"La paura rende le cose peggiori di quel che sembrano." Tito Livio
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Jenny era in panne, ferma, immobile. Voleva muoversi, doveva muoversi ma nulla, non ce la faceva. L'ostacolo era troppo grande per lei, non ce l'avrebbe fatta. Era la maledizione dell'ansia che la attanagliava sempre nei momenti meno opportuni. Il suo amico Felix aveva provato in tutti i modi ad aiutarla ma non puoi liberare dalle sabbie mobili chi non vuole essere salvato. Jenny era ed è una ragazza testarda in ogni caso, anche nei peggiori, e ciò molto spesso si rivelava la sua rovina.
Provò nuovamente a fare un passo ma nulla, le gambe erano tese, quasi bloccate e non volevano saperne di avanzare nonostante fosse l'unica azione possibile. La paura era per lei una chimera micidiale di cui non riusciva a liberarsi, però, per il suo benessere, doveva farlo. Più facile a dirsi che a farsi!
Si fece forza e ordinò ai suoi arti inferiori di spostarsi. La determinazione doveva essere più forte di ogni timore perché l'azione si compisse. Jenny quindi, memore dei consigli del suo Felix, tentò di svincolarsi dalla paura e, con tutto la buona volontà, procedette finalmente in avanti. Un solo passo compiuto ma pur sempre un grande passo per lei, testarda e cocciuta. Gli ostacoli però non erano terminati per la cara Kravenn, la strada era ancora lunga e tortuosa. Diciassette lunghi scogli da aggirare per arrivare alla sua destinazione; diciassette grandi mostri da combattere e sconfiggere.
"Forza Jen, ce la fai! Sei forte, sei forte.. sei forte, devi farcela" così si auto convinceva, così mentalmente s'incoraggiava osando trasformare la sua rovina in un punto di forza.
Si guardò intorno, controllò ancora una volta il percorso da compiere e la realtà era sempre la stessa. Il cammino sembrava mai diminuire, mai terminare e questo, Jenny sapeva, era solo il frutto della sua paura. Il non riuscire a muoversi era l'unico motivo limitante la sua camminata e necessitava privarsene.
A complicare le cose alla povera Jenny c'era anche il buio che opprimeva con le sue fauci tutto il suo circondario, ma non era quello a spaventarla. Il buio l'era sempre piaciuto, era l'altezza a limitarla. Il suo più grande timore le procurava vertigini e un persistente tremore che la costringeva a un muto immobilismo. Chissà se stavolta però fosse andata diversamente; al momento non sembrerebbe ma non era ancora detta l'ultima parola, perché si sta parlando sempre e comunque di Jenny Kravenn. Se si metteva in testa un obiettivo, a qualunque costo l'avrebbe raggiunto.
Avrebbe potuto accendere la luce, del resto l'interruttore era proprio lì, vicino a lei, ma non era una scelta attuabile. La corrente elettrica in casa era saltata a causa del violento temporale in corso fuori, perciò il buio doveva far da padrone in quella casa, ancora per un po'. Infatti, proprio per riattivare il contatore si era avventurata in quell'impresa facile per chiunque ma non per lei. Non era riuscita a trovare neanche una torcia, come se anche la casa stessa avesse contribuito a incrementarle l'ansia e la tensione. Era tutto un complotto contro di lei. Quando più qualcosa non la sopporti, più te la ritrovi davanti, è un dato di fatto. Da sola in casa, si era ritrovata perciò a fare i conti con il suo incubo peggiore.
Non sarebbero stati però diciassette gradini a impedirle di scendere in cantina; non sarebbe stata la ripidezza della lunga scala a fermarla. Non poteva rimanere lì, impalata, solo perché l'altezza era il suo tallone d'Achille. No, ce l'avrebbe fatta. Nulla è mai insormontabile se ci credi davvero e Jenny, dal canto suo, ci credeva. Ci credeva perché lo doveva a se stessa, al suo amico Felix e alla famiglia. Non poteva permettersi di farsi sconfiggere da una stupida fobia.
Tutto taceva eccetto il suo respiro. Finalmente sembrava decisa a muoversi e scendendo i gradini che scricchiolavano sotto i suoi lunghi passi, accentuando così l'immensità del silenzio. Il corrimano inoltre sembrava essersi dissolto nel nulla, quasi che l'unico appiglio cui potesse aggrapparsi neanche esso avesse voluto collaborare. Ma non c'era nulla di cui davvero preoccuparsi perciò imperterrita continuò la sua discesa verso la cantina.
Era quasi alla fine, mancava poco quando uno strano movimento la bloccò nuovamente sul posto. Che cosa poteva mai essere se, oltre se stessa, non c'era nessuno? Mille dubbi e timori ripresero a formarsi nella sua mente finché un suono a lei familiare svelò l'arcano: il miagolio di un gatto. Trix, il suo gattino, probabilmente spaventato dal temporale, si era rifugiato lì sotto fregandosene, al contrario della sua padrona, del buio e dell'altezza. Jenny perciò, rianimata e rincuorata dalla piacevole scoperta, si liberò degli ultimi timori e scese così l'ultimo gradino. Non era poi così terribile alla fine, no?
Spazio autore
È stato il testo di cui vado meno fiera che abbia mai scritto. Non credo faccia morire di paura ed essendo il primo in assoluto del genere, non so, se abbia raggiunto lo scopo. Mi sono soffermata sullo sconfiggere una paura e su quello che comporta nello spirito e nel corpo di una persona essa stessa: è così subdola di impedirti anche le più piccole cose e tutto ti sembra insormontabile. Livio ha ragione da vendere...
È stato un incubo ma alla fine credo di averlo superato. Qualunque cosa accadrà sono felice di aver pubblicato perché avevo pensato di non farlo, ma arrendersi sarebbe stato darla vinta alla paura e non dovevo. È stato una catartico scriverlo. Spero vi sia piaciuto. Alla prossima, classifica permettendo. :)
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ContesTime danielina94
Short StoryRaccolta di One Shot per il concorso di Krixy e LunaBat!