-Capitolo 2-

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La notte fu terribile. L'incantesimo era spezzato, re Stoker non proteggeva più i giovani arcani. Su Gaia scoppiò il pandemonio. Ragazzi e ragazze di stirpe arcana iniziarono a trasformarsi e, spaventati e incapaci di controllare i propri poteri, devastarono interi quartieri. Nel cuore della notte scoppiarono incendi, le vie si allagarono, corti circuiti e tubature gelate ovunque... Fu allertata la polizia.

-tutti i soldati nella spianata, suona la campana, fa venire cavalieri e grifonieri- comandò il ciambellano correndo giù per le scale mentre il suo scudiero lo rincorreva trafelato.
- ma mio signore Aligar, è passata un'ora dalla mezza notte! Nessuno dei soldati risponderà alla chiamata!-
- il re si è insediato da appena due giorni, é orfano, é giovane. Se non lo aiuteremo, domattina dovrà far fronte alle armate di Gaia per liberare gli altri: altri che neppure vorranno venire-.
-ma sire...-. Il ciambellano si arrestò in mezzo alla scala sugli ultimi gradini. Il povero scudiero gli andò addosso.
-é un ordine. Esegui!-.
Il buio avvolgeva le vaste sale e gli alti pinnacoli acuminati. Le sentinelle, attente e silenziose, vegliavano sui ballatoi. D'un tratto un bagliore, prima lieve e poi sempre più intenso, si sprigionò dalla torre di vedetta dell'ala nord. Note acute e stridule si levarono nell'aria come falene, sempre più insistenti, sempre più forti. Poi i bracieri del viale si accesero. La spianata fu illuminata dalle fiamme, mentre nella rocca e nella cittadella le torce rilucevano attraverso i vetri. In cielo esplosero tre folgori rosse. Da lontano, dalle valli attigue, altri fulmini risposero all'appello. Nel giro di un'ora, schiere perfettamente allineate valicarono il ponte levatoio, e da lontano, qualcosa di insolito portò altre figure. Mille folgori dorate caddero al suolo, e quando svanirono lasciarono sulla spianata arcani in armatura. Nuvoloni di polvere si addensavano in grosse e mostruose figure di opliti, ben celati dietro gli scudi. Qui e li, nuvole e fumo spiravano fra le fila, e poi si dileguavano manifestando la presenza di altri arcani.
Lo scudiero corse nella rocca a cercare il suo padrone, e lo trovò nella sala del consiglio, dinnanzi allo specchio nero di Gaia. Sulla lucida superficie, distinguendosi appena nell'ossidiana, figure di volanti della polizia, incendi ed esplosioni, sfrecciavano davanti allo sguardo vigile di Aligar.
-sire, le guardie della rocca sono schierate, ma solo pochi guerrieri delle cittadelle sono venuti. Nessuno da acqua-rupe ne da rocca-lampo. Al massimo dieci ambasciatori dalle altre-
-prepara la mia armatura-. Comandò, e uscì verso la spianata.
I guerrieri forensi erano irrequieti e adirati, e discutevano animatamente. Aligar non vide nessun grifoniere di rocca-lampo-.
-perché la "rocca-maior" chiama ad una si tarda ora? Dov'è il gran sovrano?- chiese adirato un guerriero in veste nera.
-taci! Non fu il signore Rayo a convocarvi, ma io. Il sovrano riposa nella torre-.
Il guerriero divenne paonazzo - Rocca fiamma non ha il diritto di disturbarci nel sonno! Il sovrano non può violare il nostro diritto di quiete! Bellarte non accetta...-
-tacete vi dico, conte Fedegario di Bellarte! Non sta a te dettar legge o reclamare diritti! Se la rocca ordina, sia notte fonda o col sole alto, voi dovete eseguire!- disse con tono duro e perentorio il ciambellano. Fedegario strinse i denti, ma non osò obiettare.
-l'incanto è rotto. I nostri figli si stanno manifestando e stanno scatenando l'inferno su Gaia. Dobbiamo riportarli tutti qui. Cento di voi restino ad allestire un accampamento, le vaste sale della rocca-maior non saranno sufficienti. La rimanente parte di voi verrà con me sulla terra. Non ingaggiate conflitti inutili. Non nuocere agli innocenti. Domani le autorità saranno informate e temo avranno da ridire sulle nostre gesta, ma non abbiamo scelta. In ogni caso non capiranno, cercheranno di fermarci, ci prenderanno come rapitori e usurpatori, ci attaccheranno. Non reagite! E ora presto, seguitemi!-

