I am A Fugitive From The Inescapable.

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"Non è che hai anche una laurea in medicina, oltre a quella in architettura? Perchè non vorrei che ti fossi rotto qualcosa" commento, rigirandomi la sua mano gonfia e livida tra le mie con la maggior cura possibile.
Noto con un certo imbarazzo che lui sta fissando me, non la sua ferita di guerra e in modo molto attento, per giunta.
Mi scruta facendo correre i suoi occhi lungo ogni dettaglio del mio viso pensieroso, nonostante un velo di confusione rimanga presente nel suo sguardo che appare lievemente lucido, per l'alcool o per la luce soffusa senza dubbio.
"Ce ne andiamo?" chiedo, dopo aver inteso come risposta un'espressione noncurante che sembra voler dire "le fratture sono per le ragazzine spaventate".
Appena usciti entriamo in macchina, chiaramente mi misi alla guida visto che Stash in quelle condizioni non era in grado.
L'atmosfera è silenziosa, ma per nulla tesa... Semplicemente non abbiamo nulla da dire e questo non rappresenta un problema per nessuno dei due.
E forse questa è l'ulteriore conferma che come binomio di coinquilini funzioniamo, alla fin fine.
Ogni tanto mi volto ad osservare il suo profilo dietro al quale si stagliano le luci di Manhattan che si intravedono dal ponte su cui siamo: Stash ha gli occhi chiusi, probabilmente l'acool sta rivendicano i suoi diritti sulla sua mente e la quasi rissa non è certo d'aiuto.
A rompere questo momento di silenzio non sono però della parole, ma un suo gesto che mi stupisce più di quanto mi sarei aspettata: con la mano sana mi accarezza il braccio, mimando un "grazie" con le labbra che nonostante sia accompagnato da uno sguardo sardonico, lascia trapelare la veridicità di quella parola.
Gli sorrido di rimando, ma quello che non credevo sarei stata in grado di fare è appoggiare una mano sulla sua in un modo forse fin troppo naturale: ma lui non si muove, nè tantomeno si irrigidisce.
Rimane in quella posizione, permettendo lentamente che io rimanga così tranquillamente.
Una volta giunti a destinazione, parcheggiai davanti al portone, scendemmo e a fatica raggiungiamo l'appartamento, causa poca collaborazione da parte del mio compagno di serate che deve aver deciso di usarmi come bastone della vecchiaia a cui appoggiarsi tranquillamente.
Appena entrati lo sospingo a fatica verso la sua camera, dove si butta pesantemente sul letto, togliendosi le scarpe con un gesto infastidito e raggiungendo il cuscino in cui fa sprofondare il volto.
Missione compiuta: nessun ferito, nè morto per strada... Ma non faccio a tempo a raggiungere camera mia che la sua voce mi blocca.
"Nic?"
Il tono, intimorito e bisognoso che ricorda quello di un bambino, mi intenerisce abbastanza da farmi avvicinare a lui
"Grazie" prorompe all'improvviso, distraendomi dai miei pensieri.
Non riesco però a capire a cosa si riferisca, perchè il tono con cui questa volta lo ha pronunciato è diverso da quello precedente; lui sembra capirlo dalla mia espressione confusa.
"Per cosa?"
"Per essere rimasta con me"
Laconiche e dirette, le sue parole mi arrivano, ma non rimbalzano per poi disperdersi nella stanza. Rimangono dentro di me, attecchiscono sulla mia pelle e occupano il mio cervello: perchè in quella frase, in quelle quattro misere parole pronunciate a stento, colgo un'insolita e implicita nota di stupore, come se non fosse abituato ad avere qualcuno vicino che rimanga con lui più di tanto.
Ed ecco che il viso di Stash si rilassa regalandomi un sorriso dolce cosa che sembra farmi capire che è diverso, di solito il suo viso assomiglia più a una barriera che ha innalzato da tutto e da tutti: in vino veritas, del resto.
Come se la sua ubriachezza fosse contagiosa, la mia ragione decide di prendersi una pausa, lasciandomi in balia delle mie sensazioni: ecco perchè mi sfilo la giacca e gli stivaletti, andando a sdraiarmi di fianco a lui, che non saprei dire se sta dormendo o meno dal momento che mi da le spalle, cosa che decido di fare anche io.
In fondo non sto, anzi stiamo, facendo nulla di male: se nessuno dei due ha qualcosa da ridire, come potrebbe essere sbagliato?
Percepisco la sua schiena sfiorare la mia di tanto in tanto e non posso fare a meno di rilassarmi a quel lieve e quanto mai involontario tocco: del resto, la mia ragione si è presa una piccola vacanza.
Così ci addormentiamo, senza nessuna frase di circostanza, nè tantomeno augurio di passare una notte tranquilla, semplicemente perchè sarebbe fastidiosamente inutile.

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