Prologo

141 2 0
                                    

"Jordan."

"Amore, dimmi." E mi sorrise, e io in quel momento mi sentì così meschina, così egoista.

Come potevo rovinare la felicità di una persona per colpa del mio stupidissimo ego spropositato, perché si trattava di questo. Che diritto avevo io di ferire una persona così buona, dolce, una persona che mi amava.

Non volevo ferirlo, ma nemmeno illuderlo, inevitabilmente non lo amavo più. Inevitabilmente.
Era davvero inevitabile tutto questo? Era davvero inevitabile lui? Lui che non mi avrebbe mai amato come Jordan, lui che probabilmente nemmeno sapeva cosa fosse l'amore, lui che voleva giocare, divertirsi. Ed io, così stupida, ingenua, ceca.

Era sbagliato, lo sapevo, ma non volevo continuare quella messinscena quando in realtà gli unici occhi che sognavo non appartenevano alla persona che avevo davanti, quando le labbra che bramavo non erano più le sue, quando le mani che desideravo mi toccassero erano altre.
E piangevo, davanti a Jordan. Rabbia, delusione, ribrezzo, paura, tutto.

"Mi dispiace, perdonami" ripetevo fra i singhiozzi, perché faceva male. Faceva fottutamente male.

"Non ti amo più." E la bomba era stata sganciata.
"Non voglio illuderti"
"Sono una stupida"
"Non doveva succedere"

E solo dopo mi accorsi che non erano quelle le parole che lui voleva sentire, me ne accorsi soltanto quando lo guardai negli occhi, in quei suoi bellissimi occhi che ormai non mi appartenevano più, me ne accorsi soltanto quando se ne andò lasciandomi sola.

Aveva capito tutto da tempo ormai, e sorrise Jordan, sorrise. Di uno di quei sorrisi che ti lasciano l'amaro in bocca. Era così che ci si sentiva a vedere l'amore della propria vita essere strappato dalle mani.
Colpa sua, pensò. Colpa sua.

HeartbeatDove le storie prendono vita. Scoprilo ora