Capitolo sei

192 5 3
                                    

                              Reed
Dopo cena, Sela improvvisamente si lamentò di avere un terribile mal di testa mentre la seguivo in camera da letto. "È stata una lunga giornata," disse, sedendosi sul bordo del letto. Chiuse gli occhi. "Sai, Reed, penso che mi farò un bagno caldo e poi andrò a letto. Niente nuotata."
Presi posto accanto a lei ed inizia a massaggiarle le magre e abbronzate spalle. "Dopo un volo di dieci ore, sono sicuro che sei esausta."
Lei sospirò. "Mm... Sì."
Le baciai il retro del collo. "Che ne dici se ti preparo un bagno e poi ti raggiungo?"
Lei scosse la testa. "No, non con questo dolore." Si mise la mano sulle tempie. "Penso di avere un'emicrania."
"Prendi un'aspirina."
Si voltò e mi guardò come fossi un idiota. "Ho bisogno di qualcosa di più forte. È un'emicrania."
"Giusto. Penso che mia madre abbia qualcosa di più forte", dissi alzandomi. "Vado a chiederglielo."
Lei sorrise. "Grazie."
Salii al piano di sopra dove stavano i miei genitori, e stavo per bussare quando li sentì litigare dall'altro lato.
"Era lei, non è vero?" strillò mia madre. "Stai ancora con lei-non mentirmi!"
"Mimi non ho tempo per questo!" rispose bruscamente Jack. "Ti ho detto che ho smesso di vederla più di un anno fa."
Lei rise amaramente. "Perché dovrei crederti?"
Allontanandomi dalla porta, mi voltai e me andai. Era sempre la stessa storia con il mio patrigno, Jack, che non era in grado di tenerselo nei pantaloni. Avevo già imparato da tempo a restarne fuori. La cosa peggiore era che- lei aveva sempre saputo delle sue scappatelle, anche prima di sposarsi, ma era rimasta comunque con lui. Se non riusciva a capire che non sarebbe mai cambiato, allora era un problema suo. Non avevo intenzione di farmi coinvolgere, ne avevo già abbastanza con i crolli nervosi di Sela.
Quando tornai in camera, era distesa sul cuscino, parlando al telefono.
"Devo andare," mormorò, alzando lo sguardo. "Ci vediamo quando torno."
"Chi era?" chiesi quando lasciò cadere il telefono sul letto.
Scrollò le spalle. "Il mio agente."
"Oh. Beh, sfortunatamente, non ho trovato niente di più forte per le emicranie. Hai qualche prescrizione particolare per questo genere di mal di testa?"
Strisciò fino alla fine del letto e si alzò. "Non qui. Non ti preoccupare, Reed. Dopo il bagno ed una dormita, sono sicura che mi passerà."
Mi avvicinai e la presi tra le braccia. "Sei sicura di non voler fare il bagno insieme?"
Il suo cellulare iniziò a vibrare.
Mi spinse, lo prese e lesse il messaggio, mentre le sue labbra si curvano in un sorriso compiaciuto.
"Che c'è, hai vinto un altro film gratuito a noleggio?" chiesi innervosito.
"No. Il mio agente, di nuovo. Mi tiene aggiornata su alcune cose."
Il suo agente era una stronza furiosa chiamata Delia LeFevre.
Non le interessava nulla di me, e il sentimento era reciproco. Da quando avevo chiesto a Sela di sposarmi, aveva cercato di farle cambiare idea dicendo che la stavo prendendo in giro e che le avrei spezzato il cuore. Ma erano stronzate. Io ero un playboy, ma ero cambiato da quando avevo messo un anello al dito di Sela. A differenza di mio padre, io sarei stato fedele e avrei fatto funzionare il nostro matrimonio.
"Fantastico," borbottai.  "Ci spierà tutto il fine settimana, ne sono sicuro."
Mi contemplò per un minuto e poi mise il cellulare in borsa.
"Reed, potresti prepararmi un bagno?" chiese avvicinandosi. Mi prese per la vita e appoggiò il viso sul mio petto. "Per favore?"
"Certo," dissi, massaggiandole la schiena.
"Grazie, amore mio."
Corrugai la fronte. La parola AMORE non faceva parte del vocabolario di Sela. L'unica volta che la diceva era quando mi dedicavo alle sue parti intime.
