Capitolo 4

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Numero privato...chi sarà ?
L'idea che possa essere Greg mi farebbe venire voglia di non rispondere, ma la curiosità è più forte: "Pronto?". "Margherita buongiorno. Sono il maresciallo Alberto Alberti. Mi ha dato il tuo numero tuo fratello. Possiamo parlare un attimo?"
So che non dovrebbe, ma questa telefonata mi sorprende.
"Certo, maresciallo. Immagino che mio fratello l'abbia informata di ciò che è successo in ospedale...Greg è un mio ex e forse è solo geloso..." dico incerta, ma Alberti mi interrompe "No, Margherita, non è questione di gelosia...un uomo non dovrebbe mai permettersi di fare violenza ad una donna, né fisica né verbale. Ormai conosco vostro padre da anni e ti parlo come ad una figlia...intanto non rispondere ad un numero privato, di cui ignori la provenienza. Se ti ricontattasse, chiamami immediatamente al numero che ora ti invio per messaggio, così ti rimane...poi parleremo della denuncia".
Intervengo, esclamando: "Aspetti...io non voglio denunciarlo...Non me la sento, in questo momento, con la mamma in ospedale..." e lui: "Tua madre è in ospedale? Tuo fratello non me lo aveva detto..."
Inizio a spiegargli sommariamente il problema di salute della mamma e dove si trova, ma lui mi fa così tante domande, che mi sembra di subire un interrogatorio.
"Ok, se ti fa stare piu tranquilla, per ora soprassediamo dalla denuncia... Frattanto andrò a fare due chiacchiere con questo giovanotto, d'accordo? Però, per qualunque cosa, tu mi chiami immediatamente".
"D'accordo maresciallo..." rispondo sommessamente.
Mi rendo conto che è passato così tanto tempo che la mamma mi darà per dispersa. Così rientro in reparto e vado in camera da lei...doveva essere stanchissima, perché si è addormentata. La guardo e mi fa una tenerezza infinita. La vedo così invecchiata, anche se è ancora bella. Peccato che la vita le abbia riservato così tante sofferenze e, non ultimo, il fatto di doverle sopportare da sola.
Chissà come sarebbe stata la sua vita, se mio padre fosse rimasto con noi...sicuramente più lieta, meno pesante. Avrebbero potuto condividere i problemi di Filippo, anziché doversene far carico lei da sola e, magari, oggi non starebbe così male...sicuramente tutto questo stress ha aggravato le sue condizioni.
Decido di andare via e lasciarla riposare; così prendo un pezzo di carta e le lascio due righe: "Ciao Mammona. Dormivi così tranquilla che non ho voluto disturbarti. Ci sentiamo più tardi. Fammi sapere se ti manca qualcosa. Baci. La tua figlia preferita, Margherita".
Mentre appoggio il bigliettino sul comodino, penso che so che non ha mai fatto preferenze tra Filippo e me, però mi sono sempre divertita a definirmi la sua figlia preferita e lei, ogni volta, ha risposto che ha due figli preferiti.
Le sfioro i capelli con due dita e vado via.
Mentre abbandono l'ospedale e mi dirigo alla macchina, sento uno strano peso sul cuore, che non so ben definire. Sicuramente il fatto di sapere mia madre lì mi crea uno stato di agitazione inconscio più forte di quello che io stessa riesca a realizzare. Negli ultimi tempi si sono sovrapposte così tante cose che non ho avuto neanche il tempo di fermarmi a pensare. Filippo, la mamma, gli ospedali, Greg, Jo e il Dott. Zini...tante situazioni che hanno generato in me altrettante emozioni; forse è solo una forma di autodifesa, se non mi sono ancora soffermata a riflettere con attenzione su ognuna di queste, oppure mi è mancato il coraggio di darmi delle risposte, che necessariamente mi imporrebbero delle decisioni che, allo stato, non sono in grado di prendere.
Il suono di un messaggio mi distoglie dalle mie riflessioni e mi rendo conto che il maresciallo Alberti, come anticipato, mi ha mandato il suo numero di telefono.
"Denunciare Greg...possibile che siamo arrivati a questo punto? Come ho potuto credere di amarlo e che lui mi amasse?" questi interrogativi mi rimbalzano nella testa fino a farmi male.
"Ma cos'è l'amore?" mi chiedo. Se penso a quello che ho provato per Greg fino ad averlo scoperto con Marzia nel Giardino delle Rose mi sembra niente rispetto a quello che sento adesso per il Dott. Zini o anche solo rispetto al sentimento confuso che sento per Jo.
Jo...cosa provo in realtà per lui?
Jo...un ragazzo dolcissimo, che mi dà una sensazione di presenza, di sicurezza, di costanza, di affidabilità. Ma l'amore può nutrirsi solo di questo? O ha bisogno anche di qualcosa di più forte, di quelle emozioni che ti partono dallo stomaco e ti prendono la testa, oppure di quelle ancora più pericolose, che ti partono dalla testa scuotendoti completamente.
È così che mi sento con Zini...sento che è uomo, uomo nel modo che ha di catturarmi e farmi sua semplicemente con uno sguardo, di farmi sentire donna, di prendermi la testa e di farmela perdere completamente.
Uomo nei brividi che mi provoca, nel desiderio fisico e mentale che mi scatena. Lo desidero ogni singolo istante di ogni infinita giornata e non poterlo avere mi lascia un senso di vuoto incolmabile. È diventato parte imprescindibile della mia vita: la notte, entra nei miei sogni riempiendoli di stelle ed il giorno è luce e aria, vento e mare, sole e pioggia, musica e silenzio. È tutto e parte di esso e questo suo esserci, senza in realtà esserci davvero, mi fa quasi paura, talmente intensa è questa sensazione totalizzante che provoca in me.
Sono completamente persa in questi pensieri, quando realizzo che per arrivare alla macchina sono passata dal parcheggio del personale. Accanto a me un' auto nera, molto bella, con una fitta sulla carrozzeria nuova..."caz...è la sua macchina...con il danno che gli ho fatto tirando un calcio a quel sasso a forma di cuore nel parcheggio del Meyer..." penso, presa da un improvviso attacco di ansia.
"Mi stavi aspettando?" sento dire alle mie spalle, con un tono di voce molto serio e quasi seccato.
Mi volto di scatto e vedo il Dott. Zini con uno sguardo così duro, che mi ferisce. "Eppure mi sembrava di essere stato chiaro. Se non si tratta di Filippo, non voglio più incontrarti o parlare con te" mi dice con un tono talmente freddo e distante che sento dentro di me spezzarsi qualcosa.
I suoi occhi sono sprezzanti, i lineamenti del viso si fanno contratti e, a vederlo trattarmi così, mi sento morire.
Mi sento completamente persa e confusa e non riesco a pronunciare neanche una parola. Sono presa come da una sorta di torpore e ho il cuore che mi fa male, come se una mano lo stesse stringendo con forza, fino a farne cessare i battiti.
Sento le lacrime salirmi agli occhi, ma cerco di ricacciarle nel profondo, perché so che servirebbe solo a farlo arrabbiare ancora di più.
"Smettila di cercarmi, chiaro?" dice scandendo fermamente ogni singola parola, che come un pugnale dalla lama affilata mi trafigge ad ogni sillaba.
Sono immobile, incredula, ferita..."perché mi odia così tanto? Cosa gli ho fatto, per trattarmi così?".
Finalmente riesco a parlare: "Veramente stavo andando alla mia macchina..."
"Passando casualmente dal parcheggio del personale e fermandoti accanto alla mia...mi prendi per un ragazzino della tua età?" mi interrompe brusco.
"Ma, io...veramente..." balbetto, incredula di quanto sia cattivo nei miei confronti.
"Smettila, Margherita. Eppure mi sembrava di essere stato già chiaro con te. Non voglio avere altri problemi con mia moglie per colpa tua" sentenzia, lasciandomi come inebetita.
"Ti è abbastanza chiaro, adesso?" continua.
"Chiarissimo" è l'unica cosa che riesco a dirgli, mentre mi sento morire dentro.
"Lo spero." chiude duro, senza concedermi ulteriori repliche.
Lo vedo salire in macchina e andare via, lasciandomi nel parcheggio, con le lacrime che mi rigano il viso silenziose.
Ogni mia parola è in quelle lacrime, che scendono portandosi via tutto il mio amore per lui, perché il dolore che provo in questo momento è così forte e talmente grande, che non c'è spazio per nessun altro sentimento.
Riesco a vedere i pezzi del mio cuore dispersi sull'asfalto, portati via dalla polvere sollevata dalla sua auto in fuga da me.
Mi lascio andare, accasciandomi sulle ginocchia, le mani chiuse sul viso e inizio a singhiozzare disperatamente, come se niente potesse fermarmi.
Non credo di essere mai stata peggio di così. Mi sento ferita, delusa, amareggiata. Sto male e vorrei urlargli contro la mia verità, ma lui non c'è più.
E mentre mi sento l'ombra di me stessa, non so per quale meccanismo mentale, mi vengono in mente i versi di Catullo, studiati a scuola:
"Odi et amo. quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Ti odio e ti amo. Ti chiederai come faccia!
Non so, ma avviene ed è la mia tortura."
Letti, imparati, forse capiti, ma mai compresi e sentiti veramente fino a questo momento.
Lo amo, forse ancora... non posso pensarci adesso, perché mi fa troppo male...di sicuro lo odio, per tutto quello che mi ha fatto e che continua a farmi.
E odio anche me stessa, perché gli consento di trattarmi così.
Mi sento vittima dei miei stessi sentimenti.
Non posso più consentire di essere calpestata in questo modo, per quanto grande possa essere ciò che provo per quest'uomo.
Mi alzo, mi asciugo gli occhi con la manica della felpa e faccio una piccola grande promessa a me stessa: mai più.
Mi dirigo alla macchina, senza più alcun battito del mio cuore.
I raggi del sole, prossimo al tramonto, attraversano le nuvole per proiettarsi come fasci di luce bianca nell'azzurro del cielo.
Ed io mi sento trafitta, come quelle nuvole. Ma non c'è alcuna poesia nel mio cielo.
Lui non c'è più. Forse non c'è mai stato ed era solo tutta una mia illusione, l'illusione di una patetica, fragile ragazza innamorata.
Sto soffrendo talmente tanto, che non noto, appoggiata alla mia macchina, una persona che mi osserva in silenzio, rispettando il mio dolore...
@@@@
Dopo tanto tempo...un capitolo sofferto...ma la vita è anche questo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 02, 2016 ⏰

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