Capitolo 2-Uta

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Mi risvegliai la mattina seguente: capii che era mattina dalla luce, probabilmente proveniente da un lampadario, mi aveva accarezzato gli occhi, svegliandomi. Un po' intontita, mi guardai intorno; ero su un materasso dentro ad un negozio: c'erano maschere dappertutto. Ma, un momento... possibile che fosse il negozio della sera prima??

Stranamente mi sentivo meglio rispetto a ieri.

Cercai di ricordarmi cosa fosse successo il giorno precedente, quando all'improvviso una voce mi fece sobbalzare.

"Buongiorno."

Un ragazzo sbucò fuori da un lenzuolo sopra ad una sedia, davanti a me

"Gwaaaah!!" urlai spaventata, e mi catapultai dalla parte opposta del materasso, contro il muro.

"Chi sei tu?! E cosa vuoi da me?! Dove mi trovo?! Cosa-"

"Sono Uta" disse il ragazzo avanzando verso di me. Era pieno di piercing e tatuaggi e aveva una pettinatura a dir poco stravagante. Notai i suoi occhi.

Aaah, ero fottuta. Ma allora..come mai non mi aveva ancora mangiato?

Il flusso dei miei pensieri fu di nuovo interrotto dalla sua voce:

"Questo è il mio negozio di maschere, per ghoul e non solo. Non ti farò nulla. Sarebbe cannibalismo. Anche se è frequente qui nella Quarta, ed è sempre divertente."

La Quarta? Cavolo, ero riuscita ad arrivare fino a quel postaccio?!

Negozio? Cannibalismo??

Ma di cosa sta parlando questo strano tipo??

Lesse la confusione nei miei occhi.

"Il tuo occhio destro. Non ricordi nulla di ieri?"

No, effettivamente non ricordavo niente: scossi la testa e chiusi gli occhi cercando di ricordare. E all'improvviso ricordai tutto del giorno precedente, fino al negozio.

Avevo dovuto abbandonare tutto ciò che amavo, perché ero diventata un mostro.

Mi tornò alla mente l'immagine di quell'occhio spietato, iniettato di sangue, che mi fissava.

Una lacrima rossa scese veloce dal mio occhio destro attraversandomi la guancia, iniziai a singhiozzare.

"Vedo che hai ricordato. Però ora calmati." Disse allungandomi un fazzoletto. Mi asciugai le lacrime e quando ebbi finito lui prese il fazzoletto per buttarlo.

"Ieri stavo uscendo per fare una commissione, quando ti ho trovata senza sensi. Così ti ho portata dentro: avevi un odore buonissimo, ma mi sono trattenuto dal mangiarti. Ti ho anche nutrito, infatti mi sembra che tu stia molto meglio rispetto a ieri. Da quanto tempo non mangiavi?"

Sbarrai gli occhi. Mi aveva...nutrito...? Questo significava che...che...

Mi misi una mano davanti alla bocca, ero sicura che avrei vomitato.

Uta mi guardò, chinando la testa da un lato.

"Qualcosa non-"

"NO!! NON è POSSIBILE!! NON POSSO AVERLO FATTO!!! IO NON SONO COME VOI!!!" urlai, e ricominciai a singhiozzare fortemente

Lo guardai, con le lacrime agli occhi. Era un tantino sorpreso.

"..Come ha potuto?..."

Appoggiai la testa contro le mie ginocchia e piansi.

Uta continuava a guardarmi.

"Non ho potuto fare altrimenti. Le tue condizioni sarebbero peggiorate. Dalla tua reazione, deduco che sia la prima volta che mangi..ma come è possibile?" disse con fare pensieroso

Ero ancora incredula, ma cercai di calmarmi. Piangere non sarebbe servito a nulla, e dovetti ammettere che effettivamente mi sentivo in piena forma. Ormai sarebbe diventata questa la mia realtà, che mi fosse piaciuto o meno. E non mi piaceva affatto.

"È che io...non ho ancora imparato ad accettarlo. E non le perdonerò facilmente il fatto che lei mi abbia nutrito senza che io lo sapessi. Ieri è stata la prima volta che ho visto il mio occhio, e non sono più riuscita a mangiare alcun tipo di cibo..ecco..umano..non capisco come possa essere diventata un ghoul così all'improvviso."

"Capisco. Non fa niente. Devi essere parecchio confusa"

"Infatti"

"Piuttosto, non mi hai ancora detto il tuo nome."

"Ah, certo, mi scusi. Mi chiamo Ame."

"Bello il tuo nome."

"?"

"Pioggia"

"Oh, grazie. Anche il suo mi piace, signor Uta. Posso farle una domanda?"

"Certo. Puoi darmi anche del tu."

"Ok, giusto. Dunque, i ghoul di solito hanno entrambi gli occhi rossi, no? Come te ad esempio. E io, come mai ne ho uno solo?"

"Questo non te lo so spiegare" disse alzandosi

"Ma ora che ci penso, conosco un ragazzo che è proprio come te."

"Davvero?" chiesi stupita

"Si. È un mio cliente, e so dove trovarlo. Vieni, ti porto in un posto." Disse porgendomi la mano. Guardai quella mano per un po', poi guardai il ragazzo, poi di nuovo la sua mano.

Non avevo altra scelta se non fidarmi di lui, dopotutto non mi era rimasto più niente. E poi non mi aveva mangiato, perciò decisi di dargli fiducia.

Alla fine decisi di afferrarle quella mano e mi alzai.

Lui sorrise e fece cenno di seguirlo.


UnRaVel GhOuLDove le storie prendono vita. Scoprilo ora