"Ehi," dissi, alzandole il mento per poterla guardare negli occhi.
Sorrisi. "Mi sei mancata tanto."
"Anche tu."
Qualcosa non andava bene nel modo in cui mi aveva risposto. Mi chiesi se fosse ancora arrabbiata con me. "C'è qualcosa che non va?" chiesi.
Scosse la testa. "No, perché?"
"Sembri solo un po' distante."
"È stata una lunga giornata."
"Me lo diresti se ci fosse qualcosa che non va?"
Scrollò le spalle. "Ovvio."
Fissandola negli occhi, abbassai la bocca e la baciai dolcemente.
Quando infilai la lingua tra le sue labbra, si allontanò. "Reed, per favore, il bagno?"
Sospirai. "Va bene."
Aprì una borsa più piccola e mi porse un bagnoschiuma. "Grazie."
Entrai in bagno e iniziai a riempire la vasca, versando un po' del liquido rosa nell'acqua. Pensai al suo corpo, bagnato e circondato dalle bolle di sapone, e decisi di provare a convincerla ancora una volta a lasciarmi lavare la sua schiena. Mettendo giù la bottiglia, mi voltai per tornare in camera da letto. "Che diavolo stai facendo?" domandai, fermandomi improvvisamente.
Alzò il viso dalla linea di polvere bianca e si massaggiò il naso.
"A te cosa sembra?"
Serrai la mascella. "Avevi detto di aver smesso con questa merda."
"L'ho fatto, ma..."
"Ma cosa?"
Mi fissò per un istante e sospirò. "Per l'amor di Dio- qual è il problema? Sono un'adulta. Non dovrei dare spiegazioni a nessuno."
Presi la busta di cocaina e andai in bagno.
"Reed!" urlò, seguendomi e cercando di afferrare il mio braccio.
"Ridammelo. Non avevo ancora finito!"
"Oh," sussurrai, "si, invece."
"Reed!"
Scossi la testa. "No, Sela, assolutamente no. Non qui e di sicuro non tu."
"Non puoi dirmi che cosa fare!" gridò.
Lo svuotai dentro al water e tirai lo sciacquone. "Stronzate," dissi, abbassando la tavolozza. "Sai cosa penso delle droghe. Ne abbiamo parlato molte volte!"
"Tu ne hai parlato," urlò uscendo dal bagno. "Non ti ho mai promesso niente."
Le andai dietro. "Ovviamente ero l'unico che ragionava durante quelle conversazioni. Sela," dissi, afferrandola per le braccia, "ascolta, ti proibisco di utilizzare quella roba, o qualsiasi altra droga per quello che importa. Hai capito?"
Cercò di spingermi. "Lasciami andare."
"Guardami," ordinai. "Promettimi che la smetterai."
"No, non lo farò," disse. "Lo faccio una volta ogni tanto... mi aiuta a concentrarmi."
"Ti aiuta a concentrarti? Queste sono cazzate! Sela, sai che quella merda non è ammessa in casa dei miei genitori o in casa nostra."
"Beh, allora forse non dovremmo vivere insieme," disse con sguardo di sfida.
Le sue parole mi colpirono. La lasciai andare. "Davvero sceglieresti le droghe al mio posto?"
Alzò il mento. "No, ma quello che scelgo è la mia libertà di fare ciò che voglio. Non sono una bambina e nessuno mi dirà come vivere la mia vita. Né tu né nessuno altro."
Ero così incazzato, che l'avrei strangolata. Invece, decisi di togliermi dai coglioni prima di fare qualcosa che avrei rimpianto. Mentre mi mossi verso la porta, chiamò il mio nome.
"Che c'è?" risposi brusco.
Sorrise tristemente. "Ti stai comportando in modo irragionevole."
"Tu credi?"
"Si, smettila, per favore."
Sospirai. "Sela..."
"Non lasciarmi," mise il broncio. "Non mi piace stare sola."
"Non sei una bambina? Ti stai comportando come tale. Farai meglio a pensare alle tue scelte di vita perché sono dannatamente serio sulle droghe, Sela. Se non la smetterai, allora non funzionerà mai tra di noi."
Mi guardò con uno sguardo assassino prima di correre in bagno e sbattere la porta.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 24, 2016 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Una bellezza complicataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora