3||don't cry

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Buio.

È tutto quello che riuscivo a vedere e percepire.

Una benda mi impediva di vedere, e delle corde ben strette legavano i miei polsi dietro la schiena.

Erano ore che ero in quelle condizioni.

Ero stanca, ansiosa e spaventata.
Ad ogni minimo rumore sussultavo o mugolavo, scuotendo la testa, continuandomi a ripetere che non fosse tutto vero, che fosse un brutto sogno.

Si, esatto, un brutto sogno.
Era tutto un incubo.

Un incubo terribilmente reale.

Un rumore da una tubatura mi fece sussultare un'ennesima volta.

I miei nervi erano a pezzi, avevo la bocca secca, lo stomaco completamente vuoto e i crampi alle gambe.

La mia schiena stava implorando pietá, le strisce di legno della sedia antica mi stavano massacrando i tendini.

La stanza era fredda, tutte le finestre erano spalancate, sentivo un vento freddo battere sul lato destro del corpo.

Avevo bisogno di riposo, ero distrutta.

Avevo piegato la testa insieme al collo, lasciandola penzolare, come se fossi svenuta, in un vano tentativo di trovare una posizione "comoda".

Un rumore metallico rimbombó nella stanza, in seguito dei passi avanzavano in mia direzione.

Il mio cuore batteva forte dappertutto, riuscivo a sentirlo anche nelle orecchie.

In seguito una mano mi strattonó la benda, e i miei occhi vennero inondati di una luce al led, puntata sulla mia faccia.

-Ma guardati-

Strizzai gli occhi, riconoscendo quello che doveva essere "D". Mi stava scrutando con una smorfia sul viso.

-Sono bastate una decina di ore per ridurti in questo stato.-

Avvicinó una mano al mio collo e passó le dita sui punti dove mi aveva stretto in precedenza.

Notai che dietro di lui doveva esserci L, con le braccia incrociate e la sua espressione statica sulla faccia.

Appena premette troppo emisi un gemito soffocato da me stessa, ma gli bastó questo per far spuntare un ghigno sadico sulle sue labbra fini.

-Sai...- inizió lui, facendo scendere la mano sul decoltée, scostando la felpa e giochicchiando con una bretella del reggiseno.

-Sei anche abbastanza scopabile per i miei standard.-

Questo mi fece innervosire a tal punto che raggruppai tutta la forza rimasta nel mio corpo per abbassare la testa e mordergli la mano più forte che potessi.

Un'altra mano piombó sulla mia guancia, scaraventandomi a terra, trascinando la sedia con me.

-Piccola bastarda.- sibiló lui tenendosi la mano e scuotendola, per poi tirare un calcio alla mia pancia, facendomi sputare della saliva raggrumata nella mia bocca secca.

Mi sentivo persa, non sapevo cosa fare. La rabbia, l'impotenza e il panico stavano per prendere il sopravvento sulle mie emozioni.

Quindi significava che da lì a poco non sarei riuscita a trattenere i lacrimoni che stavano velando i miei occhi.

Sentii risollevarmi e socchiusi gli occhi, per paura di altre botte.

Infatti vidi che la mano del viscido era posta sul coltello che era sulla cintura, ben fisso.

Hostage || Lorenzo Ostuni (collab with @InvincibLorenzo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora