Alle dieci meno un quarto sono già seduta sulla panchina nella piazza sul mare, volevo arrivare in anticipo e godermi la vista per un po', questa volta voglio che vada tutto alla perfezione.
Ho indossato una mini gonna di jeans e una canottiera blu, stavolta le zeppe le ho lasciate a casa e ho messo le mie converse jeans.
Ho anche portato la mia fotocamera reflex e sto fotografando il mare in tutte le angolazioni possibili, mi alzo e mi appoggio sulla ringhiera in modo da inquadrare le rondini passeggere. Il suono del mio cellulare mi fa sconcentrare non facendomi scattare la foto che stavo progettando.
"Scusami Amanda, ma non posso proprio venire, Abram."
Mi sta prendendo per il culo? Mi sono alzata presto, ho fatto tutto di fretta e all'ultimo momento mi dice che non può venire? Vorrei scrivergli tanti insulti ma mi limito all'indifferenza, lancio il cellulare sulla panchina e ritorno alla mia reflex, che si fotta.
"Hai tanto autocontrollo" sento scattare una foto e mi volto verso la voce maschile, mi trovo accanto ad Abram e una fitta percorre il mio stomaco, forse per lo spavento.
"Prendi sempre per il culo?" Gli domando brusca.
"Mi piaceva vederti immersa a fotografare"
"È per questo che mi hai scattato una foto?"
"Sì, io fotografo solo cose belle" afferma togliendomi dalle mani la mia fotocamera.
"Una canon reflex del 2003, interessante"
"Cosa ha che non va?"
"Niente, niente" sorride e mi perdo negl'iridi più belli che abbia mai visto.
"Andiamo Amanda" mi ridà la fotocamera e va verso una moto nera, una Yamaha credo.
"Dovremmo andare con questa?" Gli chiedo nel modo più carino che posso.
"Sì, cos'ha che non va?" Mi porge un casco blu e si sistema sulla moto, alla fine obbedisco e mi siedo dietro lui dopo aver indossato il casco.
"Tieniti forte" mi dice
"Tu vai piano!" Lo supplicoAppena poso i piedi per terra ringrazio il cielo, ci troviamo nel posto più bello di Ortigia, in una piattaforma artificiale che si affaccia sul mare, sembra un enorme scoglio, perfetto per chi cerca un po' di tranquillità.
"Allora? Hai intenzione di restare lì?" Abram è già sulle scale per salire nella piattaforma, mi affretto a raggiungerlo e in un attimo ci troviamo davanti ad un panorama straordinario, potrei stare quì per giorni ad osservare l'orrizonte mischiarsi con il mare.
"Sediamoci quì" indica per terra e si sistema a gambe incrociate, estrae da una traccola nera una canon ultimo modello e non so cosa darei per farci anche una sola foto.
Mi siedo anch'io accanto a lui ma con le gambe stirate davanti a me, non vorrei mostrargli le mie mutande.
Quando mi volto verso Abram mi trovo l'obbiettivo della sua fotocamera puntata in faccia.
"Dai, smettila!" Gli dico scorbutica, amo fare foto ma non amo essere io il soggetto.
"Hai dei lineamenti perfetti, non vedo perchè non posso immortalarti" si giustifica facendo qualche scatto, e io mi nascondo dietro le mie mani.
"Va bene, va bene la smetto" e io finalmente mi rilasso.
"Fammi vedere adesso cosa sai fare" mi porge la mia fotocamera che tenevo sulle gambe e io non esito ad accenderla, cerco di scattare qualche foto al mare, al nostro paesino che si vede in lontananza e poi soddisfatta gliela mostro.
"Non male, ma si può fare di meglio"
"Allora mostrami Dio dell'arte"
In pochi istanti vedo questo splendido ragazzo fare milioni di scatti a raffica e a guardarlo così immerso nel suo lavoro lo fa sembrare davvero un Dio.
"Dimmi che te ne pare!" Mi mostra nel display della canon uno scatto davvero bello, che sembra quasi essere vivo.
"È facile fare una foto, ma saper fare una foto che abbia sentimenti, emozioni e anime invisibili non è da tutti" mi schiaccia un occhio e ritorna a sedersi.
"Sei davvero bravo" gli sorrido
"E tu... sei davvero bella"
Milioni di farfalle si impadroniscono del mio stomaco e penso che siano state in grado di farmi diventare rossa come un pomodoro, devo smetterla, ho un figlio e non m'importa di avere un altro uomo intorno e poi sono sicura che appena glielo dirò la smetterà di farmi delle avance.
"Sai, ho un figlio" gli annuncio compiaciuta
"Oh! Come si chiama?" I suoi occhi si illuminano lasciandomi sorpresa della sua reazione.
"Alex, ha sei anni"
"È fantastico, potresti portarlo con noi qualche volta" mi rendo conto che forse ci ho visto male io a credere che lui possa provarci con me.
"E suo padre?" Mi blocco qualche secondo prima di rispondere
"Suo padre... beh vedi io e lui ci siamo lasciati tempo fa, sono andata a Milano per lasciare indietro tutti i casini che si sono creati, adesso sono ritornata e..."
All'improvviso mi trovo avvolta dalle sue braccia muscolose coperte da una semplice t-shirt grigia, sento il suo calore unirsi al mio e lui sussurrarmi all'orecchio "Scusami", in un attimo mi sento fragile, fragile ma non sola, nel posto più bello dove possa essere, lascio affondare la mia testa nell'incavo del suo collo e vengo inondata da un profumo di cocco.
"Mi ha tradita, e poi mi ha presa..."
"Shh!" M'interrompe e con una mano accarezza i miei capelli, chi diavolo è? Nessuno è mai riuscito a spogliarmi di tutto il mio passato e farmelo esporre così facilmente.
Restiamo ancora un po' abbracciati fino a quando io non decido di staccarmi da lui, non so cosa stia facendo, ma tutto quello che sta accadendo è sbagliato e io devo tornare sui miei passi.
"Scusa, non so perchè l'abbia fatto" mi giustifico giocando con il laccio della sua tracolla.
"Tranquilla, potevi anche restare"
"Ieri però quando ti ho toccato la mano non mi sei sembrato contento, anzi eri come infastidito" gli sputo sfacciatamente, quando cerco di allontanarmi da qualcuno tendo a diventare stronza, piccolo difetto ereditato da mia madre.
"È che... è che non ci sono abituato" abbassa gli occhi imbarazzato e mi dispiace un po' avergli rinfacciato quello che era successo.
"Ti va di pranzare insieme?" Dice e mi accorgo che è davvero tardi, sono quasi le dodici, non mi sono nemmeno accorta di come il tempo sia trascorso così veloce.
Non posso pranzare con lui, ho un figlio a casa che mi aspetta e non ho bisogno di perdere tempo, ho bisogno invece di un lavoro.
"Mi dispiace ma non posso..."
"Ah già... hai un figlio, scusami un'altra volta" mi sfodera un sorriso che farebbe svenire chiunque e io mi affretto ad alzarmi da terra per evitare di perdermi di nuovo nei suoi occhi.
"Sai domani ho un matrimonio, che ne dici di venire con me ad aiutarmi a fare qualche foto? Penso che te la caverai" fa mentre si alza anche lui e si pulisce i jeans.
"Mi hai dato la notizia più bella che potessi darmi!" Esclamo e finalmente gli sorrido anch'io.
"Bene, allora preparati per le nove, passo a prenderti io"
"Non sai nemmeno dove abito" gli rispondo ridendo.
"Me lo mostrerai ora, visto che ti sto accompagnando a casa" mi porge la sua mano e io l'afferro senza pormi problemi, camminiamo così mano nella mano fino alla sua moto nera e quando si lasciano per salirvi su è come barcollare nel vuoto.
Non ho mai lontanamente pensato di poter star bene con un altro uomo che non sia mio figlio, ho sempre messo a primo posto il nostro piccolo cerchio e avrei fatto di tutto pur di non spezzarlo, eppure con Abram mi è così difficile opporre resistenza, è come se il mio cuore abbia ricominciato a battere nello stesso istante in cui lui incrociò il mio sguardo in quella piazza sul mare.
Per quanto sia difficile però non posso perdere, non posso perdermi, devo restare in equilibrio.Sono sdraiata nel mio letto con il mio unico vero amore, stropiccia i suoi occhi azzurri mentre diventano lucidi per uno sbadiglio, nonostante stia muorendo dal sonno resta sveglio per guardare il suo cartone preferito "Due Fanta Genitori", dovrò rimediare togliendo la televisione dalla camera, anche perchè a settembre dovrà cominciare ad andare a scuola.
"Sorella!" Giorgio come al suo solito fa eruzione in stanza senza neanche bussare.
"Fratello!"
"Allora, com'è andata con Abram?" Si siede sul letto facendo abbassare il materesso accanto a me.
"Direi tutto bene, domani abbiamo un matrimonio"
"Trattamelo bene, ha già vissuto abbastanza quel povero ragazzo" mi dice accarezzandomi una guancia
"Giorgio, non ho nessuna intenzione con lui, se non quella di lavorare" gli chiarisco togliendogli la mano dal mio viso per sembrare più seria.
"Se lo dici tu, adesso vieni in cucina che c'è Annalisa" si alza e mentre sta per uscire dalla camera gli urlo "Chi? La vipera?" E lui mi mostra il dito medio.
"C'è sempre un bambino ti ricordo!" Grido anche se so che non gliene importa nulla, Alex sta ridendo e fa notare le sue fossette nelle guance, quant'è bello quando è felice.
"Andiamo a salutare dai" gli scocco un bacio sulla bocca e mi segue in cucina dove trovo la vipera con una camicetta sbottonata per far intravedere il suo seno, dei jeans attillatissimi che solo a guardarglieli addosso riesco a perdere il respiro al suo posto.
"Ciao Amanda" mi fa un sorriso enorme e io ricambio salutandola.
"Ho saputo che ti stai vedendo con Abram" fa ujo sguardo malizioso e accavalla le gambe
"Non ci stiamo vedendo, devo lavorare con lui" le rispondo acida
"Beh, peccato... quell'uomo sa come farti star bene" sputa e si alza dalla sedia per andare verso il salotto da Giorgio.
Che grandissima puttana, se non fosse che è la ragazza di Abram le avrei già tirato via quei capelli.
"VIPERA! VIPERA!" Alex grida a squarciagola e la sento lamentare, "Shhh!" Gli dico per farlo zittire e dopo qualche altro insulto la smette.
Amo mio figlio.
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Capture Life
Художественная прозаAmanda è tornata da Milano con il suo bambino Alex, la vita da donna di città gli stava ormai stretta dopo due lunghi anni, purtroppo fu costretta tempo fa a partire per lasciarsi alle spalle il suo brutto passato pieno di dolore con il suo ex fidan...