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Al mio risveglio, il sole doveva ancora sorgere. Le prime luci dell'alba avevano appena iniziato a pervadere la mia camera da letto e l'aria fresca a farmi venire qualche brivido. Mi alzai dal letto un po' barcollante e andai a guardarmi allo specchio: la guancia dove mio padre mi aveva colpito era meno gonfia rispetto a ieri sera, meglio così. Andai a prendere uno scialle di lana per uscire fuori al balconcino in pietra, volevo aspettare che sorgesse il sole per pregarlo di far vincere il mio amato Nikolay. Aspettai finché non sentii i caldi raggi autunnali riscaldarmi il viso, la giornata era ufficialmente iniziata.

Uscii dalle mie stanze e percorsi i vari corridoi per andare nella camera dove, da diversi anni, alloggiava il conte Nikolay Debeljanov di Bulgaria. Sentivo che gli dovevo delle scuse e dovevo confessargli quello che provavo per lui, così non esitai un solo istante ad entrare dentro la sua stanza da letto. Non mi lasciai nemmeno spaventare dalla guardia posta fuori alla sua porta, perché avevo portato con me un sacchetto di monete d'oro per corrompere qualsiasi servitore mi avesse vista aggirarmi in quell'ala del castello.

«Principessa Amithy, vi è proibito entrare nelle stanze del conte Debeljanov» mi disse la guardia posta davanti la sua porta. Accennai un sorriso malizioso e gli mostrai il sacchettino in velluto rosso chiuso con un nastro color argento. «Ma io non sono qui, messere. Mi serve un'ora soltanto per dire addio al mio vecchio amico.» Agitai il sacchettino contenente quindici monete d'oro e glielo porsi. La guardia assentì con il capo e prese il sacchetto, andando verso l'inizio del corridoio per assicurarsi che nessuno avesse visto nulla.

Un poco incerta, aprii la porta ed entrai nella stanza da letto. Mi guardai un po' intorno per assicurarmi che non vi fossero altre guardie e potei tirare finalmente quel dannato sospiro di sollievo quando, accovacciato tra le coperte, vidi Nikolay che dormiva beatamente come un bambino. Mi avvicinai di soppiatto al suo letto e mi sedetti proprio accanto a lui, come facevo quando eravamo bambini. Rammentavo ancora di quando mi intrufolavo nella sua camera, attraverso i passaggi segreti che collegavano la parte antica del castello a quella nuova. Sgattaiolavo via dal mio precettore e mi andavo a nascondere nelle sue stanze e giocavamo fino a quando qualcuno non mi mandava a chiamare.

Gli accarezzai dolcemente il viso, sfiorandogli i riccioluti capelli biondi e quell'accenno di barba che non aveva ancora mai tagliato. Mi avvicinai con la testa per dargli un bacio casto sulle labbra, sperando di svegliarlo. Un accenno di sorriso comparve sul suo viso, anche se cercava in tutti i modi a fingere che stava ancora dormendo. «Finalmente vi siete svegliato» esordii.

«E chi vi assicura che non lo fossi già da un po'?» Sentendo quella domanda, diventai immediatamente rossa, coprendomi il viso con le mani. «Da quanto eravate sveglio?»

«Più o meno da quando avete assoldato la guardia per lasciarvi entrare nelle mie stanze.»

Imbarazzata, gli schiaffeggiai il braccio. «Mi stavate spiando!» Nikolay scoppiò a ridere di gusto, divertito dalla mia reazione. «E ora ridete di me, grandioso.» Si mise seduto e venne ancora più vicino di quello che già era. «Perdonatemi, mia principessa. Non era mia intenzione mancarvi di rispetto.» Appena terminò la frase, mi strinse fra le sue braccia e mi baciò appassionatamente, facendomi finire con la schiena contro i tanti cuscini che popolavano il letto.

Mi tolsi lo scialle, mentre continuavo a baciarlo con fervida passione. «Avvertitemi quando volete che mi fermi.»

«Mai» mi affrettai a rispondergli, con il fiato smorzato. Era da tanto tempo che aspettavo che accadesse questo, e francamente non mi importava di nulla. In quel momento c'eravamo solamente io e lui. Il mondo fuori da quella stanza non esisteva più.

Lo amavo così tanto che per lui sarei stata disposta a perdere anche il mio diritto di successione dopo i miei fratelli. Lo desideravo così intensamente da convincermi di essere una folle. In quel momento la felicità era in ogni cosa, nel sole, nella natura fuori le mura del castello, nelle braccia di Nikolay che mi stringevano a lui. Tutto era magnifico e perfetto, da farmi credere che le preoccupazioni potessero svanire per sempre. Ci lasciammo scivolare tra le fresche lenzuola di quella mattina di ottobre, amandoci per la prima volta da una lunga separazione che fummo costretti a mettere tra noi.

