Asylum

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Lo sguardo era ancora spiazzato, le palpebre aperte e la mente in una lenta agonia tratteneva le urla dirette alla laringe. Sentivo il rumore degli ingranaggi, tentavano invano di fare ordine, di pensare ma non era assolutamente possibile. La marionetta mi fissava con le iridi azzurre dipinte su bulbi di vetro lucido e lo sguardo era statico, ieratico e indagatore. Malgrado i grandi occhi finemente lavorati, tutto in lei si muoveva con una scoordinatezza ed incertezza ai limiti del normale. Ad ogni scatto in avanti o lieve movimento sghembo i fili che le spuntavano dietro la schiena si tendevano come mossi da un burattinaio fantasma che rideva di gusto nello spaventarmi.
Ma da quello sguardo , per quanto potesse apparire temibile e cruento, traspariva solamente curiosità per i miei atteggiamenti così stravaganti.
《 Ti senti bene Karen?》 Chiese sempre con quella cadenza irritante e insostenibile da cui trapelava a stento la vera voce di Hannah.
Dovetti pensare a lungo prima di poter rispondere, recuperando il poco fiato nascosto nella parte più interna della gola, ai limiti con lo stomaco . Sembrava che Hannah (se quella creatura conservava ancora la sua anima) non si fosse minimamente accorta del suo cambiamento. Decisamente , allora, ero io stessa ad aver immaginato tutto o , altrimenti, ero ancora intrappolata , e questo lo sperai molto, nel mio sogno. Mi convinsi davvero che fossi succube del mio odiato subconscio.

《 B...b... bene Hannah... tu?》 Chiesi sputando fuori le parole con tanta fatica che ,appena finita la frase, dovetti riprendere fiato.
《 Come sempre, muoviti andiamo che siamo in ritardo. Non mi sembri per nulla sana oggi, dovresti curarti di più...》. Si lanciò nei suoi soliti lunghi discorsi su argomenti assolutamente noiosi ma stavolta non potevo fare a meno di ignorare la voce così truce e i movimenti della bocca che si apriva e chiudeva con scatti rapidi mossa da uno dei tanti fili vaganti.
Sì, non potevo essere sveglia, era inverosimile.

Non era solamente Hannah ad essere colpita da quello strano morbo. Chiunque incontrassi presentava un aspetto distorto e brutale. Le strade di Londra, gli angoli, i vicoli oscuri, le stazioni delle metropolitane, tutto era impregnato di quella strana maledizione. La città sembrava essere uscita da un libro horror, un film terribile di morte.

Scendemmo nel caos del sottosuolo per prendere la Northen Line, come sempre da anni. Quella mattina, però, la grande metropolitana era una macabra stazione degli orrori, un circo di follia sepolto in una tomba di acciaio. Ero circondata da mostri, persone deformi, con grandi protuberanze sul capo, bubboni pestilenziali sul corpo o coloriti mortuari. Ogni essere era diverso e produceva rumori singolari. L'Orchestra del terrore che si era creata , accompagnata dal suono straziante dei treni in arrivo e partenza, mi portava una terribile angoscia, un senso di oppressione.

Prendemmo il treno; cercavo sempre di guardare il minimo possibile Hannah, per non volgerle di continuo quello sguardo preoccupato e incredulo che da quella mattina era mio compagno fidato.
Ero schiacciata da mille corpi orridi, in trappola e nel panico, accerchiata dai miei incubi. Alzai lo sguardo per la prima volta dopo mezz'ora e mi incantai a fissare il finestrino della metro. Fuori c'era solo buio che scorreva ad alta velocità. Vidi il mio riflesso restituirmi lo sguardo

... ma ero completamente normale!

Girai un po' la testa e mi soffermai sul riflesso degli altri compagni di viaggio. Tutti , se visti allo specchio, mi apparivano normali ma soprattutto umani. Tutti si presentavano con il loro aspetto migliore, belli e perfetti, esteticamente curati. Allora perché io li vedevo in un modo diverso? Mi sembrava illogico, erano i miei occhi o lo specchio ad ingannarmi?

La metropolitana si fermò con uno scatto deciso e le porte si aprirono , finalmente sarei fuggita da quel contatto mostruoso. Seguii la luce e sbucai ad Old Street. Continuavo a camminare e la marionetta perseverava nei suoi discorsi insopportabilmente diabolici anche se non lo erano affatto. Mi limitavo ad annuire piano con la testa, con lo sguardo basso certa che se l'avessi alzato avrei trovato nuovi incubi sulla mia strada. Finalmente arrivai al capolinea.

Alzai lo sguardo verso l'Accademia. Si ergeva tetra, con minacciose torrette e metope antiche sbiadite dal tempo. In controluce essa appariva come un tenebroso maniero infestato. Sapevo benissimo, salendo piano le scale in marmo, che quello sarebbe stato il vero incubo: un castello in abbandono pieno dei veri mostri della società, un manicomio.

Mirrored ~ La specchiataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora