▴Due▴

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La situazione stava degenerando in fretta e presto mio padre, ubriaco fradicio, avrebbe provato ad entrare nella mia stanza. Mi ero chiusa dentro, ciononostante, quella misera lastra di legno avrebbe contenuto la forza di quel mostro?

Ero nel mio letto rannicchiata sotto le coperte, mentre brividi di terrore mi salivano su per la spina dorsale.

Quando ero piccola pensavo che bastasse portarsi la coperta fin sulla testa e che essa, come uno scudo impenetrabile, mi proteggesse dal male, ed era così per i mostri nati dalla fantasia di una bambina, ma dovetti imparare, fin troppo presto, che quelli veri non indietreggiano davanti a una misera coperta.

La maniglia della porta iniziò a smuoversi freneticamente.

«Shana, apri questa maledetta porta!» urlava il mostro con voce impastata. «Apri o giuro che la butto giù!» continuò, ostinato, nonostante non rispondessi, colpendo violentemente la porta con i pugni.

Presto, si rese conto che le mani da sole non bastavano, così iniziò anche a prenderla a calci.

La porta tremava sempre di più e io avevo il serio terrore che sarebbe crollata lasciandomi sola e vulnerabile davanti a quegli occhi furiosi.

Sentii qualche altra botta prima che si arrendesse o che il troppo alcol gli facesse perdere i sensi.

Anche quella sera ero riuscita a sfuggire dalle sue grinfie. Era un incubo che vivevo da troppi anni ormai. Quando gli affari non andavano nel verso giusto o le cose non filavano lisce, lui si buttava sulla sua scorta di alcolici e ben presto diventava violento, scaricando le sue frustrazioni su di noi – o meglio – su di me.

Finché non imparai ad evitarlo.

Chiusi gli occhi a fatica, ma riuscii ad addormentarmi poco dopo. Non sognai. Non sognavo più da anni. Il mio era un riposo totalmente vuoto, senza emozioni, quasi fosse solo meccanico.

La mattina dopo mi alzai prima della sveglia, come sempre. La impostavo per sicurezza, ma non ne necessitavo quasi mai.

Entrai nel mio bagno e riempii la vasca di acqua bollente che mischiai ad oli essenziali e sali da bagno profumati alle more e lavanda. Questo era il mio unico vizio, l'unica coccola che mi concedevo. M'immergevo e mi lasciavo avvolgere da quel calore, da quella sensazione di pace. Pigiai il tasto play del lettore musicale e lasciai che Ludovico Einaudi colmasse il vuoto. Che la musica si mescolasse al profumo selvatico e liberasse la mia anima da quei macigni che mi portavo dentro da anni. Avevo scelto il brano Solo quella mattina, una melodia ristoratrice e malinconica allo stesso tempo.

Finito il mio quarto d'ora di piacere, ancora in accappatoio, andai verso la cabina armadio. Faceva freddo, così presi un lungo pullover bianco, leggins rigorosamente neri e un paio di stivaletti bassi. Mi guardai allo specchio. I miei occhi erano due pozzi neri, rispecchiando perfettamente il modo che avevo di guardare il mondo. Solo il lieve accenno di rossetto rosso mi faceva sembrare viva. Infine, tirai i capelli in una coda di cavallo abbastanza alta per darmi un'aria più ordinata. Presi la mia borsa squadrata e il mio lungo cappotto rosso con cappuccio.

Non mi fermai nemmeno per fare colazione, dirigendomi direttamente verso il garage. Meno gente vedevo meglio era. Misi in moto la mia Porsche e mi avviai verso la facoltà di economia. Odiavo farmi notare e di certo girare in quella macchina non mi faceva sentire a mio agio.

I miei adoravano l'ostentazione, andavano fieri del loro tenore di vita ed esigevano che anch'io apparissi in modo adeguato al mio buon nome: Wilson. Non credo che bastasse portare quel nome per sentirsi migliori rispetto agli altri. Il mio nome non faceva che circondarmi di gente affamata e arrivista. Chi mi stava intorno non lo faceva di certo per affetto. Non avevo veri amici, solo compagnie che si alternavano in cerca di attenzioni o possibili guadagni futuri. Avevo una buona educazione e sapevo comportarmi anche in mezzo a gente del genere. Il problema era che le persone scambiavano la mia cortesia per affetto, credendo così di conquistare la mia amicizia, quando in realtà sapevano ben poco della mia vita.

Infatti non appena parcheggiai la mia lussuosa auto e mi avviai verso l'ingresso dell'edificio, venni circondata di attenzioni. Era come se tutti cercassero disperatamente di fare colpo su di me e più cercavo di sgattaiolare lontano dalla loro vista, più me li ritrovavo davanti ai piedi. Per educazione rispondevo ai saluti, ma per il resto li ignoravo quasi completamente. Non perché mi sentissi superiore o qualcosa del genere, bensì perché semplicemente facevano discorsi senza senso o perché dalle loro bocche non usciva nulla che potesse risvegliare il mio interesse. Finalmente, una volta giunta in aula, si ammutolirono.
Il professore cominciò la sua lezione di statistica e io cercai di stare al passo il più possibile, finché non mi persi. Non era facile per me, detestavo la matematica, i numeri e tutto ciò che riguardava lucri, profitti, guadagni e soldi.

Mi trovai così a vagare con lo sguardo tra i ragazzi che seguivano il corso con me. Spesso incrociai gli occhi di altri studenti intenti a fissarmi. C'era chi distoglieva subito lo sguardo, imbarazzato, chi mi sfidava a cedere per prima, chi addirittura abbozzava un sorriso o mi faceva un occhiolino. Non mi interessava cosa pensavano di me, loro non sapevano nulla di me. Un maglione firmato, una bella macchina e il mio cognome non bastavano a etichettarmi. Ma tanto, a nessuno di loro interessava veramente chi io fossi, a loro bastavano i miei soldi.

Con la scusa del bagno potei allontanarmi durante la lezione, togliendomi quegli sguardi scrutatori di dosso e mi avviai verso il vecchio lato dell'edificio, quello più isolato.

Finalmente, quell'orrenda sensazione di essere sotto esame continuo, sotto vigilanza, come ad aspettarsi qualche passo falso, sparì. Ero sola. Non amavo la solitudine, anzi, ne avevo fin troppa, ma la preferivo di gran lunga allo stare in mezzo alle serpi.



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Ciao lettori! Nuovo capitolo, è importante riuscire a conoscere Shana. Sto ancora cercando di farvi entrare nel suo mondo. Di farvi comprendere i suoi stati d'animo, per poi passare alla storia vera e propria... che inizierà a prendere una piega inaspettata tra qualche capitolo.

Buona domenica!
Angela

Dark Moon (Versione Demo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora