Capitolo 27 (CAPITOLO REVISIONATO.)

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Per tutto il tragitto fino all'indirizzo che mi aveva mandato per messaggio non feci altro che sperare che si trattasse di uno scherzo.

Non era possibile, come aveva fatto a trovarmi? Che Noah gli avesse parlato? No. Questo era fuori questione, quel pazzo avrà trovato sicuramente un modo per antrare nel computer della scuola, pazzo si, ma anche intelligente.

Avevo scoperto che da quando me ne ero andata aveva ricominciato a lavorare come avvocato, ma allora perché cercarmi anche quando si era rifatto una vita? Secondo le sue parole io avevo rovinato la sua, forse voleva rovinare la mia.

Un brivido mi percorse tutta la spina dorsale, la sua mente contorta aveva elaborato un piano, ne ero certa. Ma perché rapire il mio gemello?

Almeno adesso sapevo che era un maschio, ma se non avessi avuto la possibilità di conoscerlo che senso avrebbe avuto anche solo vederlo una sola volta?

"Maledizione!" Gridai colpendo il volante con un pugno per smorzare in parte la rabbia e la pura che stavo provando.

Sentivo come un vuoto nel petto e le lacrime stavano per scendere dai miei occhi. Feci grandi respiri profondi mentre le parole del messaggio si ripetevano nella mia mente:

Ciao rovina mia,
Ti aspetto al capannone vicino a quel tugurio dove sei andata ad abitare. Ti consiglio di sbrigati sempre se tu voglia vedere almeno una volta il tuo caro fratellino. Se all'una non ti vedrò varcare quel vecchio portone arrugginito si spargerá sangue prima del tempo.

Quel maledetto bastardo... quanto avrei voluto avere una pistola in quel momento. Gliela avrei puntata alla testa e sparato senza pensarci due volte.

Premetti il piede sull'acceleratore. Mancavano ancora tre ore allora prestabilita, ma non riuscivo comunque a mantenere la calma.

Cosa avrei fatto quando me lo sarei ritrovato davanti? Cosa avrebbe fatto lui? Mio fratello stava bene? Se lo avessi trovato nelle condizioni in cui mi aveva ridotto lui molti anni prima non avrei risposto delle mie azioni. Era arrivato al punto di frustarmi con la sua cintura di cuoio e ne portavo ancora i segni, sia sulle gambe che sulla schiena.

Calma Scarlet, ragiona ancora per qualche ora, non perdere lucidità.

Coscienza in questo momento non mi servi nemmeno un po', quindi vedi di levarsi dalle palle.

Mi accorsi allora di star parlando da sola e mi diedi della stupida isterica.

Volevo solo andare a dormire, non fregarmene più di niente, ma non avrei risolto niente comunque e avrei voluto darmi un pugno da sola solo per aver pensato, anche solo lontanamente, di scappare.

Quando mi resi conto di trovarmi davanti al capannone la paura si fece più vivida nella mia mente. Presi un respiro profondo e passo dopo passo arrivai davanti alla struttura.

Entrai.

Sentii dei gemiti di dolore provenire dalla mia destra e andai in quella direzione, il corridoio nel quale mi trovai a camminare era la cosa più cupa e macabra che avessi mai visto.

I rumori di alcune catene mi fecero accelerare il battito a una velocità disumana. Mi stava tormentano con i suoi giochetti e io non avevo alcuna intenzione di giocare.

Strinsi i pugni così tanto che ad un tratto sentii delle goccioline di sangue scivolare via dalle ferite chele mie unghie mi avevano procurato. Cammina ancora e ancora fino a quando non fui arrivata in una stanza enorme. Mi ritornarono in mente molti ricordi. Questa era una cosa che sapevamo solo io e mio padre. Il giorno prima che mia zia morisse mi aveva portato in posto simile a New York, per una volta avevo deciso di fidarmi di lui e lo avevo seguito. Mi aveva legata e torturato con la sua cintura per ore.

A Meaningless Love //Jamie Campbell Bower REVISIONATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora