The Royal Fiordispino.

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È una legge della dinamica che il mio professore di fisica mi aveva insegnato: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Se quindi capita di essere invitati a una festa di beneficenza e successivamente scaricati dalla stessa persona a un giorno dell'evento, è praticamente inevitabile il ricever un invito a un'altra festa, questa volta di compleanno, sempre dalla stessa persona, senza però ritrattazioni questa volta.
Ma nonostante, in teoria, c'era da aspettarselo, ora non riesco a non stupirmi. Sono a Southampton, di nuovo, in compagnia di Stash, di nuovo, ma della casa buia e abbandonata fatta eccezione per Edward non vi è proprio nulla.
C'è il sole e c'è un clima ormai primaverile: il surriscaldamento globale porta a percepirlo più come una mite estate, ragion per cui mi sono concessa un mini abito blu scuro che mi lascia le gambe scoperte ma senza che ne risentano per il freddo.
L'occasione? Compleanno di Alex.
La villa non è affollata, di più. Alcuni visi - quelli più particolari - li riconosco dall'ultimo e unico evento a cui abbia partecipato e che riguardi questo mondo fatto di soldi, principalmente.
Daniele non verrà perchè doveva lavorare al contrario di Giorgia che si presenterà con Tyler. La cerco ma di lei nessuna traccia. Stash è teso, lo noto dal continuo sistemarsi il completo nero e dall'osservare con distacco e irrequietezza l'insieme di persone che compongono questa festa.
"Tutto bene?"
Stringo la presa sul braccio che prima di varcare la soglia, in un gesto molto galante, mi aveva offerto.
"Ho bisogno di un drink"
Il giardino è affollato di persone e al centro di esso è stato installato un ampio tendone bianco sotto al quale si trovano diversi tavoli e un bancone bianco dietro al quale due camerieri si destreggiano nel preparare le ordinazioni.
Mi sento sempre un po' a disagio nonostante la vicinanza con Stash con cui, questa volta, sono in ottimi rapporti, sia per l'ambiente sia per la paura di incontrare Logan... Di certo non ci siamo lasciati con dolci parole l'ultima volta e non è tra le mie priorità rivederlo.
"Dovremmo andare a salutare Alex, non pensi?" domando cercandolo con lo sguardo una volta avvicinati all'open bar e ordinati due bicchieri di champagne.
"Perchè, ti manca?"
Sbuffo, indispettita dal suo fare da tribunale inquisitorio su questa questione: gli ho già spiegato che ci siamo presi un caffè dopo esserci incontrati per strada. E ho infierito dicendo che se lui per primo non si fosse comportato da bastardo di prima categoria io non sarei stata costretta ad evitare la mia stessa casa costringendomi a vagare senza meta attraverso la città per giorni.
Ovviamente non era certo bastato quello per rassicurarlo: non so bene perchè ma non gli va a genio che io abbia passato del tempo con Alex.
Ma avevo promesso a quest'ultimo di aiutarlo a riallacciare i rapporti con il fratello, ecco perchè l'ho convinto ad accettare l'inaspettato invito.
"Non fare l'idiota, sai che sei tu il mio Fiordispino preferito"
Di certo non è nella mia lista di priorità discutere di nuovo su questo argomento, anche perchè c'è poco da dire: è stato molto bello conoscere Alex ma non devo neanche fermarmi a riflettere un secondo circa le mie preferenze; non è per Alex che farei di tutto.
In tutta risposta, da parte sua, ricevo un sorriso soddisfatto e che trasuda egocentrismo e sicurezza da ogni angolatura.
Ma è di breve durata: in pochi secondi si spegne tornando a essere un tentativo di mascherare il disagio che gli provoca anche solo lo stare qui.
Lo osservo preoccupata ma decido di non asfissiarlo troppo con le mie domande. O almeno era questa la mia intenzione fino a che per la prima volta lo vedo in difficoltà, seriamente in difficoltà.
I suoi occhi, che continuano a correre per il giardino immenso, si bloccano esattamente alle mie spalle e d'istinto sgrana le pupille, che si rischiarano, trattenendo il respiro per una manciata di secondi.
"Stash, sono seria... Cosa c'è?"
Allarmata da quella sua reazione mi volto ma tutto ciò che vedo è la solita massa di gente.
