I giorni in quell'Hotel passarono velocemente, pian piano mi stavo abituando a quella che veniva chiamata "la bella vita", era veramente bellissimo restare a letto fin quando mi andava, farmi il bagno quando ne avevo voglia e sopratutto stare con Eugenia. In quei giorni osservai bene come andavano le cose, come funzionava l'Hotel e recuperare il tempo perso con la mia amica. Era venerdì ed il pomeriggio mi sarei dovuta incontrare con Julia per discutere sul lavoro. Fare la cameriera non è che mi entusiasmasse molto, ma poteva aiutarmi ed in più avrei avuto tetto e pasti, quindi non avevo il diritto di lamentarmi. Senza accorgermene si fecero le cinque del pomeriggio, alle sei avrei dovuto incontrare quella che sarebbe stata il mio capo. Corsi in bagno, mi spogliai velocemente e mi infilai sotto la doccia. Mi insaponai lentamente, sentivo il mio corpo profumare di lavanda, ed io amavo la lavanda. Mi risciacquai ed avvolsi il mio corpo nell'accappatoio dell'Hotel. Mi diressi in camera per vedere cosa indossare, estrassi le poche cose che avevo nella mia borsa e diamine il completo delle occasioni speciali non era più adatto in quel momento e di certo non avevo tempo per i miei attacchi di panico, così pensai che usare qualcosa di Eugenia sarebbe stata la miglior idea. Di certo non mi aspettavo quei vestitini così corti, o quei top che arrivavano giusto sotto al petto, cercavo un jeans ed un maglione extra-large. Improvvisamente si accese un filo di speranza quando vidi un pantalone nero con solo dei strappi sulle ginocchia ed una t-shirt tutta bianca, presi la mia biancheria pulita e la indossai così come indossai gli indumenti subito dopo, il pantalone mi andava un po' lungo data la mia statura bassa, misi le mie vecchie Converse rosse - regalate da una coppia, che forse provava pietà per me e per il fatto che sarei rimasta lì ancora un altro po'.- e passai ai capelli, "appena posso li taglio" pensai, l'avrei fatto sicuramente quando ne avrei avuto la possibilità. Spazzolai i miei capelli scuri e li lasciai cadere sulle mie spalle, mi truccai velocemente, misi soltanto un po' di correttore, del mascara e del blush, Eugenia in quei giorni mi aveva aggiornato su quello che veniva chiamato "mondo delle ragazze" e devo ammettere che mi piaceva. Parecchio. Indossai il vecchio cappotto, l'unico tra l'altro e scesi in reception ad aspettare Julia.
Passarono due ore ma di lei niente, non c'erano tracce. Eugenia mi disse di aspettare e che era molto strano perché di solito era sempre molto puntuale. Semplicemente ero io quella sfortunata.
Peter
"Potresti farmi il favore di muoverti? Sono due ore che quella povera ragazza mi starà aspettando e per colpa di uno stupido ritardo aereo non ce l'ho fatta!" disse quasi urlando mia madre dall'altra parte del telefono.
"Si mamma, tra poco vado, sono appena salito in macchina, ora stacco a più tardi!" terminai la chiamata senza aspettare che contraccambiasse, sapevo che mi avrebbe riempito la testa su quanto fossi menefreghista. Ma cosa poteva importamene a me delle faccende dell'Hotel, figuriamoci di dare lavoro a qualcuno. Poteva dirlo a Nico, ma no. A me. Casa nostra non era molto lontana dall'Hotel, così non ci misi molto ad arrivarci. Parcheggiai l'auto nel nostro parcheggio riservato, chiusi la portiera sbuffando, chiusi l'auto con il telecomando e mi diressi verso l'entrata. "Allora Peter, la ragazza è bassina, occhi marroni e capelli castani" mia madre era sempre così brava a descrivere le persone. Quante ragazze al mondo ce ne sarebbero state di così? Idiota, pensai. Diedi uno sguardo veloce alla reception e notai quasi subito una ragazza proprio come me l'aveva descritta mia madre. Non era poi così idiota, pensai. Guardai ancora un po' quella ragazza prima di avvicinarmi a lei, aveva un cappotto abbastanza vecchio e delle Converse abbastanza consumate. L'aria di chi non voleva essere lì ma che doveva per forza. Mia madre mi aveva solo detto di assumerla e basta. Ma non le avrei reso quel momento così facile, un sorriso sghembo apparve sul mio viso e mi diressi verso di lei.«Tu dovresti essere la ragazza per il colloquio giusto?» dissi con tono arrogante.
«Oh si ciao, io sono Mariana, ma mi chiamano Lali.» mi sembrò intimidita, ma come non comprenderla.
«Non mi interessa come ti chiami sono qui d'obbligo, quindi dammi i tuoi documenti così li faccio avere a mia madre per il tuo contratto»
«Sai neanche a me interessa come ti chiami, sono qui esclusivamente per aver un lavoro, sai non tutti siamo nati con la camicia.» è una tosta, pensai.
«Io aspetto ancora i documenti, se ti dai una mossa, così me ne vado.» sapevo che mi avrebbe dato filo da torcere e che forse avremmo continuato all'infinito «Ah e vedi di darti una regolata, sono pur sempre il figlio del tuo capo.» un sorriso amaro si formò sul suo viso e disse quasi con disprezzo «Cerca tu di essere più umano ed educato, ecco i documenti, spero di vederti il meno possibile.» mi porse i documenti e con gli occhi bassi se ne andò. "Ed io sarei quello che dovrebbe essere più educato!", quasi risi dopo la mia esclamazione, ma una vibrazione mi distrasse dai miei pensieri. Estrassi il telefono, "Agustina" appariva sul mio schermo, era un messaggio da quella che sarebbe dovuta essere la mia ragazza. Scorsi il dito sul mio Iphone ed aprii il messaggio
"Ehi, amorcito, sono sola a casa, che ne dici di passare? xoxo" cavolo, pensai. Dovevo scrollarmi un po' di tensione da dosso e quale metodo migliore del buon sesso?
Lali
«Non puoi immaginare! E' stato orrendo!» urlai alla mia amica che era in bagno.
«Io ti avevo detto qualcosa l'altra volta, stai solo confermando le voci che ci sono su di lui!»
«Non mi interessa come ti chiami sono qui d'obbligo» dissi facendo una vocina strana, ma poi continuai, «deve sapere a me quanto interessa il suo nome! E gliel'ho detto! Mi ha detto che devo portargli rispetto e che lui è pur sempre il figlio del capo! Ma che mi interessa!» urlai ancora, quasi esasperata dal ricordo che avevo di quella giornata. Mai più avrei voluto avere a che fare con lui. Mai più.