capitolo 1.

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Mi ritrovai al centro di un prato verde. Mi guardai intorno meravigliata dalla visione. Il sole filtrava attraverso le foglie degli alberi. Un piccolo e limpido ruscello circondava un grosso albero dove, sulla sua corteccia, erano incise strane lettere. Un altro ruscello, questa volta molto più grande, scorreva tranquillo di fianco ad una roccia dove l'edera si era arrampicata.

Voltai il capo di lato e sussultai quando vidi una figura femminile vestita con un lungo abito bianco. Sorrideva e i suoi occhi ambra mi guardavano meravigliati e speranzosi.

- Dominatrice! - mormorò guardandomi negli occhi.

Prima che potessi fare o dire qualsiasi cosa, caddi a terra stringendomi il petto all'altezza del cuore. Chiusi gli occhi e vidi una strana e calda luce danzarmi intorno.

Si posò sulla mia spalla e solo allora potei vedere che era una strana creaturina. Aveva la testa come quella di un alieno e un corpicino molto più piccolo della testa. I suoi occhioni color viola mi fissavano sorridenti.

- Sei tu la Dominatrice! - esclamò la sua vocina mentre piano piano scompariva nel nulla.

Mi svegliai di soprassalto sudata e con il cuore che batteva all'impazzata. Accesi la luce della bajour e mi guardai spaesata intorno. Ero nella mia stanza, nel mio letto. Era tutto normale.

La pila di vestiti sulla sedia era al suo posto. I libri e i quaderni erano riposti sulla mensola al di sopra della scrivania. Le scarpe che avevo lasciato la sera prima, vicino al letto, erano dove le avevo lasciate.

Tutto era come lo avevo lasciato. Non c'era neanche un capello fuori posto. Scesi dal letto e mi avvicinai alla porta della mia camera. Con estrema lentezza, aprì la porta e prima di uscire in corridoio, guardai a destra e a sinistra accertandomi che nessuno mi avrebbe visto.

Sgattaiolai in cucina e presi un bicchiere dalla credenza per poi riempirlo d'acqua ed ingurgitarlo tutto d'un fiato.

Mi appoggiai al bacone della cucina legandomi i capelli biondi in uno chignon disordinato. I miei occhi blu perlustrarono tutta la cucina in cerca di qualcosa che mi dasse la possibilità di tornare a dormire senza avere incubi su incubi. Sospirai quando vidi i sonniferi di mio padre sulla penisola della cucina.

Da quando la mamma è morta non riesce più a dormire tranquillamente e prende i sonniferi per riposare. Anche io non riesco più a dormire e continuo a ripetere a mio padre che anch'io dovrei prenderli. Lui risponde sempre con la solita e scocciante frase.

' No, Kathleen! Tu non li prenderai. Sono medicinali molto potenti e che possono rovinarti la vita. Lascia perdere! '

Lui crede che io creda alla sua banale e infondata scusa di merda.

Cacciai un urlo quando vidi il mio fratellastro Thomas con una mazza in mano e mio padre che impugnava una pistola calibro 50.

- Ma siete scemi! Cazzo, che spavento - dissi portandomi una mano sul cuore.

- Cosa ci fai sveglia a quest'ora della notte? - domandò il mio fratellastro mentre abbassavano le armi.

- Un incubo. E ora ditemi cosa ci fate qui, svegli, con una mazza e una pistola? - risposi indicando le armi.

Papà mise la sicura e appoggiò la pistola sulla penisola della cucina, vicino ai sonniferi.

- Abbiamo sentito dei rumori e pensavamo ci fosse un ladro in casa. - rispose Thomas mentre papà si appoggiava alla penisola posta dalla parte opposta alla mia.

- O peggio di un ladro - mormorò papà e Thomas si affrettò a linciarlo con lo sguardo.

Thomas era il mio fratellastro da 12 anni. Una sera, papà era tornato dal lavoro portando con sé un bambino di sette anni. Mi aveva spiegato che l'aveva adottato e che da quel giorno veniva a vivere con noi. Io e Thomas avevamo subito legato molto ed eravamo diventati migliori amici. Lui sapeva tutto di me e io di lui non sapevo quasi niente. Sapevo solo che i suoi genitori erano stati coinvolti in un incidente dove ne erano usciti morti e che lui era stato affidata alle cure di un orfanotrofio al di fuori di Londra. L'orfanotrofio si chiamava 'Estrella de oro'.

- Cosa c'è di peggio? - chiesi scostandomi dal bacone della cucina.

- Niente! Ora è meglio andare a dormire. Domani mattina parleremo del tuo incubo. - si affrettò a dire papà assorto nei suoi pensieri per poi uscire dalla cucina.

- Non ne possiamo parlare! Non mi ricordo cosa ho sognato. - gridai mentre Thomas mi abbracciava.

Salimmo le scale lentamente mentre Thomas si guardava intorno con la mazza da baseball poggiata sulla spalla. Appena entrai nella mia stanza, mi affrettai ad accendere la luce e il telefono sicura che mettermi a dormire fosse una cattiva idea. Cominciai a scorrere le foto della galleria finché sentì i miei occhi riempirsi di lacrime e le mani tremare.

Spensi il telefono per poi mettermi a dormire lasciando la luce accesa. Ma una lacrima mi rigò il viso e le altre scesero senza che io le potessi fermare.

Mi alzai e spensi la luce. Mi rimisi nel letto e mi coprì con il piumone ranicchiandomi su me stessa come feci quel terribile giorno in cui la mia vita andò a farsi fottere.

L'ultima dominatrice.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora