Capitolo I

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La mia vita stava per cambiare totalmente. Mi sentivo ancora piccolo, indifeso e senza forze. Era il mio ultimo anno sia nell'impiego scolastico che in quell'artistico della Danza. Avrei finalmente fatto il mio secondo giro di boa e mi sarei ritrovato in un oceano infinito e pronto per essere esplorato. Ma in aggiunta a questi due obiettivi finali avrei dovuto lasciare la mia dimora. Avrei dovuto salutare per un anno le mie colline, il mio balcone, la mia stanza e per ultima, ma non meno importante: la famiglia. Non ero mai stato via di casa più di quattro giorni, ed il solo pensiero mi elettrizzava. Non riuscivo bene a comprendere se fosse entusiasmo o paura di non farcela da solo. Ma di una cosa ero certo, dovevo abituarmi. Era tutta una questione di abitudine, al posto dei miei familiari avrei visto i miei coinquilini ed avrei vissuto le mie esperienze con loro, o almeno in parte.

Sarei andato a vivere con miei due compagni di danza, in realtà era una coppia ma questo poco era rilevante. Lui era il mio migliore amico e lei era una ragazza che conoscevo da quando ero piccolo ed ero entrato per la prima volta in quella prestigiosa scuola. Erano una bella coppia, e visto che coinvolgeva il mio migliore amico questo avrebbe reso il tutto più difficile. Ero abituato, un tempo, a condividere tutto con lui ma ormai il tempo era quello che mi ritrovavo e sinceramente non potevo lamentarmi. Sicuramente in fattori di tempistica non potevo pretendere molto ma sostanzialmente l'amicizia era rimasta tale, e di quello ne ero grato.

Era una mattinata nuvolosa e sentivo l'odore della pioggia inoltrarsi nelle mie narici. Per essere una delle prime giornate di Settembre, le temperature era drasticamente calate. Il maglioncino però mi avrebbe difeso dalle ventate gelide che l'aria generava. Dopo aver fatto colazione ed essermi sistemato, presi la mia Eastpak blu a tracolla e decisi che era ora di andare. La casa nuova non mi aveva colpito più di tanto, mi sembrava tutto così naturale e normale che non ci feci nemmeno caso.

Appena mi ritrovai sul ciglio della strada e la pioggia cominciò a colpirmi. Sembrava una delle precipitazioni Londinesi, le gocce erano fine e si sentivano a malapena sulla pelle. Adoravo l'aria umida dell'autunno. Mi svegliava, sentivo il corpo rigenerarsi appena andava in contro al freddo ed il bagnato. 

I pensieri mi diedero così tanto alla testa che mi sfocarono la vista e la lucidità mi fece ritrovare davanti alla scuola. Una struttura triste e fatiscente, forse non sembrava nemmeno una scuola all'apparenza. Si narrava che un tempo fosse un vecchio deposito di pneumatici, e che il treno passava per di lì per raccogliere la merce e distribuirla in tutti i depositi dell'azienda sparsi per il paese. Abbassai lo sguardo e vidi la solita orda di ragazzi che sbraitavano con i loro amici, felici di rivedersi dopo tanto tempo. Vedevo facce ingenue e pure che osservavano i più grandi come se fossero adoni e muse greche. Corpi esili che si muovevano, tremando, verso l'ingresso. Li guardai e molti di loro erano spaventati, ma gli sorrisi ed entrai nell'Atrio. Non era cambiato nulla, ma questo non mi stupiva. 

Seguii le direttive per capire dove si trovava la mia classe ed appena entrai molti di loro mi saltarono addosso. Erano compagni di una vita ed era sempre un piacere rivederli dopo tanto tempo. Non avevo più aria ma questo mi piaceva. Mi piaceva sentire l'affetto di qualcuno, ma dopo aver finito tutte le cerimonie tra la folla si aprì uno spiraglio e vidi la mia celebre compagna di banco. Capelli rosso fuoco, sorriso smagliante ed il solito fiocco in testa di un colore acceso Le corsi contro e le saltai addosso, cademmo per terra e scoppiammo in una celebre risata. Cademmo in tre, perchè ci corse appresso anche un'altra nostra stretta amica. Rimanemmo un po' sul suolo e ci guardammo negli occhi accessi e sorridenti. 

- E' un piacere rivedervi ragazze! - dissi e la ragazza fiamma, Francesca, mi guardò stupefatta. 

-E' un piacere anche per noi Marco! Ma è possibile che ogni giorno che passa ti fai sempre più alto? - l'altra scoppiò a ridere, Giorgia, e disse sbuffando. - Non è giusto, secondo me tua madre ha inventato qualche concime umano e non vuole metterlo sul mercato! - la guardai. I suoi capelli castani formavano delle onde incredibili. Sembravano un mare in tempesta di un colore inusuale. - Se vuoi te ne spaccio un po', che ne pensi? -

Entrò la professoressa e ci riposizionammo in ordine. Le ore passavano e sicuramente non potevano mancare le chiacchierate e gli scambi di notizie tra i banchi. Passai le prima tre ore a parlare delle vacanze passate, ed i professori non potevano contestare: era pur sempre il primo giorno di scuola!

Cominciarono a creare terrore e panico fra di noi continuando a parlare dei temutissimi esami finali. La maturità era un ostacolo che ogni anno affrontavano migliaia e migliaia di studenti in tutta la nazione. Era un subdolo modo per testare le conoscenze apprese in cinque anni, anche se a grandi linee era solamente una perdita di tempo per intensificare lo studio. Non poteva un semplice voto testificare la conoscenza e la cultura di una persona, visto che non solo la scuola è la culla di ciò. Ma comunque, ribellandosi o meno, bisognava comunque arrivare a questo traguardo e lasciarsi infine tutto alle spalle. Visto che non avrei quasi sicuramente aspirato ad una carriera universitaria con un lavoro già in corso. La danza poteva diventare la mia professione per la vita, ma bisognava trovare la giusta fortuna per riuscire a far parte di una compagnia di ballo.

La campanella della ricreazione suonò ed io cominciai a mangiarmi le mie solite merendine piene di conservanti. Era sbagliato, ma ci trovavo gusto nel farlo e poi prima o poi avrei dovuto smettere di mangiarle. Uscii dalla classe e mi ritrovai negli immensi corridoi della struttura. Gente che passava e mi salutava, persone mai visto che ti fissavano nemmeno fossi soggetto ad un esperimento alieno. Scesi le scale per vedere un po' la situazione al piano inferiore e vidi che tutti i novellini rimanevano chiusi in classe a cercare di fare conoscenza o a parlare con i Tutor che gli venivano affidati. Non avevo mai visto così tanti visi felici. Ma non avevo tempo da perdere, dovevo andare ancora nel cortile interno. Gli alberi svettavano sulla mia testa e l'atmosfera era sempre più gradevole. 

Tutto quel verde, tutto quel silenzio, tutta quell'aria ti bloccava. Rimanevo sempre a guardare i tronchi, le cime degli alberi e lo spazio di cielo che era visibile. Francesca e Giorgia dovevano comprare la merenda, così ci avviammo verso il chiosco adibito. 

Ci mettemmo in fila e all'improvviso ci ritrovammo davanti al bancone. 

- Chi è il prossimo? - disse la ragazza del chiosco. 

Mi stavo per fare avanti quando mi accorsi che vicino a me c'erano due ragazzi. Li avevo già visti a danza, ma non sapevo nulla di loro. Lui magro, con un bel fisico longilineo. Lei invece era qualcosa di spettacolare. Questo biondo naturale, e quegli occhi che sembravano una tavolozza di occhi chiari. Un colore che mi sfuggì e non ero in grado di determinarlo. Sarà stato per l'attimo fuggente. 

- Penso che ci siano loro due. - dissi guardandoli. Lui si girò e disse. - Grazie mille! - poi rivolto alla commessa - Vorrei un cornetto con la Nutella, per favore! - la ragazza lì servì ed i due se ne andarono. Rimasi lì fermo a guardare lei. Mi aveva colpito. Quella faccia da cerbiatto era particolare e mi rimase in pressa per qualche minuto.

- Chi è quella ragazza Marco? - chiese Giorgia. - Ehm... penso veramente di averla già vista ma non la conosco. - avevo un'aria perplessa. Forse avevo già sentito il suo nome, ma mi sfuggiva. Rimasi con quell'aria persa per qualche ora. Non stavo capendo cosa mi aveva fatto cambiare così tanto l'umore. Mi sentivo leggere, ma perplesso. Dovevo non pensarci e così lasciai sfuggire i pensieri e a concentrarmi sulle lezioni. Matematica, Francese e per finire Inglese. Sarebbe stato interessante se avessi seguito così attentamente le lezioni durante l'anno, ma conoscendomi non l'avrei fatto sempre con costanza.

La campanella suonò, ed uscendo mi diressi immediatamente verso casa. Tutto filò normalmente ma rimanevo taciturno. Cercavo risposte nel mio cervello, ma non ne trovavo. Pranzai senza guardare nessuno in faccia e decisi di andarmi a preparare per andare a fare la lezione di danza.Uscii di casa con Alessandro, il mio coinquilino e ci incamminammo verso la scuola.

- Marco cos'hai? Non mi dire che ti stai facendo i tuoi soliti stupidi pensieri per la testa. Non è possibile. - non sapevo se ridere o meno. Ma mi fermai e lui camminò per un breve tratto da solo e poi si girò verso di me. 

- Sto così perchè oggi ho incontrato una ragazza a scuola. Una ragazza troppo particolare, ed il bello è che viene a danza... - non mi fece finire di parlare - Oddio! Ma è una notizia questa! E dimmi... chi è? - sorrisi e lo guardai negli occhi. - E' questo il problema. Non ne ho idea. -.

Cominciammo a cercare di capire chi fosse e la discussione si azionò anche la sera quando ritornammo a casa. Ma non ne uscì nulla. Era un dilemma. Chi poteva essere quella ragazza? E cosa lo aveva spinto a considerarla così tanto per quel poco che l'aveva vista?

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