23 marzo 1997 Oggi Hassan arriva a Barcellona.

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Ci siamo dati appuntamento all'Hotel Majestic.
«Vieni alle sette di sera. Chiedi la chiave alla reception e sali in camera. Io ti raggiungerò. Mi raccomando, discrezione. Arriverò con le mie guardie del corpo. Insomma, lo sai...», mi dice per telefono, la mattina.
Cinque minuti prima dell'ora stabilita sono in albergo. Chiedo la chiave e salgo in ascensore, dove uomini d'affari stranieri e obesi mi sbatacchiano qua e là, finché non riesco a sistemarmi in un angolo dove rimango quasi schiacciata. La sola vista di tanta carne ripiena di colesterolo mi fa venire la nausea. Certo non avranno una gran vita sessuale. Tra l'altro, questo tipo di personaggi ti lascia sempre tutta appiccicaticcia, perché sudano come porci. Giunta al piano, esco dall'ascensore, non prima che i porci mi abbiano dato una ripassata con lo sguardo dalla vita in giù, con sfacciata insistenza sul fondoschiena. Se continuano così me li porto tutti in stanza, anche se ho di meglio da fare.
Apro la porta, tiro le tende per far entrare un fascio di luce naturale e vado automaticamente al minibar con la ferma intenzione di tirar fuori tutte le bottiglie di Coca-Cola da 25 cl. Non sono in vena di un'ennesima sessione sadomaso, per quanto light. Però sono pronta a fargli uno striptease da favola, con una raffinata danza del ventre. ma senza veli.
I momenti che precedono un appuntamento mi rendono molto nervosa. Accendo il televisore e mi metto a fare zapping al ritmo dei battiti del mio cuore, finché non mi addormento. Mi sveglia il rumore della porta. È lui.
«Non sei ancora nuda?», mi chiede in tono di rimprovero. Lo striptease che avevo programmato è andato a farsi fottere. Mi ama in silenzio, come non aveva mai fatto prima, sul tappeto della stanza. Cambiamo spesso posizione, come per condividere la scomodità del pavimento, il prurito scatenato dalla lana del tappeto. Mi immagino i milioni di acari che stiamo schiacciando; al solo pensiero starnutisco ripetutamente. Hassan mi sposta dallo zoo microscopico leccandomi tutto il corpo e mi stupisco del tempo che si prende per farmi godere, dimenticandosi completamente di se stesso. È la maniera che ha scelto per ritrovarci, senza bisogno di parlare, dopo tanto tempo. Comincio a credere che sia vero che certe persone, come il vino buono, migliorano con gli anni. «Mi ricordi una mia amica attrice con cui ho avuto una relazione», mi dice, accarezzandomi i capelli, dopo avermi schizzato tutta la pancia con lo sperma. «Mi ripeteva sempre: "Non sai quanti chilometri di uccelli mi sono succhiata per diventare famosa!"».
E scoppia a ridere. «Un'attrice marocchina?».
Fa di sì con la testa, mentre aspira una boccata di fumo dalla sigaretta che si è appena acceso. Poi me la mette tra le labbra, anche se non mi è mai piaciuto sentire il filtro bagnato da qualcun al altro. Comunque sia, l'accetto.
«Forte! In Europa, posso anche capirlo, ma in Marocco... E cosa c'entra con me?», chiedo, tra il serio e il faceto, appoggiata al gomito sinistro.
«Niente. Solo che me la ricordi. Non so. Mi è tornata in mente la sua faccia».
Dopo un'improvvisata fellatio, calcolo che se la media del membro maschile è di dodici centimetri, per superare il chilometro e raggiungere la misera lunghezza di milleduecento metri dovrei farlo con diecimila uomini. Oppure diecimila volte con lo stesso uomo. La seconda variante non mi piace granché. C'è più gusto a farlo con diecimila uomini. Mi baserò su questa teoria.
«Al diavolo la tua amica, Hassan!».
«In che senso?» chiede, con le gambe ancora aperte e le mani sui testicoli.
Mi stringo nelle spalle e mi alzo per andare al bagno. Mi sento appiccicosa, voglio togliermi di dosso lo sperma con la carta igienica, e poi farmi una doccia.
Non voglio restare a dormire con lui, stanotte. Devo alzarmi presto e cambiarmi d'abito perché ho una riunione importante. Quando il mio amante si addormenta, esco senza fare rumore. Me ne vado sempre come un gatto.
Diecimila uomini. Un giorno, farò i miei conti.

ValeriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora