Capitolo 1

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L'importanza di non essere.


Il cielo plumbeo prometteva neve.

Fu quella la prima cosa che Matteo vide alzandosi dal suo letto, dopo che sua madre poco delicatamente era entrata in camera per sollevare l'avvolgibile e farlo svegliare con il solito e monotono monito:

"Alzati! O farai tardi a scuola!"

Ci volle qualche canonico secondo prima che cominciasse a carburare perbene, poi Matteo poggiò i piedi per terra e rabbrividì per il contatto con il pavimento gelido.

Ecco! Quello era un bel modo per cominciare una giornata che doveva essere tutto meno che fallimentare.

Si grattò la testa e scompigliò i capelli neri già arruffati senza che ci mettesse del suo e si guardò allo specchio. Matteo non era contento del suo aspetto. Non lo era mai stato.

Odiava il suo corpo troppo alto e dinoccolato, le ginocchia appuntite e l'attaccatura delle orecchie bassa. Odiava le costanti occhiaie un po' grigiastre che contornavano gli occhi scuri, scialbi e un po'inespressivi. Le labbra erano fini, quasi impercettibili nell'ovale macchiato da un'ombra scura che rappresentava un abbozzo spaurito di barba. Una barba che tra l'altro aveva deciso, sin dal principio, di crescere in tutte le direzioni: destra, sinistra, basso, alto.

Matteo sapeva di non essere bello. Affatto. Per conquistare le ragazze sapeva di dover puntare sulla sua simpatia, sulla sua intelligenza e sulla buona dialettica che aveva migliorato negli anni, parlando da solo davanti allo specchio: interminabili monologhi inconcludenti,che lo vedevano disquisire di politica scolastica, di temi da trattare alle interrogazioni e di discorsi d'amore che non venivano mai proferiti.

C'è qualche cosa che fa paura quando hai diciotto anni e poche e fallimentari esperienze alle spalle. Qualcosa che non puoi controllare, che sfugge ad ogni tuo ordine più del tuo corpo che cambia lentamente ma prepotentemente. Quel qualcosa che i suoi compagni chiamavano amore e i genitori di Matteo declassavano a semplici cottarelle giovanili, guaribili con un po' di sport, studio,qualche buona lettura e un'uscita con gli amici il sabato sera.

Matteo non sapeva dire se fosse mai stato innamorato o no. Sapeva quello che aveva provato davanti alla sua compagna di classe di quarta ginnasio quando, durante l'ora di educazione fisica l'aveva osservata di nascosto fare stretching, mentre la maglietta grigia elastica si tendeva sul seno privo di biancheria, mostrando i capezzoli inturgiditi dal freddo. Fu quella volta, la prima in vita sua, che Matteo si eccitò guardando una ragazza. Non capì esattamente cosa stesse succedendo, o meglio, non se ne rese conto. L'unica cosa che sapeva era che, mentre lui la guardava, attorno tutti cominciarono a ridere. E quando Matteo se ne rese conto ormai era troppo tardi.Anche Elena, la bella Elena, quella che girava senza reggiseno quando faceva educazione fisica, quella che metteva in subbuglio gli ormoni dormienti di ogni quattordicenne nei paraggi, voltandosi aveva visto la tela del cavallo della tuta di Matteo tendersi impietosamente e portando una mano alla bocca, voltandosi verso la sua amica che sedeva vicino a lei, aveva indicato il povero Matteo che si guardava intorno imbarazzato.

Da quel momento i sogni erotici, via via sempre più spinti e sempre più fantasiosi, sulla giovane compagna di quarta liceo vennero surclassati dal ricordo della brutta figura di Matteo che a malapena riuscì ad alzare di nuovo lo sguardo davanti ad Elena.

Matteo non seppe mai se la sua lussuriosa ossessione per i capelli castani e leggermente mossi di Elena fosse amore o no. Fortunatamente -a seconda dei punti di vista- il lavoro del padre lo portò lontano dalla città dove al tempo risiedevano, facendo lasciare alle spalle di Matteo e di suo fratello Michele tutto quello che avevano creato.Ossessione per Elena inclusa.

La ragazza dell'ultimo bancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora