Capitolo 4

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...

Ho passato la notte in bianco. Il sole è coperto dalle nuvole, la pioggia è appena cessata, ma gli occhi bruciano. L'atmosfera è grigia, cupa, triste. Non è per il sole. E' per lei.

Alzo lo sguardo dalla buca scavata nel terreno bagnato, è lì; Non prova neanche a nascondersi. Mi osserva in lontananza, in cima a quella collina non tanto alta, ma alta abbastanza da sovrastare il resto del campo. I suoi occhi sono coperti dagli occhiali da sole neri, ma so che sono puntati su di me, fissi e penetranti. Nonostante il tempo passato, ricordo ancora il loro colore, ricordo la frustrazione e la rabbia di cui sono colmi. Ricordo il vuoto che li riempie. Mi sta sorridendo, un sorriso gelido, quasi spettrale. Rabbrividisco, forse per il vento glaciale, forse per la sua presenza.

"So cosa hai fatto, Dylan."

La sua voce sembra così vicina, è come se fosse accanto a me. Per un momento penso di sentire il suo fiato freddo sul collo.

Si toglie gli occhiali, le sue iridi verdi si dimostrano esattamente come le ricordavo. Piega la testa di lato, continuando a sorridere. Mi spaventa. Non sta più guardando me, ma qualcosa dietro di me.

Mi volto, vedo lei. Non è possibile.

"Perché l'hai fatto? Perché, perché!" Urla, sta piangendo.

"I-io..."

"Guarda cosa hai fatto! Come hai potuto! Mi fidavo di te!"

"Si fidava di te, Dylan." Si avvicina a noi, le mani nelle tasche e quel sorriso vuoto stampato in faccia, come una bambola. Mi poggia una mano sulla spalla.

"Sarai bloccato per sempre. Con noi."

"E' la cosa migliore per te. Te lo meriti. Te lo meriti. Te lo meriti." Ripetono in coro. Vorrei urlare, ma mi manca il fiato.

"Te lo meriti."

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Marzo 2007

"Allora più tardi al solito posto?"

"Dipende."

"Da cosa?"

"Dal fatto che questo 'solito posto' lo cambi ogni santissima volta."

"Hey, questo non è vero, io..."

"Scott."

"Cosa."

"Fai silenzio."

"Ma..."

"Sai che ho ragione."

"N-..."

"Scott."

"Oh, va bene! Passa a casa mia e stabiliamo lì un solito posto, così Dylan sono un fottuto precisino O'Brien è felice."

"Io sarei un precisino?"

"No, sei un fottuto precisino. E adesso vai a casa a lavarti, puzzi fottutino."

Lo colpii sulla spalla e lui salì ridendo sulla sua bici.

"Ciao fottutino!" Urlò in lontananza.

Rimasi a guardare la strada ormai deserta per qualche secondo, quasi incantato; aggrottai la fronte e strinsi i pugni. Pensavo, non ricordo a cosa, ma pensavo. Fermarsi a pensare era doloroso; quando ero insieme a Scott era diverso, i pensieri erano leggeri, e per questo stavo sempre con lui quando possibile, oltre al fatto che era l'unica persona con la quale potessi sfogarmi senza pensare alle conseguenze, cosa che non accadeva neanche con Emily. Evadevo da quella orrenda realtà che era la mia vita. Ma quando arrivava l'inevitabile momento di fare i conti con me stesso, tutte quelle false speranze che mi ero creato mi crollavano addosso, quei momenti di piccola felicità svanivano senza lasciare traccia. Tornava il buio. Tornavano i mostri.

Freak- Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora