Capitolo 5

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Come avevo fatto a non accorgermene prima?! Era iniziato tutto da lì, da quel giorno sulla Jolly Roger, durante il mio quasi arruolamento coi pirati, alla morte di Trilli...

Lì, dopo lo scontro, costretta da Uncino avevo regalato -anzi no, donato- il mio Bacio a Peter, il nostro ditale.

E lui era esploso.

Ecco perché le cose erano cambiate per lui! Ero stata io: baciandolo l'avevo indissolubilmente legato a me; e con me era cresciuto, aveva cambiato aspetto, era maturato. Come me. Il tempo sull'Isola doveva aver iniziato a scorrere o esisteva indipendentemente da Peter. Che non fosse più un tutt'uno con l'Isola?

«Credo di aver capito, Peter» gli dissi un mattino. Avevamo dormito sulla spiaggia e le onde del mare ci avevano cullati sotto le stelle. Lui si appoggiò su un gomito e mi fissò con gli occhi pieni di luce.

«Che cosa hai capito?» appena sveglio i suoi capelli erano ancora più scomposti del solito, la tentazione di sistemarli era fortissima, ma costrinsi la mia mano a rimanere accanto al fianco.

«Tu avresti dovuto rimanere bambino. Per sempre. Il tempo non esiste qui...»

«Ed è così; però io non sono un bambino» c'era un velo di rimorso dietro a quello sguardo, come se ci fosse ancora tristezza nascosta. E lo capivo. Lo capivo benissimo, era pur sempre stato l'Eterno Bambino fino a quattro anni prima!

«Esattamente... credo che sia colpa mia» lui si agitò ma lo quietai con un gesto della mano «del mio Bacio. Quando credevo che fossi spacciato, io ti ho baciato, ricordi?» lui annuì «In quel bacio io avevo riposto tutti i miei sentimenti, e il desiderio di tenerti sempre con te, ovunque. Credo di averti in qualche modo legato a me, così che saresti sempre stato con me anche stando lontano.»

Peter mi ascoltò attentamente «Quindi se non fossi tornato, avrei potuto diventare uomo senza accorgermene e sarei morto!» fece un verso di schifo e io risi ma non ero felice l'umore di Peter era peggiorato in un lampo, il cielo si stava oscurando.

«Meno male che sei tornato, Peter.» ci alzammo e andammo verso l'accampamento degli Indiani per parlargli dei nostri pensieri. Il fatto che non volasse la diceva davvero lunga su ciò che provava in quel momento. E io non riuscivo a guardarlo in faccia.

«Quindi sei stata tu...» pensavo mi stesse accusando, incolpando, così nascosi lo sguardo abbassando il viso ancora di più. Avrebbe avuto tutte le ragioni per odiarmi adesso: se era davvero come temevo, allora ero stata io a portargli via l'immortalità, l'infanzia, il divertimento per sostituirli con cose come il tempo. Non era stato un bell'affare...

Camminammo insieme ma distanti fino alla tenda del Capo degli Indiani; Peter ebbe udienza con lui, da solo, e gli espose tutte le nostre teorie sperando in un consiglio o in un chiarimento sulla faccenda.

« Giovane Pan tu non hai più il dono del Tempo; l'Isola lo sente, lo avverte, e reagisce. Giovane ragazza te tolto tutto... mortale tu sei ora e nulla potrai fare. La scelta è tua però: rimani o vattene. Se prima l'Isola non poteva vivere senza di te, ora può, perché tu all'Isola non sei più legato. Ma a lei» disse indicando me «Se crescerà, crescerai. Se morirà, morirai. Il luogo di tutto questo e le circostanze sono una tua scelta, giovane Pan...» poi gli sussurrò qualcos'altro e si ritirò nella sua tenda.

Peter non volle dirmi cos'altro gli aveva sussurrato e decisi di non insistere.

Mi avvicinai al ragazzo sperando in qualche parola che non arrivò «Dunque adesso sei mortale Peter... mi dispiace così tanto.» una lacrima scese sulla mia guancia. Peter non riusciva a guardarmi.

«Non ho più nulla, mi hai portato via tutto.» un tuono rimbombò nel cielo plumbeo «Wendy mi hai portato via tutto!» non lo disse con cattiveria né con rabbia, e la calma con cui pronunciò quelle parole mi ferì più di una spada.

Once upon a time in NeverlandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora