Ricordo soltanto di non aver avuto nient'altro che la mia borsa con i miei oggetti, poche cose che nel corso degli anni mi erano state regalate e la mia piccola valigia con la quale ci ero arrivata lì dentro, contenente giusto un paio di cose per andare avanti.
Dentro di me non avevo altro che una grande tempesta di emozioni, avevo la speranza che un giorno ce l'avrei fatta, che ci sarei riuscita, ma avevo anche la paura, paura di non resistere neanche un giorno a questo mondo, avevo bisogno di un posto dove dormire, avevo bisogno di soldi per mangiare, avevo bisogno di una doccia, non avevo niente, oltre la mia libertà, che a nulla mi sarebbe servita se non avessi vissuto veramente.
L'inverno che stavo vivendo dentro e fuori pian piano mi stava distruggendo, era veramente dura superare la notte, coricarmi appoggiata ad un muretto.
"Dai Mariana! Vieni da me, abbracciami così non sentirai freddo. Accendiamo il camino così io, tu, papà e Nico possiamo riscaldarci insieme."
Un clacson di un passante mi svegliò facendomi sobbalzare da quel sogno che non era altro che un incubo. Era ormai l'alba e decisi di incamminarmi pensando al da farsi, ormai erano giorni che non mi lavavo, avevo i capelli increspati, la testa mi scoppiava e le gambe non avrebbero ceduto ancora per molto, ma tra il milione di problemi che stavo affrontando il mio unico pensiero fisso era la dolce voce di mia mamma.
"Perché mi ha abbandonato? Perché non mi ha stretta a sé su un divano, al caldo del fuoco del camino?" Ormai era una domanda fissa nella mia mente, come può una madre fare questo? Ma soprattutto, chi era Nico? Perché dentro me avevo questo grande vuoto? Volevo sapere chi fosse, volevo scoprire chi fossi io, qualcosa sulla mia famiglia, volevo sapere se avevo una famiglia che mi aspettava preoccupata, che aspettava il mio ritorno da un giorno all'atro. Però forse non avevo nulla, forse mi aspettava il vuoto, nessun abbraccio, nessun bentornata... Nulla.
Era ormai arrivato il momento di pensare un attimo al futuro che avrei dovuto costruirmi d'ora in poi, dovevo trovare un lavoro, affittare una stanza di uno scadente e schifoso motel. Ero sola e dovevo farcela.
Giravo per le strade di Buenos Aires in cerca di qualche lavoro, continuavo a girarmi intorno ma sembrava tutto inutile, nessuno aveva bisogno di una povera adolescente che non poteva neanche farsi una doccia, ma non era il giorno per arrendermi così continuai a cercare, erano passate ormai già quattro ore dall'inizio della mia ormai infinita ricerca, avevo fame e non avevo idea di cosa mangiare e di come ci sarei riuscita.
"Mi metto nei guai o mi uccido pian piano digiunando? E se mi comportassi in modo del tutto normale?"
Ero in bilico, ma dovevo comunque far qualcosa per far sparire quel logorio che avevo allo stomaco, così decisi di entrare in un bar nelle vie di Palermo. Era un bar affollato, c'erano camerieri che correvano di qua e di la. "Non proveranno pena per te, dimenticatelo" mi dissi tra me e la mia coscienza, così passai alla prima opzione. Decisi di sedermi e non appena il cameriere si avvicinò a me presi la mia ordinazione.
«Vorrei due cornetti al cioccolato ed un cappuccino, grazie. »
«Vedo che è affamata!» affermò il cameriere in tono quasi fastidioso.
«Si un po'. Ricorda che la colazione è la portata più importante della giornata!» sorrisi falsamente.
Lui andò via senza dir nulla, ma notai bene in che modo mi stesse guardando e così capii che tipo di "uomo" fosse. Andiamo, la mia puzza si sentiva sicuramente ed i miei capelli erano un vero disastro, io non ci avrei provato con me stessa neanche fossi stata l'ultima donna al mondo, se fossi stata un uomo ovvio. Così pensai velocemente a come andarmene senza problemi. Il cameriere mi portò la colazione, finsi un po' di interessamento nei suoi confronti ed iniziai a chiedergli come si chiamasse e da quanto lavorasse lì, cose di cui in verità mi importava ben poco. Quando smisi di mangiare notai che il cameriere dimenticò il suo block notes sul mio tavolo, dimenticò anche la penna così da rendermi le cose più facili, ricordavo il prefisso di Buenos Aieres così lo scrissi e poi iniziai a scrivere numeri così a casa. A passo veloce lasciai quel bar, ma dovevo comunque controllare che fosse tutto tranquillo così rimasi ben nascosta per controllare la reazione del cameriere e ciò che vidi non mi sorprese per niente, un sorriso malato sul suo viso tondo, i suoi occhi azzurri si illuminarono come se non avesse mai avuto un numero da una ragazza, avrei voluto vedere la sua faccia anche quando avesse scoperto che non era altro che un numero inventato. La parte cattiva di me si sarebbe veramente divertita, ma purtroppo avevo un milione di cose a cui pensare: mi serviva un lavoro e subito dopo una squallida stanza.
Continuai a cercare finché non si fece sera, i negozi chiudevano ed io perdevo la speranza che avevo avuto tutto il giorno, nonostante gli sguardi schifati verso di me, le brutte parole dette alle mie spalle. Ma le cose che dicevano erano dolorose ma soprattutto vere e avrei fatto di tutto per far sì che quelle voci su di me sarebbero sparite. Avevo veramente un bisogno umano, avevo bisogno di avere qualcuno che si interessasse di me, di cosa avrei voluto fare da grande, se avessi mangiato e che si assicurasse che avrei fatto la doccia. Avevo bisogno di queste cose alquanto banali dato la mia situazione, che a poco a poco sarebbe migliorata, io avevo la speranza che non era così inutile come credevo prima di trovarmi in questa situazione.
"Andiamo Euge, non puoi credere di avere speranza al di fuori di qui. Non ci è permesso neanche questo."
"Cerca di essere più positiva Lali, ne avremo, sii più positiva!" sorrideva, nonostante tutto, ed io non potevo credere alla forza che aveva.
La speranza è iniziata a crescere dal momento in cui Euge mi aveva lasciato, pensavo che se ce l'avesse fatta lei, magari ce l'avrei fatta anche io, ma il fatto era che di lei non ne sapevo più nulla; e mi mancava, perché per me lei era quella persona che si preoccupava proprio per le cose inutili ma essenziali. La sera era il momento più duro per me, i miei pensieri non facevano altro che confondersi tra loro, apparivano improvvisamente e impedivano che mi addormentassi, ma forse era meglio così, in un certo senso i miei pensieri mi proteggevano dalla paura che la notte portava con sé.