Prologo - Sunburn

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Cosa c'è di più dolce che avere qualcuno con cui si osi parlare di tutto come con se stessi?

Marco Tullio Cicerone

C'è Theresa, i suoi occhioni che si riflettono nei miei: e solo ora mi accorgo di quanto siano lucidi, proprio come i miei. Ci sono le sue mani che mi stringono forte e c'è il suo silenzio che vale più di ogni parola. Non oso parlare, non ce n'è bisogno, lei ha già capito; come sempre. La stringo di più a me. Ho paura che scappi via e mi lasci qui. Ma lei non lo fa, non l'ha mai fatto perché ogni giorno, ad ogni ora ed in ogni attimo della giornata lei compie una scelta: lei sceglie di restare accanto a me. Lei resta, mi tende la mano mentre il mondo corre veloce, senza aspettare me che forse sono troppo lenta per raggiungerlo. Ed io mi aggrappo a lei quasi come se fosse un rifugio sicuro dalle tempeste della vita. M'incoraggia con uno sguardo, mi grida in silenzio di rialzarmi e mi aspetta. Perché prima di ogni traguardo c'è lei, il suo sorriso fiero e la sua mano sempre tesa, che senza fretta mi attendono per far crollare quel muro immaginario fatto di insicurezze, sogni e delusioni che solo una vera amicizia può abbattere. Lei non mi supera, mi stringe la mano e cammina con me. Ed io con lei un po' più forte mi sento: la mia sicurezza è il suo abbraccio, la mia certezza sono i suoi rimproveri ed il mio futuro abbraccia il suo perché insieme abbiamo trovato una parte di noi stesse. 

Perché adesso lo so, non c'è nulla di più dolce che avere qualcuno con cui si osa parlare di tutto come se si stesse parlando con se stessi. 


Due ore prima

"La nostra storia mi sta soffocando, ho bisogno di altro. Non ti amo più. Spero che tu possa capire, mi dispiace."

La nostra storia mi sta soffocando.

Io lo soffocherei volentieri con il cuscino che sto stringendo da ben dieci minuti. Lo soffocherei per poi dargli la mia stupida vita. 
Fisso quelle parole che continuano a ripetersi nella mia mente.

Non ti amo più.

Ancora e ancora, come una sorta di coltello che colpisce sempre lo stesso punto, in questo caso: il cuore.
Ahia, fa male, brucia. 

Sbatto lentamente le palpebre e con respiri lunghi e profondi cerco di riprendere il controllo delle mie emozioni che sta per abbandonarmi del tutto. Abbasso il capo e socchiudo gradualmente le palpebre, stringendomi il tremante e screpolato labbro inferiore che, qualche secondo dopo, decido di lasciare in pace. Un singhiozzo strozzato spezza il silenzio che mi circonda ed una stretta improvvisa comincia a stringermi lo stomaco ormai in subbuglio.
Vorrei semplicemente scappare via.
Piangere fino a prosciugare il dolore che mi sta divorando dentro e dormire così profondamente da risvegliarmi senza memoria. Dimenticare tutto: ogni bacio, ogni parola, ogni sorriso, ogni lacrima, ogni respiro, ogni carezza.
Non mi sono mai piaciuti i ricordi: istanti di felicità racchiusi in lame affilate che quasi fanno mancare il respiro.
E mi manca il fiato, mi manca il coraggio di credere a quelle parole che mi rimbalzano in ogni angolo della mente.
Stanca, confusa e arrabbiata lancio brutalmente il cuscino che si schianta contro la porta della silenziosa stanza d'albergo. Vorrei che questa dannata camera m'inghiottisse, ma nulla, non succede un bel nulla. E resto qui immobile, osservo il modo in cui il cuscino crolla sulla parete mentre un'altra fitta colpisce il mio cuore.
Mi abbandono sul morbido materasso e stringo a me le coperte già bagnate dalle lacrime che non ne vogliono sapere di fermarsi. Rabbrividisco per il freddo che percepisco intrappolarmi le ossa e deglutisco per ciò che sto per fare: mandare a puttane il mio orgoglio.

Afferro il cellulare. Non farlo. Scuoto il capo, decidendo di non ascoltare la vocina interiore e compongo il suo numero. Ho bisogno di sentire il suono della sua voce, è il solo modo per riuscire a stare bene.

«Fottutamente patetica», mi dico quando un primo squillo raggiunge le mie orecchie. Resto in attesa di una risposta che però non arriva. Dio.
27 chiamate: nessuna risposta. Nulla.
Le mani mi tremano così come il respiro che vorrei fermare, almeno per un po' di tempo. Fino a quando tutto questo dolore non si sarà anestetizzato. È solo un ragazzo, tento di convincere me stessa prima di lasciare che il mio sguardo si posi sull'anello. Cerco di mandare al diavolo i ricordi, ma è troppo tardi e in un attimo vengo trascinata giù.
Rivivo ogni istante di quella sera di mezza estate: le sue parole balbettate, i suoi occhi riflessi nei miei, il suo respiro sulle mie labbra e la sua anima accanto alla mia. E poi la sua voce, i suoi sussurri che ripetono le parole della canzone passata in radio in quel preciso istante: Tenerife Sea. 

«È solo l'amore della mia fottuta vita», sbotto gettando il cellulare sul letto mentre, arrendendomi ai ricordi, rivedo il suo meraviglioso sorriso, riascolto la sua voce e percepisco le sue braccia avvolgermi e stringermi forte con la voglia di tenermi per sempre con sé. 

'Cause all that you are is all that I'll ever need.  

Scaccio una lacrima dalla mia guancia come se volessi mandare via quella terribile consapevolezza che già si è impossessata di ogni fibra del mio corpo: Lui non ha più voglia di tenermi per sempre con sé, non sono più tutto ciò di cui lui avrà sempre bisogno.
Ed io vorrei solo una notte in più per potergli dire addio. Ma lui non c'è e non mi resta che spegnere le luci, consapevole del fatto che tra queste quattro mura metà del mio cuore ha smesso di battere.



Altro prologo alla cazzo di cane, me ne rendo conto. Amicizia e amore: due tesori preziosi,  bisognosi di cure ed attenzioni. Ma l'amicizia, quella vera, pura e sincera, resta quando l'amore ti brucia: è un po' questo il significato di questo strambo ed insulso prologo che mi auguro non vi abbia causato problemi di dissenteria. Btw, state tranquille, nessun polentone drammatico perché per quanto l'amore possa far male, non è tutto, ed ogni fine ha un nuovo inizio. 

Pace, amore e Kurt Cobain a palla

Anna

Sunburn [Z.M.\H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora