4. Beatris

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Possibile che fosse solo un incubo?
Era così reale.
Ero in un bosco. Le fronde scure degli alberi si stagliavano sopra di me.
Ero a piedi nudi. Correvo, ma non sentivo dolore. Avevo alcuni tagli sulle braccia e sulle gambe, ma si rigeneravano in fretta.
Correvo e correvo. Non avevo una meta precisa, sapevo solo che era così che doveva andare.
Dopo qualche centinaio di metri mi fermai.
Davanti a me c'era uno spiazzo erboso ricoperto di foglie cadute.
Ma non si vedevano alberi attorno ad essa.
"Dove mi trovo?"
Volevo urlarlo. Ma la voce non usciva, ero muta.
Chiusi gli occhi. Li riaprii. Davanti a me era apparsa la creatura che avevo visto un mese prima, il probabile motivo dei miei brutti sogni.
"Chi sei?"
Mimai. La mia gola creava solo versi strozzati.
Accanto a lui c'era una ragazza bionda, legata per mani e piedi.
-Uccidi Scott Mccall.
"Cosa?"
-Uccidi Scott Mccall. O ucciderò le persone attorno a voi. Soprattutto quelle a te care.
"Non posso"
-Inizierò da lei.
Un artiglio scattò fuori da una delle sue lunghe e ossute dita.
Le si illuminarono gli occhi. Un licantropo.
Riuscì a togliersi il bavaglio dalla bocca.
-Non lo fare! Lascia che mi uccida, non finire Scott. Non farlo, ti pre...
La creatura le infilò gli artigli nella gola e la strappò con uno scatto del polso.
La ragazza ansimò, cercando di respirare, ma la trachea non era più collegata ai polmoni.
Così cadde a terra, priva di vita.
-Uccidi Scott Mccall, o io ucciderò te.

Mi sveglio, madida di sudore. Sono stanca come se avessi corso una maradona.
Mi guardo gli avambracci e le coscie.
Sono piena di lividi e ferite, ma li vedo guarire sotto i miei occhi.
Controllo la mia pianta dei piedi.
Perfettamente pulita. Non ho camminato del sonno.
Sono sicura di non aver mai lasciato l'edificio, l'allarme sarebbe suonato di sicuro. Che io uscissi dalla porta o addirittura dalla finestra, i sensori mi avrebbero captata comunque.
Mi alzo dal letto.
Vado davanti allo specchio.
Ho i capelli ingrifati e gli occhi iniettati di sangue.
Sembra che io abbia fatto a botte con un orso.
Mi infilo nella doccia e rimango sotto il getto circa tre quarti d'ora.
Per mia sfortuna, com'è risaputo, quando ci si fa la doccia si diventa un grande filosofo e pensatore. Quindi, la mia mente inizia a vagare sul mio inquietante sogno.
E se fosse come gli altri?
E se si avverasse?
O, peggio, se si fosse già avverato?
Quando ero piccola avevo degli incubi ricorrenti.
Realtà distorte. Insetti velenosi che mi seppellivano con i loro luridi corpicini. Camminavo fino alla cima di un palazzo e poi mi lanciavo giù, per poi svegliarmi poco prima di toccate terra.
Le impersonificazioni delle mie più grandi paure.
Ma ce n'era uno, uno in particolare, che non riuscivo mai a spiegarmi.
C'era mia madre. Era traslucida, quindi probabilmente si trattava del suo fantasma.
Apriva la porta, entrava e si siedeva sul mio letto.
Allungava una mano e mi accarezzava il viso e diceva "La mia cara bambina, sei così bella."
Mi sorrideva, si alzava in piedi e usciva dalla camera.
Quando mi svegliavo avevo sempre il viso inondato di lacrime.
Esco dalla doccia, mi avvolgo nell'asciugamano e torno in camera.
Mi vesto e asciugo i capelli.
Mentre giro la maniglia per aprire la porta mi vengono le vertigini.
A questo punto mi chiedo se sono sveglia o sto ancora dormendo.

Beatris Constance Hills »A Teen Wolf fanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora