Capitolo IV

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La felicità si posteggiava in un secondo piano. Ogni cosa la vedevo spenta, ogni cosa non aveva più senso e tutto per nulla. Mi stavo facendo condizionare dalla spasmodica voglia di conoscere una nuova persone e questo mi aveva spinto ad autodistruggermi. 

Erano dei sentimenti mai provati prima, verso una persona, e mi sentivo attirato incondizionatamente. Provavo un senso di nostalgia nelle cose, mi piaceva anche sentire la sua flebile voce in un messaggio vocale. C'era qualcosa che stava cambiando. Qualcosa in lei stava cambiando.

Lei aveva qualcosa che non andava, e questo mi colpiva in prima persona. Non la sentivo più come una volta, non era presente. Mi stava scivolando dalle mani, e stava permettendo all'elio di trasportarla nel vasto cielo invarcabile. E già mi immaginavo di vederla come un palloncino, di quelli colorati, che si libra nella volta celeste effettuando una singolare danza ed innalzandosi fino a dove la pressione lo avrebbe reso possibile. Per poi perderla di vista, e vedere solamente i pezzi rimanenti del suo materiale cadermi nelle vicinanze. E in quel momento pensai veramente di averla persa, anche se non l'avevo mai avuta.

Forse stavo entrando troppo in una situazione che non mi apparteneva, ma anche girare per casa mi risultava scomodo.  Vedere i miei due coinquilini mi creava disagio. Avrei potuto essere anche io al loro posto, ma evidentemente la fortuna ancora non aveva bussato alla mia porta. Ed in questi casi riuscivo a notare ancora di più le coppie, che un tempo sfuggivano alla mia vista.

Erano già due settimane che la mia musa era scomparsa. Granger ormai aveva perso la sua immagine, e risultava sfocata ai miei occhi. Il fatto di non riuscire più a sognarla mi faceva rendere conto di quanto cominciassi a perdere il controllo dei sensi.

La mia vita dipendeva dal suo respiro, quando lei non era che una semplice amica per me, peccato che io non la vedevo come tale. L'avrei vista come una perfetta fidanzata, ma non riuscivo ancora a definire per bene la situazione.

Lei da quel lontano giorno aveva innalzato un muro di cemento armato sulla mia mente. Non mi aveva permesso di avvicinarmi come una volta, e la parte più bella era che io fossi ignaro di cosa stesse realmente accadendo.

Ormai vederla a scuola era tragico, perchè lei a malapena usciva dalla classe e se avevo l'opportunità d'incontrarla nei corridoio l'atmosfera diventava gelida. Lei guardava dritto, come un cavallo con i paraocchi, ed io cercavo risposte nel suo sguardo con scarsi risultati.

- Ohi! Noi stiamo uscendo, ti va di venire con noi? - disse il mio coinquilino. Ero chiuso nella mia stanza, ed era una solare giornata d'autunno. Il vento raggelava l'aria ed il bello in questi momenti era di rimanere a casa al sicuro.

Ci misi qualche secondo per decifrare le parole del mio caro amico, quando lo vidi sull'uscio della porta. Era già pronto per uscire, mentre io stavo da giorni sul letto con il pigiama a lesionarmi i pensieri.

- Ale, grazie veramente! Ma preferisco stare a casa... - non mi girai nemmeno a guardarlo. Mi stavo facendo veramente del male e non ero consapevole che sarei crollato da un momento all'altro. Ero ancora immaturo sotto quel punto di vista, non mi rendevo conto che continuando con quella scena mi sarei perduto.

Sentii la porta chiudersi. Quel rumore mi diede fastidio, ma non gli diedi troppo conto. Mi alzai e mi guardai allo specchio. Non sembravo più io, mi vedevo diverso. Non che fossi cambiato a livello strutturale ma vedevo una luce diversa nei miei occhi.

La mia stanza era ancora buia, a causa della persiana abbassata. La finestra era aperta e si sentiva il gelo che penetrava nelle mie ossa, ma quella sensazione era gradevole. Avevo messo apposto tutto ciò che c'era da riordinare e avevo ripulito tutti i mobili ed il pavimento, permettendomi di avere una giornata libera.

