Driin driin
Mi svegliai di soprassalto e allungai il braccio per spegnere quella dannata sveglia. Non potevo credere ancora che tutta la monotonia sarebbe ricominciata, sentivo che quei tre mesi di vacanze non mi erano bastati.
Sbuffando scesi dal letto e per poco non caddi a terra inciampando in un oggetto non identificato. La mia goffaggine di prima mattina era micidiale, nel vero senso della parola.
Mi stiracchiai e ancora mezza assonnata scesi al piano di sotto dove mia mamma mi stava aspettando già pronta e pimpante. No ma davvero, di che cosa si faceva?
Lei, notando la mia faccia perplessa, alzò le spalle e mi diede un bacio sulla fronte accompagnato da un "buongiorno" a cui io risposi grugnendo. La mattina ero piuttosto scontrosa.
"San'ka, pronta per oggi?" mi domandò sorridente.
Alzai gli occhi al cielo per quel diminuitivo che porto dietro sin da bambina. Il mio nome è Alexandra, semplice no. Forse però è meglio che spieghi una cosa. Mia madre è di origini russe, beh in realtà anche io. Sì perché prima di trasferirci in America noi due abitavamo a San Pietroburgo, amavo quella città. E la amo tutt'ora.
Avevo otto anni quando mamma perse il lavoro in un'azienda locale, così fece domanda in una compagnia che per fortuna la accettò. Peccato si trovasse dall'altra parte del mondo. Infondo la decisione non fu difficile, aveva soltanto me. Mio padre non c'è mai stato, quando ha scoperto che mia madre era incinta l'ha abbandonata e lo stesso hanno fatto i suoi genitori quando hanno scoperto che la figlia appena diciottenne era incinta. Mi ha cresciuta da sola, e non potevo che ringraziarla. Non mi pentii di esserci trasferite, amavo l'America, solo che a volte mi mancava la mia città.
"Non tanto" le risposi mettendo in bocca un biscotto.
Non ero tanto contenta del fatto che ci fossimo trasferite, ancora. Amavo l'America sì, ma non tutti questi spostamenti. Filadelfia, San Diego, New Orleans, Baltimora, Neshville, Houston, Dallas. E adesso, Boston. Non avevo neppure diciotto anni e già tutti questi cambiamenti. Inutile dire che il tempo per fare amicizie era ben poco, se non inesistente.
"Ho parlato con i miei capi e mi sono fatta firmare una deliberatoria. Non dovremo più cambiare città in continuazione come abbiamo fatto negli ultimi anni, se a te starà bene Boston sarà la nostra nuova città fino a quando, beh, non deciderai di andartene di tua spontanea volontà."
Non ci credevo, la guardavo con gli occhi sgranati e la bocca aperta. Ero a dir poco scioccata.
Mi alzai da tavola e corsi subito ad abbracciarla. "Grazie, grazie, grazie" ripetevo ricoprendola di baci.
"Okay signorina adesso calma con tutte queste effusioni" mi disse sorridendo "fila a prepararti"
Ridendo salii le scale e mi chiusi in bagno. Mi guardai allo specchio sorridendo, la giornata stava cominciando bene.
Mi feci una doccia veloce per poi indossare l'intimo. Mi truccai leggermente perché sapevo che, facendo ancora caldo, il trucco mi si sarebbe sciolto molto facilmente. Un po' di fondotinta sulle macchie rossastre, blush, matita e mascara. Sì, per me quello era poco.
Aprì l'armadio per scegliere cosa mettere e optai per un jeans a vita alta leggermente strappato sulle ginocchia, un top blu notte con delle scritte e ai piedi le mie amate converse.
Mi specchiai, mica male.
Avevo proprio un bel fisico, mi ritrovai a pensare. Insomma potevo vantare il mio bel metro e 75 -anche se in passato avevo avuto abbastanza problemi con la mia altezza- ero magra, delle gambe chilometriche e un fondoschiena mica male. Risi di me stessa, che modesta.
Mi sistemai un'ultima volta i capelli biondi, presi lo zaino ed uscii.
Stava iniziando un nuovo giorno, in una nuova scuola, in una nuova città. Adesso poteva essere tutto definitivo, non avrei più dovuto temere il prossimo trasferimento.//
Eccoci con il primo capitolo. Troppo tempo, vero? Ce lo avevo già scritto ma me ne sono completamente dimenticata. Anyway, ditemi come vi sembra. E spero davvero tanto riesca a combinare qualcosa con questa storia *incrocia le dita*
Che dire, fatemi sapere!
Un bacio xx
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Shivers.
Romance«Sapevo che me ne sarei innamorata che -ci- avrei perso la testa, il cuore ancor prima di rendermene conto. È un controsenso, lo so, ma in fondo è quello che siamo sempre stati.»