Questo capitolo lo dedico a te, a te che leggi questo libro, perché alcune cose vanno dette e alcuni pesi alleviati.
Caro nessuno,
Prima dell'undici Luglio io amavo il mare e lo dovevo a Mattia, lui che mi aveva insegnato a distaccarmi da ciò che è concreto per arrivare a comprendere a pieno la bellezza di ciò che è naturale. Quel giorno facevo fatica a pensare, ogni concetto che trapassava la mia mente era irreale, astratto e poco comprensibile, un po' come quando, prima di addormentarti, i pensieri si fanno caotici. Ancora non so se quel caos mentale fosse dovuto all'eccessivo caldo o ad una previsione dell'imminente catastrofe. Chiudevo gli occhi cercando di concentrarmi sulle immagine psichedeliche create dall'eccessiva visione del sole, mentre l'auto sfrecciava veloce tra l'azzurro del cielo e il riverbero del mare. Mattia era seduto davanti, osservava la strada in silenzio . Dietro io e mio fratello cantavamo canzoni di David Bowie. Ancora cinque minuti e saremmo arrivati a casa, avrei voluto che quei cinque minuti durassero una vita, avrei voluto continuare a guardarlo dallo specchietto retrovisore e sorridere quando lui sorrideva per sentirlo più vicino, ma il tempo scorre in fretta quando tu non vuoi e senza accorgermene eravamo già a casa. Penso di avergli voluto bene più di chiunque altro, talmente tanto da sperare fosse immortale come i supereroi. Fu' per questo che il dolore mi pervase. I sensi di colpa non mi fanno respirare, quando mi accorgo di non ricordare le sue ultime parole, quando so di non avergli detto abbastanza volte "Ti voglio bene". Se ne andò, disse: "Vado a fare il bagno." e per noi quelle parole significarono solo "Addio.". Le ore passarono, ma lui non tornò. Sentimmo bussare alla porta, ci dissero di scendere in spiaggia, ci chiesero se avevamo sentito l'ambulanza. Sentii che dovevo correre, sentii un forte dolore, una nostalgia lancinante per qualcosa che ancora non ero sicura di aver perso. Tra la spiaggia e casa nostra c'era una scalinata, quella scalinata verso il basso segnava la mia discesa, il mio dolore, la mia rabbia e il mio senso di colpa, quella scalinata che mi strappava dal mio sogno per riportarmi all'amara e cruda verità. Quel mare che tanto amavo si era portato via ogni cosa. Avrei voluto correre, urlare, dire al mondo che quello che stavo vivendo era solo un incubo, ma rimasi in silenzio, mentre nere lacrime mi rigavano il volto. Tutto intorno a me scoppiava, andava in pezzi, mentre ogni mio minuscolo frammento sanguinava io restavo in silenzio. Mio fratello parlava, parlava io cercavo di entrare dentro le sue parole e trovare una fine a quel dolore, ma ogni mio tentativo era vano. Sentii mani sconosciute abbracciarmi, pacche sulle spalle, parole inutili. Io volevo solo scappare, non volevo abbracci, amore, parole, io volevo solo il mio sogno, una promessa fasulla di felicità. Tornammo a casa e io sfinita mi buttai sul letto e mi addormentai. Mi svegliai verso mezzanotte, l'undici Luglio era finito, ma il dolore rimaneva.
Tu! Tu che leggi queste parole sparse, vai davanti a chi ami e diglielo! Ripetilo a bassa o ad alta voce, urlalo fino a non aver più aria nei polmoni. Urlagli "Ti amo" o "Ti voglio bene", poco importa se ti sentirai stupido, idiota o inutile. Nulla di tutto ciò è mai inutile. Se comprendi il senso di queste parole sparse e ti senti in fondo come mi sento io sappi che chiunque tu sia io ti amo, dal profondo del mio freddo cuore.
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L'infelicità è capire Kurt Cobain
AcakIo non so chi sei. So solo che stai leggendo queste righe. Non so se sei giovane o vecchio, felice o triste. Spero tu sia giovane e triste e spero dal profondo del mio cuore che tu ti senta come mi sento io. So che ti sembrerà banale ciò che dico, m...