Il respiro di Frank,affannoso, si condensava nell'aria sottoforma di nuvolette mentre correva per le strade di periferia.
Correva. Inseguito da loro. Persone, quelle persone che lo seguivano sempre, quelle persone che l'odiavano.
Lui stesso si odiava, si odiava per essere sempre troppo debole, per non riuscire mai a reagire, per i lividi sul suo viso e per i tagli sulle sue braccia che si accumulavano. Si odiava per essere lui, Frank Iero, il diciassettenne debole e spaventato e odiato da tutta la fottuta scuola.
Nel frattempo i loro passi si avvicinavano, erano troppo veloci. Cercava di correre, di guadagnare tempo, di prepararsi psicologicamente, di sperare di non morire, di convincersi che non avrebbe fatto troppo male.
Si mentiva spesso spudoratamente, ecco un altro dei suoi difetti. Faceva sempre male.
Loro facevano male. Lui si faceva male. Era un circolo infinito, lo sapeva. Era sempre stato cosi e sempre lo sarebbe stato.
Mancava poco.
Pochi metri.
Pochi secondi.
Quando.... Il miracolo!
Una porta aperta, nel vicolo maleodorante e sporco in cui si era cacciato. La imboccò senza pensarci troppo e continuò a correre dopo essersela sbattuta alle spalle. Non sapeva dov'era, non gli importava nulla, vedeva solo corridoi bui e porte tutte uguali, sentiva solo le voci lontane, le loro voci.
-Cazzo...l'abbiamo perso-
-Vabbe'...la prossima volta lo pestiamo per bene-
-Checca del cazzo-
-Ma quella porta....-
Nel panico totale, Frank si infilò nella prima porta che gli capitò a tiro, richiudendosela alle spalle con un tonfo.
Gli sfuggì un sospiro di sollievo, quando si accasciò tremante contro la porta.
-Hey ragazzino! Da chi scappavi?-
Gli occhi di Frank scattarono, per poi agganciarsi ad un paio di gemme, di un verde magnetico.
Gli occhi dell'uomo dietro le sbarre.