«Promettimi che tornerai da me» gli dissi, mentre lo baciavo.

«Sì, te lo giuro. Tornerò da te e danzeremo fino all'alba senza smettere mai.» Quelle parole mi rassicurarono per tutta il tempo che fummo l'uno tra le braccia dell'altra, scacciando via i problemi che ci attendevano fuori da quella porta.

Quando ritornai nelle mie stanze, ad attendermi c'era la mia dama di compagnia con pronto un vestito per il grande evento di mezzogiorno. Ero ancora indecisa se parteciparvi o meno, perché avevo paura di vedere con i miei occhi uno dei due trafiggere l'altro. Ma, d'altro canto, non riuscivo a sopportare anche solo il pensiero di rimanere nella mia stanza ad aspettare la fine della sfida, pregando Dio di far vincere il mio amato.

Indossai un vestito rosso con lo stemma della famiglia reale ricamato sul decolté. «Siete un incanto» mi disse la mia dama di compagnia, appena mi voltai per sapere il suo parere. Mi raccolse i capelli in un treccia alta dove vi posizionò poi il diadema – un tempo appartenuto a mia madre, la regina Eleonora Orsini. Venne mezzogiorno in un battito d'ali, che quasi non mi resi conto del tempo trascorso. Mio padre mi mandò a chiamare per avvertirmi che era gradita la mia presenza, ergo fui costretta a scendere per presenziare al torneo.

Una carrozza venne a prendermi per portarmi nel luogo in cui si sarebbe deciso il mio futuro sposo, e per tutto il tragitto non feci che girarmi i pollici, tentando, invano, di sfuggire all'ansia. In momenti dove la mia preoccupazione riesce a raggiungere anche gli astri, sembra che sia la mia confidente.

«Altezza, va tutto bene?» mi chiese una delle mie dame che sedeva in carrozza con me. Alzai lo sguardo per guardarla negli occhi e la persuasi con un sorriso. «Sì, va tutto bene.» Speravo di essere stata il più convincente possibile, perché non volevo che le mie preoccupazioni venissero smascherate.

Quando la carrozza si fermò proprio davanti ad una lunga staccionata in legno, venne il cocchiere ad aprirmi la portiera per farmi scendere, porgendomi molto gentilmente la sua mano. Mentre percorrevo il tratto che mi separava dal palco dove risiedeva il resto della mia famiglia, vi erano posti ad ambo i lati i nobili che quotidianamente visitavano la corte. Mi andai a sedere accanto ai miei fratelli, non prima di inchinarmi dinnanzi al re, porgendogli i miei rispetti. Qualche istante dopo, entrarono i due cavalieri – venendo annunciati come: «Javier Borbone, principe di Navarra. Nikolay Debeljanov, conte di Bulgaria.» I due cavalieri fecero il loro ingresso, ricevendo un applauso d'incoraggiamento dalla folla lì presente. Mio padre si alzò in piedi e fece le sue premesse che enuncia prima dell'inizio dei tornei, terminando il discorso con un: «... e che vinca il migliore.» Seguito di nuovo da un applauso generale.

Il tempo di dare il via che i cavalieri posizionarono le lance e, stringendo le redini, diedero il comando ai cavalli di partire al galoppo. Sembrava che la lancia di Nikolay stesse per trafiggere il braccio del principe Javier, invece lo mancò. Così al primo giro non successe nulla. Intanto stringevo la stoffa della mia gonna, ed ogni secondo che passava, era tutto più difficile. L'aria era soffocante, come se improvvisamente non riuscissi più a respirare, la mia l'impressione fu quella di aver dimenticato come si faceva.

Mio fratello James notò questo mio atteggiamento e mi porse la sua mano, mostrandomi un sorriso confortevole. «Puoi stringere questa se ti va, altrimenti rischi di rovinare questo bel vestito.»

Spostai lo sguardo dai cavalieri a lui, non curandomi del fatto che i miei occhi erano riempiti di lacrime e quando mi vide il volto, la sua prima reazione fu quella di porgermi un fazzoletto che tirò fuori dalla manica.

«Andrà tutto bene, vedrai. Non essere timorosa di quello che potrebbe succedere» mi sussurrò all'orecchio.

Mi asciugai in fretta le lacrime, provando a rilassarmi e non pensando al peggio. Funzionò per un brevissimo istante, perché la lama del principe di Navarra trovò contatto con l'armatura di Nikolay. In quel momento il mio mondo si tinse completamente di rosso.






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