~Abram Demir

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Sono nel panico più totale, questa mattina mi sono alzata molto presto, mi sono fatta una bella doccia rigenerante e sistemato i miei capelli ondulati, la cosa che amo di me a parte i miei occhi verdi sono i miei capelli che posso sistemare facilmente, mi sono truccata leggermente con un po' di eye-liner e adesso sto cercando di decidere cosa indossare. Insomma è il mio primo giorno di "lavoro", devo essere sexy ma non provocante, semplice ma non troppo ed è davvero difficile decidere. Faccio qualche abbinamento nella mia testa e alla fine scelgo: una canottiera bianca, gonna a vita alta azzurra e zeppe floreali.
"Wow! Lo ucciderai quel povero ragazzo!" Esclama mia madre vendomi uscire dopo un'ora dalla camera.
"Voglio essere perfetta, è un'occasione unica per me"
"Lo so figliuola, lo so" mi bacia sulla fronte e scompare in cucina, la seguo e la aiuto a lavare i piatti, oggi la mia chef mi ha fatto gustare dopo tanto tempo la sua pasta al pomodoro e basilico, diciamo che è il suo piatto preferito, semplice da preparare e buono.
Dopo circa cinque minuti mi rendo conto che ne mancano solo quindici alle tre del pomeriggio e mi sale l'ansia, sono particolarmente agitata, insomma questo è il lavoro che ho sempre desiderato di fare sin da piccola, non è una cosa da sottovalutare.
"Piccolo mio adesso vado, mi raccomando fai il bravo con la nonna" abbraccio Alex che è seduto per terra sull'enorme tappeto rosso al centro del soggiorno con i suoi soliti giochini.
"Sì mamma" mi canzona.
Prendo il cardigan grigio che avevo preparato sul divano e lo infilo nella mia borsa azzurra abbinata alla gonna. Sono pronta ad affrontare Abram il fotografo e spero che non sia troppo antipatico.
Esco di casa vittoriosa e dopo pochi passi sono già in strada, al centro di Ortigia.
Giorgio mi ha detto che Abram mi avrebbe aspettata nella piazza sul mare alle tre in punto, per fortuna non è molto distante e arrivo subito.
Mancano due minuti all'orario accordato e continuo a guardarmi intorno e ad immaginarmi come potesse essere questo ragazzo, sarà alto? Biondo? Moro? Bello? Mi siedo sulla panchina davanti alla ringhiera dove posso ammirare il bellissimo mar Mediterraneo che bagna questo paesino, è straordinario come una distesa di acqua possa infondere in me tanta tranquillità.
"Ciao, tu devi essere Amanda" una voce maschile mi fa voltare e mi trovo davanti ad un uomo alto dagli occhi dello stesso colore del mare che pochi istanti fa ammiravo, i suoi capelli neri sono mossi e cadono sulla sua fronte dolcemente, ai lati sono rasati e danno quell'aria da ragazzaccio.
"Ciao, si sono io... e tu dovresti essere Abram" sorrido al bellissimo ragazzo con la pelle ambrata che ho di fronte, non faccio a meno di notare i suoi muscoli sottolineati da una maglietta a maniche corte nera, e le sue labbra carnose pronunciare "Eh già".
"Sono Abram Demir, piacere" mi porge la sua mano e io la stringo "Io sono Amanda De Luca, piacere mio".
"Tuo fratello mi ha parlato molto di te, così vuoi fare la fotografa?" Mi distraggo dai suoi occhi al suono delle sue parole, potrei perdermici dentro.
"Sì, è da quando ero piccola che desidero diventare una fotografa!" Gli annuncio mentre mi alzo e sistemo la mia gonna.
"Allora avremo molto su cui lavorare, per prima cosa ti va di prendere un caffè? Ho appena finito di mangiare e ne ho dannatamente bisogno, così potrai anche raccontarmi un po' di te"
"Certo, andiamo"

