Capitolo 1

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Sono sdraiata sul mio letto, nel silenzio della notte, mentre tutti ancora dormono e ignorano quanto sia grande il mio dolore, che immenso come il cielo mi avvolge togliendomi il respiro, con il suo essere così totale ed assoluto. Mentre abbraccio il cuscino, unico conforto senza anima alla mia sofferenza, le mie lacrime scendono copiose, senza che possa fare niente per fermarle.
Metto le cuffie e scelgo la play list delle canzoni tristi.
Sento il bisogno di soffrire ancora di più, prima di poter provare ad uscirne, come se toccare veramente il fondo fosse l'unico modo per iniziare a respirare la libertà da questa sofferenza.
Ripenso a quando ho conosciuto il Dott. Federico Zini, all'immagine di dottore pazzo che avevo di lui nella mia mente di bambina quando anni fa lo vidi la prima volta, per quei suoi capelli che portava spettinati e tenuti dritti con il gel. Io avevo solo quattro anni e lui trenta e nessuno al mondo avrebbe allora potuto immaginare che, quindici anni dopo, sarebbe diventato la cosa piu bella, sconvolgente, emozionante, dolorosa della mia giovane vita.
Poi il ricovero di mio fratello Filippo, questo settembre, me lo ha fatto incontrare di nuovo, lui quarantacinquenne in piena carriera ed io diciannovenne con tanta voglia di vivere, di emozionarmi, di rincorrere quel brivido che ho incontrato quasi per caso ed ho iniziato a guardarlo non più con gli occhi di una bambina, ma di una ragazza, che piano piano lui ha fatto sentire donna.
Non so cosa sia successo, per farmi avvicinare a lui, non so se sia giusto sentirmi così legata ad una persona già impegnata, non so se avrei dovuto essere semplicemente il familiare di uno dei tanti pazienti del Dott. Zini e niente di più.
L'unica cosa che so è che nei giorni in cui sono rimasta in ospedale al fianco del mio Filo, piano piano mi è entrato dentro, nell'anima, nella mente, nel cuore.
Ho iniziato a provare per lui un'attrazione fisica fortissima, energia pura che accendeva il nostro desiderio al solo guardarci negli occhi, allo sfiorarci per caso, al trovarci nella stessa stanza.
Poi quell'addio nel parcheggio, duro, doloroso, difficile.
Non riesco a rassegnarmi al fatto che non lo vedrò più, che non potrò più abbracciarlo, che non sentirò più le sue labbra calde e morbide sopra le mie, né il suo corpo contro il mio corpo. Tutti quei brividi che la mia pelle ha imparato a conoscere diventeranno presto sconosciuti, le emozioni che mi hanno toccato il cuore svaniranno per sempre, divenendo un lontano dolorosissimo ricordo e niente avrà un senso, perché lui non sarà più mio, non sarà più per me, semplicemente non sarà...
Piangere oggi, pensando a lui, mi fa capire di non aver mai sofferto per amore, in realtà, prima d'ora...le lacrime che scendono inarrestabili dai miei occhi mi rigano il viso, mi fanno bruciare la pelle, ma sono niente rispetto a quelle che sento scorrermi dentro. Sono come sale che graffia una ferita aperta, fatta di sangue e dolore, che non smette di gemere un solo istante.
Sto così male per lui, che inizio a sentire un vero dolore fisico al cuore, che mi spaventa terribilmente.
All'ennesima straziante canzone, accompagnata dai miei incontrollabili singulti, mi dico "basta...adesso davvero basta...non posso...non più".
Mi asciugo alla meglio gli occhi con il dorso della mano e mi alzo dal letto dirigendomi verso la cucina, lasciando il cuscino completamente bagnato dalle mie lacrime.
Domani sarà un giorno difficile. Dovremo tornare in ospedale per il controllo di Filippo e ho paura di incontrarlo, ho paura di quello che può accadere, del comportamento che posso tenere vedendolo, di cosa potrà dire o fare lui.
Cerco di calmarmi facendomi un the, rigorosamente deteinato, quando vedo arrivare in cucina Filippo.
"Cosa fai in piedi a quest'ora?" gli chiedo.
"Tu cosa fai in piedi a quest'ora...hai pianto ancora per lui...hai due occhi. Basta, ti prego. Lascialo perdere. Non ti posso più vedere così. Ti stai annullando per lui" mi dice Filippo ed io non posso far a meno di abbassare lo sguardo.
"Hai ragione, Filo. Non dovrei, ma non dipende da me. Non riesco a non pensare a lui, nonostante mi abbia respinta..." rispondo, mentre una nuova lacrima mi riga nuovamente il viso.
Filippo mi abbraccia forte e mentre mi tiene stretta a lui, mi dice fermo: "Non venire domattina. Ho il controllo con lui. Ti farai solo del male".
"Lo so, hai ragione. Ma non immagini la voglia che ho di rivederlo..." replico.
E Filippo: "Per fare cosa, per farti nuovamente respingere ed uscirne ancora più a pezzi? Non posso permettertelo...ti voglio bene, anche se non te lo dico mai. Non essendoci più nostro padre da tempo, mi sento io responsabile nei tuoi confronti e per quanto possa stimare il mio dottore, non mi piace affatto che ti tratti così.
Tu domani non vieni...anzi, stamani, considerata l'ora..."
Lo guardo perplessa e poi convengo che abbia ragione, sorprendendolo non poco: "Ok. Hai ragione. Domani...stamani... non verrò."
"Brava piccola" mi dice, regalandomi un sorriso e un abbraccio inaspettato "adesso ti sembra impossibile, ma vedrai che diventerà presto solo un ricordo".
"Adesso fa male, però..." replico, senza riuscire ad alzare lo sguardo, un po' vergognandomi di parlare di tutto questo proprio con Filo, ma lui, mi abbraccia ancora più forte "se hai bisogno, io ci sono"...e mi sento salire le lacrime perché, a differenza di mio fratello, lui non c'è mai stato, eppure sento una mancanza e un desiderio che non so spiegarmi.
La mattina non si fa attendere troppo, ma i nostri progetti vengono subito stravolti, perché la mamma non sta bene e non vuole che Filippo vada solo al controllo così, per non farla agitare ulteriormente, concordiamo che lo accompagnerò io.
"Però andiamo in scooter, altrimenti non arriviamo più...siamo già in ritardo" dico a Filippo, che so non sopportare di fare il passeggero, dietro di me.
Il viaggio verso l'ospedale è una tortura per la mia mente, perché non posso fare a meno di pensare che tra poco lo rivedrò. Mi sento triste e paradossalmente felice al contempo, perché nell'angolo più remoto del mio cuore ho scovato un piccolissimo spiraglio di speranza. Non comprendo neanche io cosa possa averla tenuta in vita. Ma vive. Lo sento. Anche se ho una paura grandissima di soffrire ancora di più.
La speranza è come la scintilla che giace sotto la cenere di un fuoco che ha arso. A prima vista può sembrare che non vi sia più niente ma poi, muovendo piano piano ciò che ne resta, tra il carbone e la cenere puoi ancora vederla brillare, una piccola luce che splende con tutta la forza e l'energia della vita.
Ecco, la speranza è questo.
Anche quando tutto sembra perso, spento, finito, quella piccola luce è la speranza di nuovo splendore, di grandezza, di salvezza.
E la speranza è un tronco d'albero ritorto a cui aggrapparsi in mezzo ai flutti, è la luce della luna piena che ti indica la strada nel buio della notte, è lo sperone di roccia, unico appiglio sopra un precipizio senza fine, è il raggio del sole che buca il nero del mare giù negli abissi.
Ed io mi attacco a lei con tutte le mie forze perché, benché piccola, la mia fiammella di speranza ha l'amore ad alimentarla, che come il vento sul fuoco attizza l'incendio, facendolo avvampare.
Quando entriamo in ospedale, faccio un respiro profondo e Filippo finge di non accorgersene. Raggiungiamo gli ambulatori ovali di legno e, dopo aver fatto l'accettazione, quando finalmente tocca a noi, ci dirigiamo alla stanza 26.
Sento il cuore battermi fortissimo nel petto, mentre un nodo mi serra la gola.
La porta della stanza 26 è chiusa.
Siamo lì davanti, ma ho le gambe come paralizzate dalla paura. Non riesco a fare neanche un passo in più.
Sento Filippo prendermi la mano, ma proprio non ce la faccio.
"Vuoi aspettarmi fuori?" mi chiede Filippo visibilmente preoccupato per me.
Esito, ma poi gli rispondo: "No, grazie. Ce la devo fare. Ce la posso fare. Solo un attimo".
Ma poi la porta si spalanca all'improvviso ed io non riesco a credere ai miei occhi...la dott.ssa Biagioli...si è fatto sostituire.
La paura che fino a quel momento mi aveva tenuta prigioniera lascia spazio alla delusione.
So quanto ci tiene a Filippo, dal punto di vista medico e, se è arrivato al punto di saltare il controllo e farsi sostituire, non immagino cosa possa essere successo.
Mentre la dottoressa visita scrupolosamente Filippo, penso che anche lei sia molto brava, ma la mia mente non può fare a meno di volare da lui.
"Perché non è qui? Forse proprio non è in ospedale o forse sta ancora male per l'incidente o forse non mi voleva vedere o forse..." ma non riesco a terminare i miei pensieri, perché Filippo chiede alla dottoressa di lui.
"Il Dott. Zini è su in reparto. Se vuoi parlarci te lo chiamo giù" gli dice. Ma Filippo le dice di no ed io rimango ulteriormente delusa.
La visita finisce abbastanza presto. Tutto è a posto, Filippo può tornare a fare tutto senza limitazioni, stando solo un po' cauto per un mese circa e dovrei esserne felice, ma mi resta l'amarezza di non averlo incontrato, unita alla consapevolezza che, così, non lo vedrò più, non avendo altre occasioni.
Andiamo verso il bar e, proprio appoggiata alla vetrata della libreria davanti, c'è l'infermiera Maura.
Mi rendo conto che l'unica sorpresa dell'incontro "casuale" sono io...
E resto ancora più sorpresa quando vedo Filippo baciarla sulle labbra, proprio in mezzo al corridoio.
Lei sorride imbarazzata.
Io mi sento chiaramente di troppo...
"Andiamo tutti al bar a festeggiare l'esito positivo del controllo?" esordisce Filippo, prendendo sotto braccio me e Maura.
Mentre lui fa la fila alla cassa e Maura cerca un tavolo libero, io devo essere assalita da un raptus di follia, forse proprio a causa di quel bacio che mi ha appena visto spettatrice, perché prendo il cellulare e mando un messaggio al dott. Zini: "Oggi Filippo ha fatto il controllo con la Dott.ssa Biagioli. Tutto ok" e invio senza pensarci troppo, pur sapendo che mi ha detto di non contattarlo.
Non c'è neanche un tavolo libero e così ci sediamo in uno quelli bassi, da bambini. Sento Maura e Filippo parlare, ma non riesco a seguire la conversazione, perché ho la testa altrove. Noto solo gli occhi con cui si guardano. C'è amore e desiderio e questo un po' acuisce il mio dolore, anche se sono felice per loro.
Non credo che mi risponderà, ma sento vibrare il telefono e lo guardo di nascosto.
Mi ha risposto.
Sento un tuffo al cuore.
Solo l'emoticon del pollice in su, ma per me è sufficiente. Mi ha risposto e già questo basta per farmi sentire un po' stupidamente felice.
Maura si offre di riaccompagnare Filippo a casa con la sua macchina, considerato che ha staccato dal turno e lui ne è molto felice.
"Vuoi che torni con te?" mi chiede incerto, mentre vedo lei sulle spine.
"No. Certo che no. Andate, forza" e aggiungo bisbigliando "e divertitevi...".
"Cretina" mi risponde Filippo, tirandomi una pacca nella testa.
Ci salutiamo nel parcheggio e mentre sono seduta sul motorino gli scrivo un altro messaggio: "Avrei voglia di vederti. Sono da sola nel parcheggio del Meyer. Hai tempo e voglia per fare due chiacchiere?".
Ci penso un po' su, ma poi invio.
Passa un tempo infinito, prima che senta il cellulare fare un bip di notifica.
È lui.
"Sono via".
Via? Che vuol dire via? Non era in reparto? Forse è dovuto uscire...boh...
Gli scrivo ancora: "Via dove?"
Stavolta mi risponde quasi subito.
"In macchina. Convegno a Pisa. Devo parlare io".
Bello, penso. Ho una voglia pazzesca di vederlo ed il fatto di chattare con lui mi fa venire ancora più voglia di incontrarlo.
Decido di scrivergli nuovamente: "Se vuoi, quando rientri possiamo sentirci o, ancora meglio, vederci? Avrei voglia di parlarti".
E invio senza starci a pensare, altrimenti non avrei dovuto proprio spedirlo. In realtà, più che di parlarci, ho una voglia assurda ed incontenibile di baciarlo, di sentire la sua lingua esplorare la mia bocca e accendere di brividi la mia intimità.
Queste sensazioni sono diventate per me come una droga, di cui non riesco a fare a meno.
Bip. Messaggio.
Lo leggo e per un attimo resto sospesa...come tutta la mia vita in questo periodo.

@@@@@@
Ecco il primo capitolo di ANCORA, il sequel di MAI.
Ho voluto pubblicarlo oggi, perché volevo che fosse il mio regalo di Natale per voi che mi seguite, mi leggete e vi siete innamorati come me di Margherita, Filippo, Maura, il Dott. Zini e Jo.
Un capitolo triste, ma anche fatto di speranza, che solo il miracolo del Natale poteva far rivivere.
Se vi è piaciuto il capitolo votate e fatemi sapere i vostri commenti.
Vi abbraccio tutti, come di consueto e vi aspetto nel gruppo Facebook MAI FANS CLUB.
Un bacio e buone feste !

ANCORADove le storie prendono vita. Scoprilo ora