"Chi c'è?" questa volta specifico la domanda perchè la sua attenzione è attratta da un punto preciso che però non riesco a individuare, dato che nel momento in cui lo guardo e cerco di capire a cosa, o meglio chi, punta il suo sguardo, lui lo distoglie.
"Nessuno. Andiamo a cercare Alex?"
Ora vuole andare a cercarlo: l'ennesima prova che qualcuno tra quelle persone l'ha turbato più del dovuto.
"Ma che razza di festa è?" chiede in un mezzo commento e mezzo sussurro con aria quasi disgustata.
Mi aggiusto una ciocca di capelli dietro l'orecchio alla ricerca della risposta adatta: sono sempre un po' incapace nell'aiutare immediatamente qualcuno. Per parlare fino a notte fonda ci sono sempre ma se si tratta di prendere decisioni all'improvviso e senza averci pensato almeno un attimo sono una frana.
L'impulsività non è il mio forte... disse la migliore amica dell'istintività fatta a moro tenebroso.
Gli lancio un'occhiata piuttosto inequivocabile, non capendo il senso della sua frase: le uniche feste di compleanno che abbia mai ricevuto contano maldestri tentativi di zia Jenna di cucinare o sbronze che svuotano la memoria di ogni ricordo della sera passata.
Una festa del genere per i miei diciotto anni sarebbe stata perfetta.
"Il catering, gli invitati, gli Hamptons... Questo non è mio fratello - spiega indicando con un gesto disinteressato l'ambiente che ci circonda - Al mio compleanno di qualche anno fa, Alex mi aveva portato a una festa nel locale in cui io e te eravamo andati un po' di tempo fa, Billy's, e eravamo così ubriachi che ci eravamo fatti mettere l'eyeliner da una ragazza che aveva proposto sia a me che a lui una sveltina nel bagno, gentilmente rifiutata da entrambi... Non dimenticherò mai la sua faccia da timorato nel venirgli offerta una cosa del genere"
I suoi occhi si illuminano per un secondo di una luce malinconica e il sole non ha nulla a che fare con tutto questo. Gli manca suo fratello ma temo che non sia il suo stupido orgoglio l'unico problema.
"Attento Stash: tutta questa malinconia mi potrebbe far pensare che il tuo cuore non sia di ghiaccio"
Ci scambiamo uno sguardo complice, il suo più scettico ma che comunque tradisce una patina di verità.
È l'unica cosa che posso dirgli per ora: non è luogo nè momento di affrontare discorsi seri. E poi siamo solo al primo bicchiere di champagne: per chiacchierate da esistenzialisti almeno il trenta percento del cervello deve essere annegato nel gin.
La mia frase riesce a farlo sorridere, regalandomi la sua espressione migliore: quella del vero Stash.
Ammetto di apprezzare anche quella parte di lui più cinica e sarcastica ma quando è sincero e rilassato, sopratutto se sono io a esserne la causa, trovo che abbia qualcosa in più che, per riflesso, fa sorridere anche me.
Sollevo lo sguardo e noto Alex parlare con due ragazzi di spalle che non riconosco: basta uno sguardo d'intesa tra me e Stash e ci avviciniamo.
"Ciao Alex!" esclamo andandogli incontro e godendomi l'espressione sorpresa - ma sopratutto felice - nel vedere chi ho convinto a venire.
"Nic" risponde cordialmente ma l'attenzione è rivolta a Stash.
Poi, come se si fosse appena risvegliato da uno stato di trance, rivolge l'attenzione a me e si avvicina per abbracciarmi.
"Piaciuto il regalo che ti ho portato?"sussurro ancora stretta tra le sue braccia.
"Il migliore" ribatte staccandosi e ringraziandomi tacitamente con un solo sguardo amplificato dai suoi occhi.
"Prego, fate con comodo..." commenta Stash quasi innervosito, una mano in tasca e l'altra che passa nervosamente tra il ciuffo corvino.
Lo guardo e lui mi guarda, chiaramente disturbato dalla situazione. Chi l'avrebbe mai detto: Stash Fiordispino imbarazzato.
"Grazie per essere venuto" ammette pacatamente Alex.
Abbasso lo sguardo, come se mi sentissi di troppo in quella situazione e la verità è che lo sono.
Non mi aspetto certo che basti questo a farli riavvicinare ma da quei pochi racconti che Stash mi ha fatto del suo passato, fatta eccezione per la storia di Carmen, sembra che Alex sia stato per lui un punto di riferimento quasi quanto Stash lo è stato per lui.
Quindi posso ammettere almeno a me stessa, in tutta tranquillità, che è un favore che voglio fare innanzitutto al mio amico e coinquilino.
"Figurati, sai quanto amo eventi di questo genere. Sopratutto se ad organizzarli è papà, o sbaglio?"
Mi volto di scatto, chiedendomi il perchè di quella frase finale ma Alex conferma le mie deboli teorie appena formulate.
"Sì, Stash, è stata un'idea sua - sottolinea, infastidito dall'impossibilità di Stash di fare la stessa cosa - Sai che non è da me fare cose in grande stile..."
Il ricordo dell'unico e fugace incontro con loro padre mi fa rabbrividire: la mia considerazione per quell'uomo è considerevolmente bassa e questo mio disprezzo non è solo dovuto agli avvenimenti del loro passato di cui sono a conoscenza.
Sono stata in presenza di quell'uomo per pochi minuti ed è riuscito, in poche e concise frasi, a farmi sentire fuori posto e inadatta, con il suo modo di fare superiore.
"Mi sembrava una buona occasione..."
La voce del padre giunge alle nostre spalle e non ho bisogno di guardare Stash per capire che si è irrigidito e innervosito al solo sentirlo arrivare.
"Stash! Questa sì che è una sorpresa. Ultimamente sembra che tu abbia perso il vizio di dimenticarti degli eventi importanti a cui dovresti partecipare"
Esattamente ciò di cui parlavo: altezzoso e convinto che tutto il mondo debba prostrarsi ai suoi piedi. Non mi stupisce che un testardo come Stash abbia faticato a sopportarlo per così tanto tempo.
"Non lo chiamerei vizio - ribatte riservandogli la sua migliore espressione da bastardo - È più che altro qualcosa che ho ereditato da te... Ancora mi ricordo il mio ottavo compleanno passato con le due segretarie nella sala d'attesa, appena fuori dallo studio dei tuoi soci con cui hai passato il pomeriggio in riunione. A tua discolpa posso dire che nutrivo ancora speranze circa la tua capacità di fare il padre e pensavo davvero che mi avresti portato da qualche parte. O anche solo un regalo"
Come un lampo a ciel sereno, un bambino seduto su una sedia più grande di lui che non gli permette neanche di posare i piedi a terra mi attraversa la mente: mi basta addolcire i tratti marcati del suo viso per visualizzare un piccolo Stash che si guarda le mani annoiato,  in attesa di vedere la porta spalancarsi e il proprio padre uscire per festeggiare il suo compleanno.
Mi si stringe il cuore e il primo istinto è quello di abbracciarlo ma peggiorerei la situazione già fin troppo a rischio.
Forse il padre è abituato ad avere l'ultima parola in ogni situazione e probabilmente si è dimenticato di avere un figlio che ha ereditato questa sua capacità affinata ormai ad arte, ragion per cui rimane sorpreso nel sentirlo inveire con quella sottile sfumatura di cattiveria nella voce che lo ammutolisce per un secondo.
Ma Stash imperversa con la stessa tonalità strafottente.
"Mi stavo chiedendo se il fatto che non servano vodka sia qualcosa che tu hai volontariamente stabilito sapendo che sarei venuto o se sia stato qualcosa di istintivo per l'inconscio gusto che hai nell'ostacolarmi"
Cerco in Alex una mano amica, sentendomi sempre più piccola davanti a quello che è uno scontro fra titani a tutti gli effetti. Ed ora è il turno del padre.
"Le tue teorie cospiratrici mi affascinano terribilmente ma penso che Alex non abbia voglia di sentirci litigare... Oh - esclama guardandomi con fare divertito - Non avevo notato che ti eri portato dietro la tua piccola amica ladra"
A quelle parole circa la nostra violazione in questa villa scatto a guardarlo con durezza, offesa dal suo modo di rivolgersi a me, una sconosciuta, in un modo che potrebbe essere percepito come offensivo.
Io sono ben lontana dal fare scenate perchè so che mira a colpire Stash, ragion per cui non reagisco rimanendo in silenzio.
Ma Stash è di tutt'altro avviso: si avvicina al padre con fare minaccioso, quasi spaventandomi per la freddezza con cui gli si rivolge.
