Venti

388 46 43
                                    

Stavo completamente perdendo la ragione. Non capivo più cosa fosse reale e cosa il frutto della mia immaginazione.

Erano ormai tre notti che passavo rinchiusa in quella stanza maleodorante. Tre giorni di silenzi e digiuni. La notte era compagna sgradevole di ricordi, e il giorno lento e inesorabile prigione dei miei pensieri.

Le mani avevano cominciato ad avere un lieve fremito preoccupante, il corpo risentiva della lunga astinenza dal cibo e gli occhi non riuscivano più a essere attenti e vigili. Non riuscivo a tenere lo sguardo fermo in un punto per più di qualche secondo. La testa girava violentemente e la stanza aveva perso i suoi contorni definiti.

Sentii un rumore metallico e la porta della mia personale prigione venne aperta. Non riuscii nemmeno a vedere chi fosse lo sfortunato ospite. La testa era così pesante che non potei alzare nemmeno lo sguardo.

Non una parola proferì lo spettatore silenzioso.

L'inconfondibile effetto freddo acuminato di un ago sulla pelle attraversò la parte superiore del mio braccio sinistro.

Poco dopo la porta della mia cella si richiuse e il rimbombo fece eco nella mia mente debole.

Sentii scorrere quel liquido appena iniettato lungo le mie vene, come fosse assetano quanto me. Era la prima cosa che entrava in circolo dopo tre giorni di digiuno. Guardando il braccio mi sembrava quasi di vedere il liquido scorrere e propagarsi al resto del corpo.

Le palpebre si fecero ancora più pesanti di quello che già erano e mi portarono verso un sonno artificiale.

Immagini frenetiche si susseguivano nella mia mente. Gli occhi di mio padre, mia madre che distoglieva lo sguardo della oramai solita scenetta, l'arrivo di Joy, l'ubriaco alla fermata della metrò, il finto poliziotto e infine Sebastian.

Le emozioni si accavallavano confuse. Poi un black out totale. Tutto tornò a essere incolore e insapore e le immagini cessarono. Tornai al famoso mondo senza sogni che conoscevo bene, o per lo meno lo credevo.

Mi trovavo di nuovo in quella stanza ammuffita, però stavo ancora sognando.

I colori ripresero la loro tonalità originale nella mia mente, la scrivania si riempì di matite colorate e fogli. Una bambina dai lunghi capelli corvini vi stava seduta. Le gambe penzoloni, troppo corte per toccare terra, dondolavano allegre e spensierate. La matita tra le mani scorreva veloce e il disegno si colorava sotto gli occhi stupiti della piccola.

La bambina si girò verso di me, mi sorrise e con un buffo balzo scese dalla sedia. Si avvicinò lentamente e si sedette sul letto.

«Chi sei?» mi chiese «Cosa ci fai nella mia stanza?»

«Sono Shana» risposi alla prima domanda e lasciai cadere nel vuoto la seconda.

«Non è vero io sono Shana, tu sei un fantasma» mi rispose la bambina convinta.

«Perché sarei un fantasma?»

«Perché qui non può entrare nessuno, perché a nessuno è permesso farmi visita, e tu sei entrata senza passare dalla porta».

Mi guardai le mani, vedevo attraverso esse la trama del tessuto del letto. Guardai la bambina svanire, e la stanza tornare ad ingrigirsi e svuotarsi.

Aprii gli occhi. Istintivamente portai lo sguardo verso la scrivania.

Mi alzai tremante. Mi dovetti sorreggere alla sponda del letto per il forte capogiro. Mi avvicinai traballante verso la scrivania e trovai una nuova ciotola di cibo e una bottiglina d'acqua nuova e ancora sigillata.

Vi era un foglietto appoggiato lì vicino.

'Mangia'

Sembrava un ordine.

Non volevo dargliela vinta, ma non potevo nemmeno arrendermi così facilmente e lasciarmi morire. La mia vita era più importante e preziosa di uno stupido ricatto. Valevo più di mio padre e per dimostrarlo dovevo rimanere viva.

Presi la bottiglina d'acqua, ma il freddo e il tremolio delle mie mani e la totale mancanza di forza, non mi permisero di aprirla. Lasciai perdere.

Presi il cucchiaio di fianco la ciotola con la zuppa e cominciai a portare verso la bocca un po' di brodo. Iniziai a buttarlo giù a piccoli sorsi, riabituando il corpo, un passo per volta.

Il brodo giunto allo stomaco sembrava farmi male più della sensazione di vuoto. La pancia si lamentava bruscamente e nuovi conati di vomito si riaffacciarono prepotenti. Ma non vomitai.

Dopo soli tre cucchiai decisi di fermarmi. Andai verso il bagno e mi bagnai le labbra con un po' d'acqua.

Tornai sulla scomoda brandina e gli occhi si richiusero involontariamente.

Sognai la bambina di poco prima, questa volta era in uno stretto cortile con un pallone in mano. Giocava da sola contro un muro. Si stancò presto e l'ultima pallonata a cui non aveva risposto le colpì il volto.

Si sedette al suolo, gli occhi lucidi e il naso arrossato per la pallonata.

Un bambino poco più grande le si avvicinò.

«Ti sei fatta male?»

La bambina si asciugò il viso dalle lacrime e gli sorrise «No, sto bene»

«Vuoi giocare con me?» domandò al ragazzino dai capelli biondo cenere.

«Certo» rispose lui sfoggiando un sorriso che risvegliò il cuore addolorato della piccola Shana.

**********

Nota autrice corta corta!
Volevo solo augurarvi buone feste (anche se in terribile ritardo) sono incasinata peggio della macchina di Sebastian ne sono consapevole.

Spero abbiate passato nel miglior modo possibile questi giorni...

E che altro dirvi... La fase 2 di Dark Moon sta prendendo forma e credo che alcune di voi abbiano anche delle teorie interessanti... Qualcuna è anche andata vicina alla storia di Logan e Shana... Ma non aggiungo altro!

Dark Moon (Versione Demo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora