alla sua porta, ma vengo interrotta da una voce appena dietro di me che mi chiama.
Mi volto e vedo Andrew, il mio compagno di postazione che mi guarda con la stessa aria di compassione di stamattina.
È un bel ragazzo, con gli occhi azzurri grandi e profondi e i capelli nerissimi.
E potrebbe anche piacermi se non fosse costantemente preoccupato per me; è come se si fosse autoproclamato mia guardia del corpo personale, oppure mio principe azzurro con cavallo bianco e altre cose decisamente troppo sdolcinate.
<<Cosa c'è, Andrew?>> gli chiedo, sperando di non ricevere una ramanzina sull'importanza di non mettersi nei guai e cose simili, lezione che in quindici anni di vita non ho ancora minimamente afferrato, a detta sua.
<<Cosa ci fai qui?>> mi chiede.
Vorrei raccontargli una balla, in modo da evitarmi la sgridata che sarebbe assicurata considerando che sto praticamente per fare irruzione nell'ufficio del mio capo senza permesso, ma non riesco a resistere ai suoi occhi da cucciolo smarrito e così confesso: <<Voglio parlare con Nightmare. È escluso che io cerchi un hacker e che debba svolgere il mio lavoro al tempo stesso. Già una settimana è pochissima, se poi devo anche...>>
Continuerei così per ore, ma Andrew mi interrompe: << Madison Ross, non osare entrare in quella stanza! Sai bene che non sai controllarti e finiresti per combinare un altro disastro, peggiorando ancora di più le cose. Vuoi forse morire? Sai che la posta in gioco è alta, e mi faresti un grosso favore se la smettessi di cacciarti in un guaio più grande dell'altro. Sono stanco di continuare a sgridarti, non sei una bambina e dovresti iniziare a comportarti da adulta, prendendoti le tue responsabilità!>>
Lo guardo con tanto d'occhi, stupita dal suo discorso, ma ancora di più dal fatto che ha perfettamente ragione.
Le sue parole fanno male, ma sono vere.
Perciò mi giro e torno in camera, non senza averlo ringraziato ed essermi guadagnata un'espressione di piacevole sorpresa da parte sua; evidentemente pensava che avrei fatto di testa mia.
Ma forse è davvero ora che la smetta di essere così testarda, forse devo sul serio cercare di comportarmi meglio se voglio sopravvivere senza essere costantemente sul filo del rasoio.
Apro la porta della stanza, trovandola deserta.
Evidentemente Avery è andata alla mensa per cenare, normalmente mangia sempre tardi.
Mi ripeto le parole di Andrew nella mente e prendo il computer; per una volta farò quello che mi è stato detto.SPAZIO AUTRICE
Finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Comunque, vi volevo dire che, se avete qualche critica e/o suggerimento da darmi sono assolutamente ben accetti, e, se questo capitolo vi è piaciuto schiacciate la stellina, se no vi autorizzo a picchiarmi per quanto faccio schifo!
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Hacker
Ficção CientíficaNel pieno della terza guerra mondiale, dove America e Europa sono una contro l'altra, Madison Ross, quindici anni, lavora per una società di hacker contro la sua volontà, che rivela all'Europa informazioni sulla strategia bellica americana. Un gio...