8^storia

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Ciao. Mi chiamo... Anzi non mi chiamo. Sono troppo piccolo per avere un nome. Ho appena qualche settimana di vita. La mamma non si è ancora accorta di me. Semplicemente, percepisce in lei qualcosa di diverso, ma non immagina cosa possa essere: improvvisi sbalzi d'umore, capogiri, eccessiva stanchezza. Non sa che io sono dentro di lei. Poi realizza il fatto di avere un ritardo, e si spaventa. La mamma è giovane. Va ancora a scuola. Percepisco la sua angoscia e mi ferisce la sua speranza della mia inesistenza.
Continua a ignorare la cosa, a voler
credere che io non esista. Oggi però ha
finalmente trovato il coraggio di
scoprire la verità, adesso sta entrando
in farmacia per acquistare un test. Si
rivolge al farmacista timidamente, parlandogli a bassa voce. Temo che si
vergogni di me. Torna a casa. Chiudendosi in bagno, affronta la realtà: prende il test fra le sue mani, e dopo qualche istante comprende che ci sono, che esisto. Mi ha profondamente
colpito la sua disperazione: avvertivo il
suo dolore, unito al mio che cresceva
man mano per la sua infelicità. Perchè
non mi vuoi, mamma? Non piangere,
tranquilla. Ci sono qui io che ti voglio
bene. Adesso prende il cellulare. Sta
facendo uno squillo a papà. Non so cosa gli stia dicendo, ma la mamma si
arrabbia molto con lui, grida, gli urla
che io non sono un dente cariato da
estirpare: sono un essere umano! Dice
che non può tirarsi indietro, fingere che
la cosa non esista, perchè, che lo voglia o no, lui è mio padre. La mamma è così
piccola ancora, fragile, ha bisogno del
sostengo morale di papà, soprattutto per dare la notizia ai nonni. Invece si trova costretta ad affrontare ogni cosa da sola, perchà papà non vuole saperne di me. Papà, quando la mamma ha saputo di me è scoppiata in lacrime, tu
addirittura vuoi buttarmi via: perchè
non mi volete? Cosa vi ho fatto di male? Sono solo un bimbo innocente. Ora la mamma lo sta dicendo alla nonna.
Nonna, cosa fai? Perchè le hai dato uno
schiaffo? Cosa c'è di tanto cattivo in
me, che non devo nascere? Mamma, tranquilla, andrà tutto bene. Non
intristirti perchè hai litigato con la
nonna. Vedrai, le passerà. Andrà tutto
bene.
Sono passati tre giorni. Ora ho tre
giorni di vita in più. Che bello, non vedo proprio l'ora di nascere, di imparare a camminare, a parlare, a correre. Voglio che mi insegni tutto quello che sai, mamma. E non importa se papà non mi vuole, magari con il tempo cambierà idea. Per adesso mi basti tu. È cosi bello addormentarsi con te, mammina, svegliarsi con te, accompagnarti in ogni cosa che fai. Ora stiamo entrando in uno studio medico. Non piangere, mamma. Ci sono qui io che ti voglio bene. Vedo il dottore, molte macchine e tanti infermieri. Sei già curiosa di sapere se sarò un maschietto o una femminuccia?
Eppure tu continui imperterrita a
singhiozzare. Cos'è? L'emozione di
sapere il mio sesso? Continui a ripetere, accarezzandoti il ventre «perdonami, bambino mio». Perdonarti di cosa?!?
Perchè dovresti avere bisogno del mio
perdono? Cosa stai facendo, per chiedermi scusa?
Sento un dolore, una specie di ago che invade il mio piccolo mondo perfetto. Ho capito tutto. Le mie cellule strappate dalla tua carne. Ora capisco che tu non mi insegnerai mai a camminare, a parlare. Perchè io non nascerò mai. Non piangere mamma, io ti perdono. Chissà se esiste un paradiso per i bimbi mai nati.
Addio mamma. Saremmo stati felici
insieme, ti avrei voluto tanto bene.
Addio.
II tuo bambino senza nome.

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