A pochi metri da dove siamo c'è un piccolo bar dove ci avviamo imbarazzati, non mi aspettavo di trovare un ragazzo così carino.
"Quanti anni hai Amanda?" Mi chiede passandosi una mano nei capelli.
"Venticinque"
"Ma dai? Non li dimostri per niente" mi aveva già presa per una ragazzina.
"E tu? Quanti ne hai?"
"Ventisette, non ci differiamo molto" risponde mentre spinge la porta del bar.
È un locale molto semplice proprio come la nostra isola, parquet in legno e mura gialle, nulla di lussuoso come a Milano, nulla di troppo esagerato.
"Giorgio mi ha detto che non sei italiano, eppure non si direbbe" mi siedo in una sedia accanto ad un piccolo tavolino in legno più scuro.
"Già, sono nato in Turchia, mio padre era turco, mia madre italiana" si sistema in una sedia accanto a me e appoggia i gomiti sul tavolo, prendendo tra le mani il suo viso, i suoi occhi mare mi fissano in attesa di una mia risposta.
"Come mai avete deciso di venire in Italia?" Gli dico distogliendo lo sguardo.
"Mio padre per via della crisi in Turchia si trasferì quì dove si innamorò di mia madre, poi sono nato io e lei è morta dopo pochi anni a causa di una grave malattia, adesso mio padre è in Turchia ma tornerà a giorni"
Lo guardo scioccata quasi con la bocca aperta ascoltando la sua storia, lui lascia una mano sul tavolo e io gli appoggio la mia "Mi dispiace, non volevo toccare un argomento delicato"
Abram squadra le nostre mani, poi mi guarda dritto nei miei iridi verdi e ritira la sua mano lasciando la mia al tatto del legno freddo del tavolino.
"Non preoccuparti"
Resto un po' male del suo gesto, magari è un tipo a cui non piace essere toccato, o magari è fidanzato? In realtà non so nemmeno io perchè mi è venuto in testa di appoggiare la mia mano sopra la sua, volevo solo "confortarlo".
Il cameriere ci porta i nostri caffè ma dopo averli bevuti un silenzio di tomba cade su di noi. Cosa diavolo ho di sbagliato? Ho rovinato tutto, non mi darà mai un lavoro.
Usciamo dal bar dopo aver pagato, lui ha insistito per pagare anche il mio caffè anche se sembrava una cosa forzata.
"Bene per adesso è tutto, lasciami il tuo numero così potrò contattarti" è tutto? Ma è tutto cosa? Ha detto quattro parole e già per lui è tutto?
"S-sì, ecco te lo scrivo" strappo un pezzo di carta dall'agenda che porto sempre in borsa e scrivo il mio numero.
"Va bene, allora a risentirci Amanda" mi porge la mano "è stato un piacere"
"Anche per me Abram" gliela stringo e dopo qualche secondo se ne va lasciandomi come una cretina al centro della strada, la sua figura perfetta la vedo sempre più lontana fino a scomparire.
Non capisco cosa abbia fatto o detto di sbagliato, so solo che mi sono giocata il lavoro dei miei sogni senza sapere come. Complimenti Amanda.
A questo punto non mi resta che tornare a casa, percorro la strada che si affaccia sul mare, le rondini si inseguono nel cielo e vederle volare mi fa venire un senso di libertà, in effetti sono stata una rondine libera ma che adesso è tornata al suo nido, devo assolutamente venire a forografare questo panorama, con o senza Abram.
"Mamma! Sono a casa!" Urlo appena entro, Isa corre da me e mi chiede come sia andata.
"Penso bene" per niente bene.
"Oh! Sono così contenta per te! E lui com'è?"
"Sembra un bravo ragazzo" un bellissimo stronzo e arrogante o gay.
"Era carino?"
"Sì, simpatico, nulla di speciale" esatto, nulla di speciale.
"Bene, sono felice e per festeggiare stasera ti cucinerò qualcosa di buono" ed ecco che Isabella si armerà per fare le sue famose polpette.
"Riccardo! Dove sei?" Urlo ma mia madre mi ferma.
"È uscito con altri bambini, è venuto tuo cugino Luca con i suoi figli e Alex ha insisito per andare con loro" persino mio figlio ha più amici di me ormai.
Perfetto, non mi resta che telefonafe Samantha e raccontargli le mie ultime novità da ragazza zitella con un figlio che ha perso la sua più grande opportunità.
"Cosa? Ma è gay?!" Esclama Samantha facendomi allontanare dal telefono.
"Lo avevo pensato anch'io"
"Lo è per forza, cavolo! Tu sei una sexy mamma da paura, quindi la conclusione è che è gay!"
"Sinceramente non mi riguarda, spero solo che almeno mi aiuti per il lavoro" le confesso facendo avanti e indietro nella mia camera,  brutto vizio preso da mio padre.
"Lo spero per te"
"Mi sento così sola..."
"Tranquilla, fra qualche settimana vengo a trovarti, adessi vado, ciao Amanda"
"Ciao Samy" stacco la chiamata e mi butto sul mio letto sprofondando la faccia nel cuscino, perchè è sempre tutto complicato? Non faccio altro che ricevere delusioni.

Sono le otti di sera e di Abram nessuna notizia, ho avuto paura anche a chiamare a mio fratello per raccontargli cosa era successo oggi pomeriggio con il suo amico, magari sono io che sono pessimista, forse ho visto qualcosa che ho visto solo io. Ma a chi voglio prendere in giro? Non mi chiamerà punto.
"A tavola!" Mia madre strilla dalla cucina, Alex scende dal letto e corre a mangiare.
"Alex! Dopo mangiato si va in doccia!" Non oso immaginare quanto avrà sudato questo pomeriggio con i suoi nuovi compagnetti, sono felice che almeno lui si sia divertito e che nonostante abbiamo cambiato di nuovo città non l'abbia presa male. A Milano veniva spesso un suo compagno di scuola, la madre di quel bambino mi odiava infatti lo faceva rimanere un'oretta al massimo, quindi non potevano giocare a lungo.
Andando in cucina vengo pervasa dal profumo inebriante di cotolette, amo le cotolette così mi affretto a sedermi a tavola per poterle assaporare prima possibile.
"Grazie mamma"
"Ti avevo detto che ti avrei preparato qualcosa di buono per festeggiare" festeggiare la mia bravura a perdere lavori.
"Brava mamma!" Esclama mio figlio con già in mano una cotoletta.
Guardando Alex mi sento rimpicciolire, non posso perdere quell'occasione per una stupidaggine, quindi se entro domani mattina Abram non si farà vivo lo andrò a cercare io.
Dopo aver cenato mi affretto a prendere il mio cellulare dentro il cassetto, faccio di tutto per non farlo trovare ad Alex, odio le madri che permettono ai loro figli di giocare in continuazione con i loro smartphone, non lo trovo educativo, per me è solo un modo per aiutare le nuove generazioni ad autodistruggersi. Per mia sorpresa trovo un messaggio:
"Domani alle 10:00 nella piazza sul mare. Abram."
Il messaggio più freddo che abbia mai ricevuto da parte di un uomo ma lasciando stare questo sono felice! Mi ha cercata e questo vuol dire che non ho perso il lavoro!
In questo momento sono la donna più felice del mondo e improvviso un balletto soddisfatto.
Poi torno in cucina e abbraccio il mio piccolo Alex, lo stringo così forte che lo sento lamentare, io ce la posso fare, io ce la farò.

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