Il sole si affacciava sul colosseo. Tutti i ragazzi "impazziti" ,così li chiamavano, erano stati radunati nelle piazze di quartiere. Aligar aveva scelto di controllare la capitale. Prese con se degli arcieri, e li dispose sui palazzi intorno alle piazze che prendeva di mira. I poliziotti venivano colpiti alle gambe, un accecante bagliore e un denso fumo li stordiva, e Aligar e i suoi portavano sulla loro terra i ragazzi con complessi incantesimi di trasporto. Su Arcania, i  guerrieri rimasti, attrezzato il campo, lottavano per calmare i ragazzi e le ragazze che si dimenavano, urlavano e cercavano di fuggire. Il trauma era per tutti molto forte. I guaritori furono svegliati e, con il loro aiuto, uno ad uno i ragazzi furono tranquillizzati, grazie anche all'uso di intrugli e pozioni dell' onnicscenza. Erano ormai passate sei ore dall'alba. Tutti i messi da tutto il mondo erano tornati alla rocca. Solo Aligar mancava. Attendeva sotto l'anfiteatro che tutti i suoi arcieri fossero partiti. Lo scudiero era al suo fianco con aria tesa. Era molto giovane, coetaneo di Rayo. Uno dei figli che non erano partiti prima di nascere, e non uno qualsiasi, ma il figlio stesso di Aligar. Il prezzo per tenerlo era stato immenso, la moglie era morta. Aligar non lo aveva addestrato alla guerra, non lo riteneva mai abbastanza pronto. Anche l'ultimo arciere era partito. Il ciambellano si accingeva a partire, quando un immenso scoppio echeggiò nella Roma assopita. Uno sparo. Un piccolo gruppo di persone gli andava in contro. Un secondo sparo. Aligar non riusciva a capire da dove volassero i colpi: i rivoltosi lo nascondevano.
-vogliamo i nostri figli!-gridarono alcuni -bestie! Bastardi!- Aligar sentì un rumore alle sue spalle, come un mucchio di stracci che cade a terra. Un terzo scoppio colpi di striscio il suo braccio ma, come i colpi precedenti, non andò a impattare sul marmo del colosseo: sparì silenzioso come i primi. si voltò. Il figlio era in ginocchio a terra, il sangue scorreva dal petto, dalla spalla e dal fianco. Un quarto colpo colpì Aligar alle spalle, tra le scapole, ma la corazza respinse la pallottola. corse dal figlio sostenendolo prima che toccasse terra accasciandosi.
-perdonami padre- sussurrò indicando una balestra coperta di sangue -l'ho rubata al castello, volevo aiutarti ma non sono stato pronto, sono diventato un bersaglio. Volevo dimostrati di essere adatto alla guerra...sbagliavo. Devono essersi spaventati per quella-. Poggio la testa allo spallaccio del padre e si spense, all'ombra del grande anfiteatro. 
Mai Aligar aveva pianto, ne alla nascita, ne per ferite o per la morte dei compagni, ma non riuscì ad inghiottire il nodo che aveva in gola. Lacrime calde gli colarono sotto la celata e giù nella corazza adamantina. Chi era stato a sparare? Non gli importava. Avevano ucciso il suo unico figlio, li avrebbe ammazzati tutti, chiunque avesse incontrato. Sganciò una grossa mazza ferrata dal lungo fusto da sotto al mantello dorato e si volto. I rivoltosi erano aumentati di numero, alcuni avevano spranghe nelle mani, e bastoni. Si alzò e avanzò con passo sicuro oscillando la mazza. Appena ebbe un bersaglio a portata colpì. Ossa, carne, vesti, nulla poteva fermare la sua furia, la mazza affondava nei corpi come in frutti maturati troppo e marciti sotto il sole (che era sotto il dominio dei figli della luce come lui). E poi lo vide, acquattato tra i corpi morti come un coniglio fra le siepi tentava di fuggire la morte. La pistola in mano. Un homo sulla cinquantina... Mirò alla testa per menare il colpo.
Mentre il sangue colava tra i sampietrini, si portò poco lontano dal colosseo, e con furia devastante distrusse il pavimento sotto il suo colpo piantando la mazza fra i frammenti di roccia. Afferrò poi con forza il manico con entrambe le mani e nella lingua degli incanti condannò la terra secondo l'antico rito: -  Hic, ubi iniuste filius meus occisus est, ubi iniuste sanguis Pier arcanorum va status est, ego, Arcania bellator, cum diis testibus, Gaiae bellum gerebo!-. Mentre recitava la formula, scie luminose guizzarono nelle fughe dei sampietrini disegnando un complesso disegno: un cerchio intrecciato a un triangolo equilatero. Il simbolo di Arcania. Nel centro, stava scritta la stessa dichiarazione di guerra che aveva pronunciato.
Aligar tornò dal cadavere del figlio, lo prese in braccio e un bagliore accecante li avvolse entrambi riportandoli a casa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 07, 2015 ⏰

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