Prologo

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Seduta davanti alla scrivania del fratello, la ragazza si mise le mani nei capelli, piangendo.

«Ho paura» disse.

Daniele la osservò serio, pensando alle tante volte in cui si era sentito in dovere di proteggerla, nonostante fosse il fratello più piccolo. Lei era sempre stata bellissima, con i suoi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri, identici ai suoi. I ragazzi le stavano sempre appiccicati e, fin da giovanissimi, lei aveva sempre saputo che, se qualcuno l'avesse infastidita, Daniele l'avrebbe difesa.

«Elena stai tranquilla. Sai quante volte ho avuto a che fare con telefonate minatorie?»

Lei scosse il capo asciugandosi gli occhi e il fratello proseguì: «Con il mestiere che faccio, mi capita ogni giorno. E spesso si tratta di sfigati che scappano non appena ci si avvicina a loro. Scoprirò chi è, e lo spaventerò al punto che verrà a chiederti scusa in ginocchio.»

Elena sorrise. Lui sapeva sempre consolarla. Ma non quella volta. Nemmeno al fratello aveva avuto il coraggio di confidare in quale affare si fosse immischiata, pur sapendo che, se l'avesse fatto, lui avrebbe preso più seriamente la cosa. Il problema era che aveva davvero paura. Troppa paura.

Uscì dall'ufficio, lasciandolo pensieroso e preoccupato, per incamminarsi verso l'auto. Ormai era buio e non c'era nessuno in strada. L'unico rumore che si sentiva era quello dei tacchi delle sue scarpe. Un ticchettio sempre più veloce. Più volte si ritrovò a guardarsi le spalle senza mai vedere nessuno. E ogni volta il suo passo accelerava finché, sentendo qualcosa cadere poco lontano, non cominciò a correre.

Si fermò davanti alla sua Mini bianca e rovistò nella borsa alla ricerca delle chiavi.

«Ma dove sono finite?» disse per tentare di spezzare la tensione.

Spostò ogni cosa senza riuscire a trovarle e il panico stava per prendere il sopravvento. Sentiva che, chiunque fosse, si stava avvicinando. Finalmente trovò quello che stava cercando, premette il tasto per aprire la porta e, tremando, salì. Bloccò le porte dall'interno e immediatamente si sentì al sicuro. Si concesse un attimo per guardarsi intorno.

«No. Non c'è nessuno. Quello stronzo vuole farmi diventare paranoica. E cazzo, se ci sta riuscendo!»

Sollevata, avviò l'auto e raggiunse il suo appartamento.

Salì di corsa le scale ed entrò. Richiusa la porta alle spalle, si poggiò un istante per riprendere fiato. La sensazione di nausea, violenta e improvvisa, la costrinse a correre in bagno.

Dopo essersi liberata, chiuse gli occhi e trasse un profondo sospiro.

«Speriamo finisca presto questa tortura» si augurò prima di tirare l'acqua.

Uscita dal bagno controllò che ogni finestra fosse chiusa bene e inserì l'allarme. Solo allora si sentì al sicuro, quindi si infilò una tuta comoda e si adagiò sul divano, davanti alla TV.

Contemporaneamente, in un paesino non molto lontano, due amiche stavano passando una serata insieme.

«Giorgia, ci sei?»

«Eh? Sì, scusa. Dicevi?»

Eleonora, intenta a rifarsi la corta coda ai capelli, riprese a parlare, ma lei era ancora concentrata sulla TV.

«Ma stai piangendo? Di nuovo?»

La ragazza si voltò verso l'amica, mostrandole il suo stato.

«Non ci riesco, è più forte di me» le disse spostando le lunghe ciocche di capelli scuri che le si erano appiccicati al volto a causa delle lacrime. «Anche se lo conosco a memoria, Ghost mi commuove ogni volta.»

Alzando gli occhi al cielo, Eleonora prese il telecomando.

«Sei irrecuperabile» esclamò mentre spegneva la TV e le porgeva un pacchetto di fazzoletti. «Dicevo se hai già studiato scienze per domani.»

Dopo essersi asciugata le lacrime, anche Giorgia si alzò dal letto rispondendo: «Sì, ma devo ripassare. La Brioni mi interroga, me lo sento.»

Eleonora sorrise.

«Cosa c'è?» chiese Giorgia.

«Niente. È solo che... pensi di essere interrogata sei giorni alla settimana. Non sarai un tantino paranoica?»

Con un'alzata di spalle, rispose: «Forse. Ma visto che mi serve da stimolo a studiare, ben venga.»

«Ah be', allora. Se la metti così...»

Prendendo il giubbotto, Giorgia salutò l'amica. «È ora di andare per me. Se non torno per le dieci, i miei mi uccidono.» E si avviò verso la porta seguita da Eleonora.

«È domani che partono?»

«Sì, poi resterò una settimana intera da sola.»

«Se vuoi stare da me, sai che puoi» affermò l'amica, che sarebbe stata felice di passare un periodo tanto lungo insieme a lei.

«Grazie, ma preferisco stare in casa mia. Magari puoi venire tu da me.»

Sorridendo le disse che ci avrebbe pensato e Giorgia tornò a casa.


Fidati di me - Primi capitoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora