3. Il ritorno di Alice

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Un sonno ha intorpidito il mio spirito
non avevo timori umani
lei pareva una creatura che non poteva essere toccata
dal passaggio degli anni di questo mondo
Ora lei più non si muove,
non sente né vede;
avvolta nella terra che ruota ogni giorno su di lei,
insieme alle sue rocce, alberi e pietre.

William Wordsworth, Un sonno ha intorpidito il mio spirito


«Avevi detto che mi avresti protetto sempre. L'avevi promesso».

La voce di Annie tuonò nelle orecchie di Allie come provenisse da un'altra dimensione. Era lontana ma echeggiante. Alice non capiva dove potesse essere. Cercò sua sorella ovunque, ma ogni luogo era un buco nell'acqua.

Annie era nella sua testa.

«Annie...». Alice si accasciò a terra, sostenendosi il capo con entrambe le mani. Era certa che sarebbe presto impazzita.

«L'avevi promesso», ripeté la voce, ora più sostenuta. Allie capì che sua sorella la odiava.

«Ti prego...», sussurrò, stremata. La testa le doleva tanto che temeva di non poter sopravvivere ancora per molto.

«Bugiarda!».

L'urlo le esplose nella testa e Allie si credette spacciata. Rimase in silenzio, distesa sul pavimento della stanza di Annie ad aspettare che il suo cuore smettesse di battere.

Forse ora sarebbe stata finalmente in pace, si disse. Si accorse di essere felice, per la prima volta dopo tanto tempo. Era ironico, pensò, che fosse proprio la fine di tutto a renderla felice. Ma come sarebbe potuto essere altrimenti? Ormai era sola, nel mondo reale non aveva più nessuno. Si era convinta che in tutti quegli anni era stata lei a prendersi cura di sua sorella, ma forse inconsciamente aveva sempre saputo che era lei stessa ad aver bisogno di Annie più di ogni altra cosa. Sua sorella era il promemoria vivente di quanto la vita potesse essere bella, allegra, autentica... Era solo grazie a lei che Allie non era sprofondata nel baratro più oscuro, otto anni prima. E doveva ringraziare anche lei per aver ritrovato se stessa.

Ma quanto poteva durare senza di lei? Allie era consapevole del fatto che da sola non avrebbe mai potuto farcela.

Non senza Annie.

E Annie ora non c'era più.

Non l'avrebbe mai più rivista. Non avrebbe mai più ascoltato la sua voce, mai più rivisto il suo volto angelico, mai più cullato il suo corpicino fragile tra le braccia.

Annie era morta.


La superficie celeste era più chiara del solito, quella mattina. Nottingate non era una città particolarmente calda né troppo fredda, ma una nebbia perenne e inquietante la copriva durante ogni stagione dell'anno, senza eccezioni.

Janet pensava fosse uno scherzo ironico del destino. Il primo giorno di scuola, una specie di incubo da quando riusciva a ricordare, la nebbia aveva deciso di sparire per lasciare spazio a una bellissima giornata che non si vedeva da mesi. Neanche l'estate aveva mostrato tanto sole come ora. Peccato che sarebbe stato un giorno terribile.

Come l'anno prima, e quello precedente, e quello prima ancora.

Jenny aveva passato l'intera nottata a sperare che non si ripetesse la stessa identica storia di tutti gli anni, ma sapeva già che le sue preghiere sarebbero state vane. Emma, Monroe, Nick e Adam avrebbero fatto i prepotenti come sempre e Taylor avrebbe continuato ad ignorarla. Emma, Monroe, Nick e Adam erano le persone più spregevoli presenti sul pianeta, con dei cervelli che messi insieme non raggiungevano nemmeno mezzo di quello di Janet, e la usavano come serva perché lei non era in grado di difendersi o semplicemente mandarli tutti a quel paese. Taylor, invece, era il sogno di ogni ragazza, a scuola. Era alto, biondo, aveva gli occhi azzurri e un volto celestiale. Jenny aveva una cotta per lui dalle elementari, pur essendo perfettamente consapevole del fatto che lui aveva sempre ignorato la sua esistenza.

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