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La musica era alta nel locale, più di quanto le delicate orecchie di Louis riuscissero a sopportare quella sera. Sbuffò pesantemente, appoggiandosi con i gomiti al bancone per poi richiamare l'attenzione del barista con un cenno della mano. Gli fu servito subito il suo Martini, essendo cliente quasi abituale. Fece una smorfia a quel pensiero, "quasi abituale". Solo perché lo trascinavano i suoi amici dopo ogni servizio fotografico, con la scusa di festeggiare, cosa che succedeva quasi ogni sera data la fama che aveva raggiunto in così poco tempo. Ingollò il suo Martini in un solo sorso, il terzo della serata e la testa cominciò a vorticare leggermente, non troppo da impedirgli i movimenti, ma abbastanza da rallentarlo. Cercò per l'ennesima volta i suoi tre amici, individuando Liam e Niall sulla pista ed Harry che si dirigeva a grandi passi verso di lui. Man mano che si avvicinava, Louis era costretto ad alzare la testa a causa dei quindici centimetri di differenza che li separavano, cosa che il maggiore rimarcava continuamente, spesso accompagnando l'affermazione con una scompigliata di capelli, facendolo poi borbottare irritato come un bambino. Fece per parlare, ma la voce lenta e roca dell'altro lo interruppe, come al solito, e storcendogli, come al solito, una smorfia al pari di un bambino di cinque anni.

-Quanti drink hai bevuto?- chiese il riccio, un sopracciglio inarcato nella direzione del più piccolo che lo guardò con i suoi enormi occhi di cielo spalancati e lucidi, le guance arrossate.

-Tre Martini- rispose gonfiando le guance, per nulla intimidito dallo sguardo di disapprovazione del maggiore. Questo sospirò e scosse la testa.

-Lo sai che non mi piace se bevi, Louis - fu la risposta pacata dell'altro.

-Lo dici sempre. Quando siamo solo tutti e quattro non ti importa però, posso bere quanto voglio- risponde piccato. Ogni volta è la stessa storia.

-Perché quando siamo soli ti teniamo d'occhio, in modo che tu non ti faccia male- ed ecco la stessa risposta di sempre. Inutile continuare a dire che lui non è un bambino ormai, gli altri tre non lo ascoltano. Solo perché hanno qualche anno in più. E solo perché, sei anni prima, aveva vomitato anche l'anima dopo una festa particolarmente movimentata, nel campus che frequentavano i tre ragazzi. Louis era troppo piccolo per frequentare l'università, aveva a mala pena 15 anni, ma i suoi amici lo invitarono lo stesso, giusto per fargli vedere come erano le feste del college. E lo lasciarono solo per cinque minuti, giusto cinque, prima che lui si avvicinasse al banco degli alcolici e cominciasse a bere cose a caso. Si era lasciato andare, troppo anche per i suoi gusti, e aveva cominciato a ballare insieme agli altri. I suoi amici lo avevano trovato dopo due ore, dopo averlo cercato come matti, nel bagno della stanza del biondino intento a vomitare. Da quel giorno niente più alcol per Louis, a meno che non ci fosse uno di loro a supervisionare e la cosa era assolutamente ridicola. Aveva 20 anni, viveva da solo da due, in una casa che sarebbe andata bene per dieci persone. E aveva imparato anche a cucinare senza mandare a fuoco nulla! Altro pensiero da scacciare dalla mente, non aveva voglia di ricordare l'attacco di panico di Niall e la ramanzina di Harry e Liam. Scosse la testa a sbuffò infastidito, sapendo fosse inutile anche solo tentare di farlo ragionare, era un discorso affrontato troppe volte, che finiva con Louis che si chiudeva in camera strepitando come un bambino, Harry che si passava una mano tra i capelli, Liam che sbuffava come un toro e Niall che andava in camera con lui e cercava di consolarlo, dicendo che lo facevano per il suo bene. Ecco, nel loro trio Niall era l'unico che provava a mettersi nei suoi panni quindi a volte, nei suoi frequenti attacchi di infantilità, cominciava ad urlare di voler bene soltanto a lui, facendo ridere tutti e tre i suoi amici. Ma era davvero l'unico che non lo prendeva in spalla come un fottuto uomo delle caverne quando si impuntava a voler fare qualcosa che agli altri due non stava bene.

-Io vado a casa- rispose alla fine dopo due minuti passati in silenzio a guardare gli occhi del riccio.

-Ti accompagno- si limita a rispondere lui- avviso Niall e Liam.-

-Posso andare da solo...- deve reprimere l'istinto di gridare tutta la sua frustrazione.

-Non andrai a casa da solo, Louis. Non cominciare nemmeno. Aspettami qui, dico ai ragazzi che andiamo via- detto questo, il moro si avvia verso la pista senza guardarsi indietro. Grande errore. Louis ne approfitta per sgattaiolare fuori e chiamare un taxi, che trova fortunatamente subito. Non fa nemmeno in tempo a sedersi che il suo cellulare inizia a vibrare. Fa leggermente fatica a prenderlo dalla tasca dei suoi aderentissimi jeans e alza gli occhi al cielo mentre risponde alla chiamata.

-Sono in taxi. Sto bene, arriverò a casa tra dieci minuti- dice senza nemmeno dare il tempo ad Harry di parlare. Lo sente sbuffare pesantemente e lo immagina passarsi le mani nei capelli, un tic che ha adottato ogni volta che Louis lo fa uscire dai gangheri. Cosa molto frequente.

-Ti avevo detto di aspettare- dice l'altro, estremamente calmo. Louis rabbrividisce, perché l'Harry calmo gli fa, appunto, venire i brividi. Di solito urla e sbraita. Al piccolo non fa piacere, ma almeno può gestirlo meglio. Sospira anche lui e si lascia scivolare sui sedili scomodi del taxi, prima di rispondere - Devi smetterla di preoccuparti per me Harry, anche gli altri. Sono adulto, so prendere un taxi da solo, almeno-.

Il silenzio dall'altra parte della linea non gli piace. Harry è arrabbiato e a Louis non piace che sia arrabbiato. Odia quando la gente è arrabbiata con lui, soprattutto i suoi amici, ma a volte il suo lato ribelle viene fuori e non riesce a fermarlo. Avrebbe dovuto farsi accompagnare a casa, semplicemente. Rilascia un sospiro tremante prima di chiedere -Sei arrabbiato con me?- con voce adorabilmente sottile. Il riccio dall'altra parte rabbrividisce, immaginando Louis usare quella voce in ambito completamente diverso e prende anche lui un sospiro prima di rispondere con un -No-. Intanto è uscito fuori da locale, l'aria frizzante di inizio primavera gli solletica le braccia scoperte e si appoggia mollemente con la schiena contro il muro.

-Sembri arrabbiato... Non voglio che tu sia arrabbiato- mormora ancora il più piccolo, sempre con quella maledetta voce infantile. A Louis sembra di sentire un gemito provenire dalla voce di Harry, ma prima che possa chiedere quello parla di nuovo. -Non sono arrabbiato Lou, soltanto preoccupato. Dove sei?-

-Quasi a casa... Ecco, sto per scendere, aspetta in linea- .

Il ragazzo porge i soldi della corsa al tassista e si affretta ad estrarre le chiavi di casa dalla tasca. Gira nella toppa e chiudendosi la porta alle spalle riprende il cellulare portandolo all'orecchio.

-Sono a casa- esala in un sospiro. Dall'altra parte anche Harry sospira. Si rilassa e sorride impercettibilmente.

-Vai a dormire, piccolo. Ci vediamo domani mattina-.

-Domani ho la prova della sfilata, non sarò a casa per tutto il giorno- gli ricorda il ragazzo dagli occhi blu.

-D'accordo, ci sentiamo domani allora. Buonanotte angelo- le dita del riccio di stringono con più forza contro il cellulare appena pronuncia quelle parole, ma alla risposta dolce del ragazzino non può che sorridere apertamente.

-Buonanotte Hazza-.


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