Penso che il fattore determinante per la quale si ha la certezza di essere cresciuto, si ha quando d'un tratto capisci che oggetti, collane, bracciali, videogiochi e soldi non sono le cose fondamentali della vita. Capisci che puoi vivere benissimo anche senza in quanto nulla è insostituibile. Capisci di essere diventato più grande quando tutto ciò che si può comprare perde un valore, diventa una cosa futile e priva di significato. Diventi grande quando capisci che, nella vita, la cosa più importante sono i sentimenti, ciò che c'è di impalpabile, eppure esplode più forte di un uragano. Quando capisci che la base fondamentale della vita sono le persone.
Non un gioiello, non una casa... Le persone.
Possono ferirti, possono portarti via un pezzo di te stesso, e poi ci sono quelle persone che diventano un pezzo di te. Senza dare spiegazioni, senza chiedere consenso. Decidono inconsapevolmente di diventare parte della tua anima e tu non puoi fare nulla per impedirlo. Questo è amore. Fare di tutto per essere parte l'uno dell'altro. Senza via di scampo. E così è stato con me, quando successe con la piccola, adorabile Sara.
Piccola, si fa per dire, visto che è quattro anni più grande di me. Però rimane comunque una creatura da proteggere, da amare nella sua fragilità. Cosa complicata quando sai di essere fragile almeno quanto l'interessato, ma quand'è così fai di tutto per diventare di piombo, di quel materiale indistruttibile che ti permetterà di farle da scudo per poterla proteggere da qualsiasi mossa falsa, da qualsiasi pugnalata facendo invece modo che tutte quelle sofferenze finiscano su di te. E questo ti rende felice dopo tutto, di rende quasi speciale ai tuoi stessi occhi, solo che non sempre le cose vanno per il verso giusto e si finisce con l'arrecare dolore, con l'avere quasi un effetto nullo, come se quello più fragile continui ad essere tu ed il resto era tutta un'illusione. Una dolce illusione nel credere di poter davvero fare qualcosa, nel pensare di poter essere ancora invulnerabili, nel pensare di poter amare incondizionatamente senza fermarsi mai. Eppure non tutto è perso, non finché quella persona farà di tutto per continuare ad esserci. È questa la mia forza. Si chiama Sara. La mia piccola, dolce Sara.
Forte come un uragano, fragile come il vetro più fine, amabile come null'altro al mondo. Non puoi fare altro di amarla, di adorarla nella sua acida dolcezza. È un mix assurdo che non stanca mai, e di questo sono proprio sicura.
Una persona impossibile da togliere dal cuore. Non te ne sbarazzi più, e questo mi rincuora.Non era ancora suonata la prima ora a scuola, che già mi aveva dato qualcosa da riflettere in quella tiepida mattinata d'aprile. Mi strinsi nella mia giacca di pelle. Maledizione al momento in cui avevo scelto di rinnegare i giubbotti super imbottiti che mi proponeva mia madre. Eppure non ne ero davvero pentita. La lezione passava lenta, senza intoppi. Mi rincuorava ancora sapere che mi bastava fare capolino dalla porta per avere la sua classe proprio d'avanti agli occhi. La porta socchiusa era tremendamente invitante, mi chiamava a varcarla, a cercare un pó di divertimento nel corridoio. Neanche il tempo di pensarci che vidi i suoi occhi verdi sporgersi da quella piccola apertura, subito dopo un bel terzo dito sbucare un pó più sotto, accompagnato da una linguaccia. Risi piano ignorando completamente le spiegazioni del professore, vogliosa di rispondere a tono. Scomparve in un minuto, esattamente com'era apparsa.
Dalla prima volta in cui l'avevo vista ne ero stata invidiosa. Quasi non fossi all'altezza, nè della sua compagnia, nè tanto meno della sua amicizia. La vedevo crogiolarsi inconsapevolmente nella sua bellezza. Affogava in ella mentre la credeva inesistente. Non sapeva di essere bella eppure lo era, e come se lo era. E di giorno in giorno lo diventava sempre di più. Perfino ora la sua bellezza oltrepassa i limiti. I suoi lunghi e ondulati capelli castani, il ciuffo sempre attaccato ad una forcina, incorniciavano quel viso pallido e perfetto. Dentro, due occhi meravigliosi all'esterno tendevano al verde spensierato della quale lei stessa era fatta dentro. Verso l'interno, vicino all'iride il colore sfumava sul nocciola che rendeva quegli occhi dolci come lei stessa era.
Delle labbra perfette completavano il tutto, per non parlare del fisico snello che io stessa avevo sempre desiderato. E lei non se ne accorgeva. Prima di conoscerlo, vedendo tanta bellezza, avevo creduto ne fosse a conoscenza, solo dopo capii, e non fu facile farmene una ragione. Non ci credeva, non ci avrebbe mai creduto. Eppure le dicevo la verità.
Il professore mi distolse dai miei pensieri con una domanda alla quale inaspettatamente riuscii a rispondere. Capitava raramente di trovarmi distratta ad una lezione, ma dopo tutto anche io sono un'essere umano.
Arrivò la ricreazione. Carica di aspettative, non vedevo l'ora di uscire in cortile. Mi avviai prima verso il bar. Stavo per svoltare l'angolo quando una fortissima pacca sul sedere mi fece girare di scatto. La spensierata testa blu che si muoveva veloce nel corridoio mo fece capire tutto: Cristina, non poteva essere nessun altro. Solo lei lo faceva. La piccola ragazza dai capelli blu aveva colpito un'altra volta ed io con la risata che nasceva sulle labbra mi ritrovai a sussurrare: "Non è ancora finita".
Uscii in cortile con il panino tra le mani, intenta a farmi dare qualche dritta in più su ciò che mi stava nascondendo. Lo sentivo dentro, come un fremito. C'era qualcosa di importante che ancora non si era decisa a dirmi, ma ormai doveva sapere che la mia testardaggine trova confini inesplorati.