Are you here?

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Singhiozzi.
L'unica cosa udibile in quella stanza cosí vuota ma cosí piena di pensieri, respiri, che la rendevano da soffocante.
Le stelle e la luna giravano intondo in quella notte buia e fredda mentre le le lacrime perlate solcarono il suo viso e scorsero libere su quest'ultimo senza sembrar volersi fermare.

Quell'atmosfera così finta e piatta, tanto patetica quanto vera.
Come un pensiero leggero dei gemiti a lungo repressi uscirono dalla bocca della ragazza risuonando nella sua testa.
Era confusa, non tanto a dire il vero, era perlopiù una sensazione di dispersione la sua, non avrebbe saputo definire il suo stato d'animo. Per qualche momento avrebbe giurato di non aver sentito il suo cuore battere.

-Cosa ci è successo?- la voce di Ashton era spezzata, rauca, ma la ragazza fu rassicurata dalla sua voce: era ancora lì, con la schiena su quella stessa porta. Tutto ciò la fece impazzire, sorrise appena con la schiena ancora ben fissa sulla porta, quasi dimenticandosi della situazione attorno a lei.
Il fatto che fosse così vicino a lei le piaceva.

I suoi occhi, scuri, fissi sul muro di fianco si fecero più cupi, quasi svuotandosi, come se di colpo fosse tornata su Terra.
I ricordi nella sua mente riapparsero e sentì gli occhi pizzicarle, segno che da lì a poco avrebbe ripreso a piangere come prima.
Ma non le importava, l'unica cosa che le importava in quel momento era il desiderio di spaccare quella porta in qualche modo e saltare nelle braccia del ragazzo, dimenticando tutto ciò che fu, ma sapeva di non poterlo fare.

Le prese uno strano vuoto allo stomaco, non sapeva cosa fosse, ma la fece piegare su se stessa per qualche secondo, finché non riaprì gli occhi.
Non respirava più, si sentiva affannata dal momento nel quale ashton apri la porta e lei si trovatte a nascondersi nella sua stanza per evitare il suo sguardo.
Sapeva che l'avrebbe lacerata, non avrebbe resistito per molto prima di crollargli davanti.
Era proprio ciò che non voleva: mostrarsi debole, ne aveva una paura matta. Ashton le metteva soggezione in quel momento, bramava di farsi stringere tra le sue braccia tanto quanto odiasse l'idea di mostrarsi così impotente.
Perché aveva potere su di lei, anche se forse non l'avrebbe mai ammesso ad anima viva sentiva di non poter nulla davanti a quegli occhi vitrei una volta entrata in contatto con loro.
Un tempo era innamorata di quella sensazione.

La finestra aperta lasciava passare qualche spiffero d'aria fredda: il tremore della ragazza causato dai singhiozzi e dal pianto aumentò dunque.
Ancora non aveva fiatato per rispondere della domanda del ricciolo, sentiva quasi non ci fosse bisogno. Forse perché dalla stanchezza lui la pronunciò quasi come un'affermazione, o forse perché sentiva che nemmeno lui avesse avuto bisogno di una risposta.

Non sapeva perché fosse venuto lì in quel momento, ma aveva paura di scoprirlo, non si fidava più di lui.
Lui che l'aveva portata fino a qui che in parte l'ha migliorata per renderla una ragazza peggiore, una di quelle cosí piene di demoni e problematiche da diventare una brutta influenza anche per gli altri.

Non stava più bene con lui come una volta, sapeva che fosse una cosa sbagliata la loro relazione, lo sapeva.
Avrebbe potuto lasciarlo, metterlo da parte come una pagina piena fino ai bordi di sconfitte e realtà dolorose ma non lo faceva. Non lo faceva perchè forse era cosí che voleva finisse, sí, forse poteva sembrare masochista -e forse lo era veramente- ma se lui era il male lei voleva soffrire, se lui era l'acqua allora voleva affogare e se era aria avrebbe voluto respirarlo a pieni polmoni, sentirselo parte di se, cosí come Dio li aveva creati,nudi di ogni apparenza e pregiudizio, senza nessun difetto.

Assurdo, prima di conoscerlo lei non ci credeva alla perfezione, poteva anche essere stata una stupida leggenda di quelle che raccontano ai bambini, non ci avrebbe creduto perche non la vedeva, ma quando vide lui la trovó.
La trovò in Ashton perchè quando ami una persona cosí fortemente non puoi far altro che vedere in lei la perfezione.

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