"Chiedile immediatamente scusa. - sibila con rabbia - E non provare mai più a mancarle di rispetto in questo modo perchè te la vedrai con me e non me ne frega un cazzo di rovinare il compleanno a Alex... Sarebbe l'occasione perfetta per coronare il mio sogno di prenderti a pugni e sai quanto poco mi freghi della considerazione che queste persone potrebbero avere di me"
A quelle parole rabbrividisco letteralmente: non lo avevo mai visto così arrabbiato. In confronto, la nostra litigata mi appare un civile scambio di opinioni e per questo mi affretto a richiamarlo, appoggiando una mano sul suo braccio per farlo calmare.
"Stash, lascia perdere"
Scocco un'occhiata a Alex che immediatamente si avvicina al padre e lo porta via, convincendolo ad andare a bere qualcosa.
Anche quando sono lontani, Stash non accenna a spostarsi di un millimetro mantenendo la stessa freddezza.
"Stash..."
Mi porto davanti a lui, cercando di catturare il suo sguardo nel mio ma non sembra funzionare.
Spazientita da questa situazione, gli afferro il volto costringendolo a un contatto visivo.
"Guardami" gli ordino e finalmente sembra ascoltarmi. Nel momento in cui il suo castano si fonde nei miei occhi cioccolato, la sua espressione si addolcisce lasciando spazio alla frustrazione.
"Ma lo hai sentito?! - sento che sta per infiammarsi di nuovo, quindi gli accarezzo il braccio per calmarlo - Che bisogno c'era di attaccarti in quel modo?"
La mia mano sinistra si sposta sulla sua guancia nell'ennesimo tentativo di annullare il più possibile tutto quell'astio.
"Voleva provocarti e farti reagire esattamente come stavi per fare... Non dargli la soddisfazione di vederti scattare alle sue insinuazioni. Sei migliore di lui, ne sono sicura, e comportandoti così fai solo il suo gioco..."
"Ti ha chiamato ladra, Nicole!" ribatte esasperato aprendo le braccia in un gesto stizzito.
Sento gli occhi che pian piano si stanno inumidendo ma ciò non ha nulla a che fare con il modo in cui si è rivolto a me il padre. È per Stash, per il peso che si porta sulle spalle e sembra schiacciarlo ogni volta che si accosta a questo mondo e riapre vecchie ferite.
Mi sento un'egoista per essermi arrabbiata con lui a quella festa anche se avevo tutti i motivi per farlo: avrei dovuto rimandare la questione e stargli vicino.
Ho perso quell'occasione e proprio per questo sfrutterò al meglio questa per dimostragli di essere la persona che vorrei essere per lui.
"E tu non ascoltarlo! Lo sai meglio di me che non è stato nulla di personale nei miei confronti e io non me la sono presa proprio per questo... E neanche tu dovresti"
Non c'è spazio per le debolezze quando lui si rivela così fragile: devo essere forte per tutti e due ed è esattamente ciò che ho intenzione di fare.
Percepisco la sua mano accarezzare la mia, ancora posata sul suo volto e i suoi occhi guardarmi a partire dalla profondità del suo animo.
È questo il ragazzo per cui farei di tutto e mi sento come un magnete attratto dalle sue sfumature.
Stash e i suoi occhi sono tutto ciò che mi resta dell'aria invernale.
Sparisce tutto, sparisce il giardino e spariscono gli Hamptons. Non ci sono più le velenose stoccate del padre nè lo sguardo tirato di Alex che rivede per l'ennesima volta tutto ciò che gli rimane della sua famiglia scontrarsi senza alcuna pietà.
Ci sono le sue braccia che in un gesto fluido mi avvicinano a lui, alla ricerca di un abbraccio che non sono in grado di negargli dopo tutto quello che è successo.
Lo sento sospirare, con il volto che quasi affonda nei miei capelli e, per un secondo, grazie a me, riesce a ritrovare il sorriso.
Mi stringo più a lui, come a voler legittimare tutto ciò che provo e in un secondo tutto viene spazzato via da un'unica sensazione...
Come se il contatto all'improvviso fosse diventato un ustione, mi stacco da lui ma non posso dargli una spiegazione nel momento in cui assume un'espressione interrogativa.
"Vieni - affermo staccandomi da lui con le labbra tirate in un timido accenno di felicità e determinata a lasciar perdere la sensazione di prima- andiamo a goderci la festa"

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