Una giornata dove non avrei trovato sicuramente nulla da fare, che avevo voglia di rendere diversa.  Accessi il mio telefono e ricontrollai la sua conversazione con l'ultimo accesso. Era sveglia, ma non potevo scriverle. Non dovevo permettergli di prendersi gioco dei miei sentimenti ma c'era una tentazione troppo forte.  Fremevo ogni volta, e tentavo di scrivere qualcosa di logico ma risultavo ridicolo. Qualche volta lo feci per puro desiderio ma lei mi respinse con estrema tranquillità. Era veramente cambiata.

- Devi lasciarla perdere.. - non avevo una faccia convincente. - Così non mi potrebbe credere nemmeno un bimbo di tre anni, pensa so posso farlo credere a me stesso. -

Cominciai anche a pensare ad alta voce ed ogni tanto a commentarmi davanti lo specchio, giusto per sembrare leggermente più inusuale del solito. Decisi di fare colazione, e con estrema calma mi vestii per uscire. 

Non mi importava principalmente cosa indossassi, ma cercai di coprirmi al meglio da quel freddo. Presi le chiavi ed uscii dal mio palazzo.

Il paesaggio era un'attrazione unica ai miei occhi. Ovunque camminavo potevo ritrovarmi ai piedi immense distese di foglie secche di color arancione, rosso o marrone chiaro. Erano quei colori che mi illuminavano e mi accendevano la giornata, permettendomi di sorridere anche con una drastica situazione atmosferica.

Le pozzanghere formate dalla pioggia della notte prima erano ancora presenti, e facevo di tutto per evitarle.

Non avevo una destinazione, ma camminare mi avrebbe fatto bene. L'aria era leggera e non disturbava il freddo. Le persone come al solito erano indaffarate a correre o a parlare dei loro fatti. Mi sentivo fuori luogo, tutti che sembravano in sintonia con loro stessi. Gli alberi avevano tutti un colorito accesso oppure erano completamente spogli.

- Non preferivi rimanere a casa? - mi sentii dire da dietro. Mi girai per guardare ed erano i miei due coinquilini mano nella mano. Mi facevo pena da solo, e guardare anche loro in questa situazione mi rendeva tutto più complicato.

- Ho bisogno di prendere un po' d'aria. Ultimamente mi sto mummificando sul letto, devo fare qualcosa. - dissi abbassando lo sguardo. - Comunque penso di ritornare alla mia passeggiata quindi vi lascio da soli, non voglio rubarvi qualche altro minuto in più. -

Li guardai negli occhi e sorrisi.

- Sei sicuro? - mi guarda Alessandro con incertezza. 

- Non ne sono certo.. ma per il momento voglio stare un po' da solo. Ci vediamo tra poco a casa! - 

La passeggiata non durò più di tanto, il tempo che cominciai a sentire un lieve dolore alle gambe che decisi di ritornare a casa.

***

- Qual'è il problema? -

- Il problema è lei! Sono due settimane che sto male, solamente perchè lei da quel famoso giorno non mi ha più parlato. Ho cercato di riallacciare i contatti ma mi ha sempre risposto male e con aria fredda, e sto male. Sì, sto male perchè l'unica persona che al momento desideravo non c'è più... - dissi con rabbia.

- Ma tu sai cosa prova lei per te? - mi chiese Alessandro con estrema calma.

- Non ne ho idea ed è questo che mi sta distruggendo. Il desiderio di sentirla, di parlarle e di saperlo. Mi sto auto distruggendo e non so nemmeno per quale motivo. Lei è cambiata, da una persona è diventata totalmente l'opposta... - 

Improvvisamente mi squillò il cellulare e lo schermo si illuminò mostrandomi il suo nome. Non feci nemmeno in tempo ad aprire che mi ritrovai davanti un messaggio inaspettato.

"Sono stata male per miei problemi e la felicità non è tornata, tantomeno la voglia di parlare in questo momento. Volevo solo chiederti scusa, perchè ti ho trattato come un cane. Ciao Marco.."

Guardai Alessandro e sorrisi.

Una minima speranza ancora c'era e si era appena presentata.




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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 23, 2015 ⏰

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